Salvini, dal Papeete all’opposizione: l’agosto terribile del “capitano”
La strategia del leader della Lega, tesa a sfruttare il vento in poppa nei sondaggi per entrare a Palazzo Chigi, s’è rivelata sbagliata, tanto da perdere (almeno per il momento) quel ruolo da protagonista mantenuto per tutta la durata del governo gialloverde
di Ivan Cimmarusti e Andrea Gagliardi
3' di lettura
Una crisi di governo fatta esplodere tra i mojito al Papeete Beach di Milano Marittima e gli scontri con l’ex alleato Luigi Di Maio. La strategia di Matteo Salvini, tesa a sfruttare il vento in poppa nei sondaggi per entrare a Palazzo Chigi, s’è rivelata fallimentare, tanto da perdere (almeno per il momento) quel ruolo da protagonista che il leader del Carroccio ha tenuto per tutta la durata del governo gialloverde.
È la parabola di Matteo Salvini. L’8 agosto tuonava: «Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav, e restituiamo velocemente la parola agli elettori». Ieri si acconciava a proclamare per il 19 ottobre una manifestazione di piazza contro il governo M5s-Pd, definita «una grande giornata di orgoglio italiano».
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L’offerta di premiership a Di Maio
Salvini, nel suo innescare la crisi di governo aveva probabilmente immaginato un epilogo assai diverso da quello andato in scena il 20 agosto al Senato con le bastonate metaforiche e politiche («Autoritario, privo di coraggio e di cultura costituzionale, irrispettoso delle regole, reo di aver aperto la crisi per motivi personali e di partito») che Giuseppe Conte gli ha dedicato, a lui e solo a lui, nel suo discorso. E non aveva immaginato la mossa di Renzi che ha sparigliato il campo aprendo a un governo Pd-M5s.
Salvo poi tentare di dare una lettura assai diversa alla genesi della caduta dell’esecutivo, diventata la nuova narrazione leghista: l’accordo tra M5S e Pd sarebbe per Salvini un’ipotesi su cui in realtà le due forze stavano lavorando da tempo. Di qui i tanti no in casa M5s. Pur di uscire dall’isolamento politico, il leafer leghista ha tentato però con ogni mezzo di ricucire con i Cinque Stelle e di stoppare il loro dialogo con il Pd, anche offrendo la premiership a Di Maio. Ma non c’è stato nulla da fare.
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«Il voto unica via»
E ora? «Il voto è l’unica via», continua a ripetere il leader del Carroccio, e con lui i suoi. Ma c’è chi parla di mal di pancia interni alla Lega: per come questa crisi sia andata, per il suo esito e soprattutto per come sia stata gestita dallo stesso leader. Pubblicamente, i massimi vertici del Carroccio fanno quadrato attorno al leader. Fuori dai denti, secondo alcuni retroscena, leghisti non in vista e che non vogliono essere citati parlano di un Matteo Salvini «consigliato male», dalle persone sbagliate. Reo di «aver sbagliato i tempi».
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L’amico Trump
Anche l’amico Donald Trump l’ha scaricato, elogiando in mondo plateale l’acerrimo nemico Giuseppe Conte. Quel tweet (Conte «ha rappresentato l’Italia in modo energico al G7. Ama il suo Paese grandemente e lavora bene con gli Usa. Un uomo molto talentuoso che spero resti primo ministro!») deve essere stato un duro colpo per Salvini, che fino a giugno scorso era definito «il politico dell’Europa occidentale che più somiglia Trump», come scrisse il Washington Post. A Villa Firenze, residenza dell’Ambasciatore italiano Armando Verricchio, Salvini disse: «L’Italia vuole essere il primo partner europeo per la più grande democrazia occidentale, non solo per interessi economici ma per una comune visione del mondo. Siamo il più credibile, più solido interlocutore degli Stati Uniti». Ma qualcosa non deve essere andato nel verso giusto. C’è chi ipotizza errori nella geopolitica internazionale.
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Russiagate
Il caso Russiagate è emblematico di questa ipotesi. Gianluca Savoini, legato a doppio filo con Salvini. «Era uomo della Lega» che doveva trattare con esponenti russi (sembra anche del partito Russia Unita di Vladimir Putin) della partita petrolifera e della relativa “stecca” da 65 milioni di euro, presunto finanziamento per il Carroccio. È chiaro che questo presunto doppio gioco non deve essere proprio piaciuto agli americani. Inoltre, fonti investigative rivelano a denti stretti che il cellulare di Savoini potrebbe restituire sms e messaggi Whatsapp che potrebbero imbarazzare lo stesso Salvini.
La lettera di Orban
«Posso assicurarti che noi ungheresi non dimenticheremo mai che sei stato il primo leader europeo occidentale a voler fermare il flusso dei migranti illegali in Europa attraverso il Mediterraneo», è la lettera scritta per Salvini dal premier ungherese Viktor Orban. L’unico, a quanto pare, che gli è vicino in questo momento di crisi politica. Perché anche in Italia non manca chi si fa beffa di lui, come il direttore di Libero Vittorio Feltri che ha dichiarato: «Non avrei mai pensato che Salvini finisse col culo per terra e con la testa tra le nuvole».
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