ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAntonio Percassi

«Dal modello Atalanta a Westfield, ora focus su Milano olimpica»

Il presidente del club rivelazione della Serie A: «Lo stadio di proprietà è una scelta obbligata per chi vuole crescere»

di Simone Filippetti

(ANSA)

4' di lettura

MANCHESTER. Lungo la Alan Turing Way, strada di periferia di Manchester intitolata al geniale matematico omosessuale inglese, la sera del 22 ottobre un cartello elettronico avvisava che il match di Champions League era ManCity contro Atalanta. Il nome del club italiano non era mai comparso prima su quel cartellone: l’Etihad Stadium, gioiello architettonico, è il tempio del calcio mondiale. E per una notte l’Atalanta è entrata nell’Olimpo, tra le divinità globali del pallone.

Mai, nella sua storia, la squadra di Bergamo è arrivata così in alto. Fuori dallo stadio è una sorta di fiera di strada. Tra giochi, bambini, spettacoli e baracchini che friggono fish&chips. Un musicista intona le prime note di Wonderwall degli Oasis, in omaggio ai fratelli Gallagher, i due tifosi più celebri del City. Colpisce l’ordine e la pulizia: gli hooligans sono un ricordo lontano. Sul secondo anello, uno striscione ringrazia lo sceicco Al Mansur per i 10 anni come presidente del City. In tribuna autorità arriva, circondata da bodyguard, la rockstar Johnny Marr, ex chitarrista degli Smiths, una leggenda locale: è preso d’assalto dai fan. Nell’anonimato, invece, arriva anche Antonio Percassi, il patron del club italiano.

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Tra i due la sfida non è solo calcistica, ma anche imprenditoriale. Perché in fondo si tratta di due presidenti-magnati: i petro-dollari dello sceicco di Abu Dhabi contro il «Re del Retail» Percassi, a capo di un impero immobiliar-commerciale. La sfida dei fatturati, per usare un’espressione resa celebre nel calcio da Aurelio De Laurentiis, è eloquente: la “Dea”, con 180 milioni di euro di ricavi attesi nel 2019 (grazie anche a 19 milioni di introiti legati proprio alla Champions), è pollicino rispetto alla portaerei ManCity, che naviga oltre il mezzo miliardo di sterline di giro d’affari. Tra i due presidenti, invece, è testa a testa: lo sceicco di Abu Dhabi vanta un patrimonio stimato in 1,4 miliardi di dollari. Quello di Percassi (calcolato come attivo di bilancio della sua cassaforte Odissea) vale, in dollari, 1,15 miliardi dollari.

A fine partita, l’ex calciatore che ha portato in Italia i grandi marchi internazionali, da Victoria’s Secret a Starbucks ai ristoranti asiatici Wagamama, è uscito dall’Etihad Stadium dispiaciuto (la domenica successiva, però, si è rifatto con gli interessi), ma il suo pensiero sarà corso a Westfield. Perché è sempre dall’Inghilterra che Percassi sta per portare in Italia il progetto retail-immobiliare più ambizioso di sempre per l’Italia e il più grande della sua carriera: Westfield.

Il colosso europeo degli shopping mall debutterà a Milano dopo l’esordio a Londra, dove nel 2008 ha aperto il primo Westfield, il più grande centro commerciale d’Europa: 1,6 miliardi di sterline di investimento per 240mila metri quadri (circa 50 campi da calcio, per rimanere in ambito sportivo). Il primo Westfield in Italia, a cui i progettisti lavorano dal 2011, sorgerà a Segrate: 60 ettari di sviluppo immobiliare.

Presidente, l’Atalanta sta disputando la prima Champions League della sua storia, ma la gioca a San Siro, in uno stadio che sta dividendo la città tra demolizione o ristrutturazione. Oggi i club, per competere nell’industria del calcio, devono avere uno stadio di proprietà: come procede il vostro progetto?

La nostra scelta è stata quella di comprare lo stadio dove gioca l’Atalanta (il Gewiss Stadium dallo scorso luglio, sponsorizzato sulla scia dei big come Juventus e Manchester City, ndr) dal comune di Bergamo per poi ristrutturarlo. Per come la vedo io è una scelta obbligata per poter sviluppare un buon lavoro con la propria squadra. I lavori di ristrutturazione riguarderanno l’intera struttura e termineranno nell’arco di tre anni: non si può lavorare durante i mesi di campionato. Abbiamo recentemente inaugurato la curva nord e contiamo di terminare nei tempi previsti con la curva sud e, infine, con la tribuna. Siamo molto soddisfatti della nostra scelta.

Lei ha portato in Italia grandi marchi stranieri. Avete progetti di altre aperture o di nuovi marchi su Milano?

Direi che al momento abbiamo già molto da fare per continuare a sviluppare i marchi con cui siamo attualmente impegnati e che stanno andando bene. Quindi, per il momento nessun nuovo marchio all’orizzonte.

Ma all’orizzonte c’è già un progetto molto importante: la prospettata apertura di Westfield, lo shopping mall di Londra.

Per quanto riguarda Westfield il programma prevede l’apertura nel 2022. Sarà tra i più grandi mall in Europa per estensione e numero di marchi presenti, la cui qualità e riconoscibilità sarà altissima: ospiterà il department store francese Galeries Lafayette.

In vista delle Olimpiadi Invernali di Milano e Cortina 2026, ha dei progetti immobiliari in cantiere?

Ritengo che qualsiasi grande evento, e qui Expo ne è stata una recente dimostrazione, sia uno straordinario volano per tutta l’economia del paese ospitante, incluso lo sviluppo immobiliare. In riferimento a Milano 2026, stiamo iniziando adesso a guardare le opportunità, ma è presto per avere progetti definiti.

Il gruppo Percassi gestisce anche proprie catene di ristorazione (Caio, Casa Maioli e Da30Polenta). Potrebbe esportarli in Inghilterra? A Londra sono già sbarcati Panino Giusto e Temakhino. Magari il vostro franchise di punta Soul Green, il ristorante “vegetale”...

L’Inghilterra è uno sbocco importante, ma in questo momento c’è grande cautela in attesa di Brexit. Il mondo retail nel food è in grande movimento e noi abbiamo sempre dimostrato attenzione. Siamo alle battute finali per un importante accordo, ma non mi chieda quale, a tempo debito lo annunceremo.

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