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Dal Salone Satellite l’incantesimo che progetta il futuro

I padiglione della Fiera saranno animati da 28 scuole e Università del design e da 550 under 35 in arrivo da 31 Paesi

di Rita Fatiguso

i lavori del finlandese Henri Judin

3' di lettura

L’anno scorso, a chiusura dei Saloni, i ragazzi del Satellite le hanno tributato un’intima, commossa, infinita standing ovation colma di gratitudine. Marva Griffin, fondatrice e curatrice del Salone Satellite dal 1998, non poteva che chiedere a loro, ai giovani studenti e aspiranti designer in arrivo da tutto il mondo, quale sarà il futuro del design, il tema forte del Salone Satellite edizione 2023.

Design, where are you going? Chiuso lo iato imposto dalla pandemìa, resta quel bisogno indistinto di voler intercettare cosa ci aspetta e dove stiamo andando seguendo la scia di flebili tracce di luce in fondo al buio.

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«Sono i ragazzi, cioè il futuro del design, e le scuole che hanno il compito di formarli, a indicarcelo. Lasciamo che siano loro, a dircelo, dove andrà il design», sintetizza Marva Griffin. «Where are they going» lo sapremo al Salone Satellite 2023; il filo rosso è la riflessione sul ruolo della formazione, del futuro del design e, appunto, dell’importanza della luce. Griffin parla dalla scrivania dell’ufficio di Federlegno in Foro Bonaparte, una Wunderkammer di pochi metri quadrati in cui il fastidioso effetto accumulo di oggetti sarebbe garantito se non fosse che memorabilia, poster, inviti e trofei che la circondano non funzionassero, ognuno, da pezzi unici così singolari e distinti l’uno dall’altro da riempire, come per miracolo, uno spazio autonomo nell’apparente caos di una stanza con finestra sul cortile.

Tracce evidenti di quasi un quarto di secolo di Salone Satellite, zeppo di forme, colori, soluzioni innovative. Di «sogni avverati». Il massimo che possa accadere a un giovane design è che il suo prototipo vada in produzione, che il sogno creativo si concretizzi e diventi realtà. Lo slogan segnò il compimento della maggiore età della rassegna di giovani talenti dei Saloni.

L’incantesimo si rinnova a ogni edizione seguendo una formula che, ciclicamente, qualcuno prova a copiare. «Ma che la copino bene - taglia corto la talent scout di generazioni di designer - Anche copiare, bisogna saperlo fare!». Clonare il Salone Satellite è il sogno proibito di molti organizzatori di fiere ed eventi all’estero. Un sogno malefico che, puntualmente, non si avvera perché la formula magica è custodita ben sotto chiave.

Nei padiglioni 13-15 della Fiera, 28 tra scuole e università del design provenienti da 18 Paesi e circa 550 giovani talenti under 35 in arrivo da 31 Paesi animeranno questa edizione, affrontando il tema della preparazione accademica e domandandosi come il progetto potrà plasmare il futuro, immerse in un allestimento che privilegia la luce. «Design Schools – Universities / Building the (im)possible process, progress, practice» è, da mesi, il tema sul quale si stanno cimentando scuole e università di design ai cui allievi, alle soglie dell’esame finale, è stato chiesto di rispondere al quesito del Salone Satellite, e cioè design: dove vai?

Le aree del Salone Satellite Award, ormai alla 12esima edizione, saranno contraddistinte dalla presenza del sole e della luna, due elementi chiave dell’estetica dell’allestimento mentre l’ansia di indagare il futuro è ben espressa dall’installazione di telescopi che permetteranno di ammirare un cielo immaginario in grado di riflettere il presente e futuro del design.

Anche quest’anno saranno premiati tre progetti fra i più meritevoli, più due eventuali menzioni d’onore, scelti tra i prototipi in esposizione. E anche quest’anno la giuria internazionale sarà guidata da Paola Antonelli, la stimata curatrice senior del dipartimento di architettura e design nonché direttrice Research and Development del Museum of Modern Art di New York, il celebrato Moma.

Così, lasciando la Wunderkammer di Griffin è inevitabile chiedersi chi sarà, stavolta, la Matali Crasset del futuro, la designer figlia di contadini della Marna, taglio di capelli alla Giovanna d’Arco, il cui debutto coincise con quello del Salone Satellite, nel 1998. Ci arrivò con “Quand Jim monte à Paris”, ”Quando Jim viene a Parigi”, il kit con tappetino in feltro grigio da srotolare in casa, all’occorrenza, all’arrivo dell’amico, un piccolo spazio scavato nel nulla, un oggetto comune reso innovativo dall’utilizzo fatto in nome dell’ospitalità, della condivisione dei luoghi e dell’intimità. Scoperta da Marva Griffin, Matali per le giovani generazioni è un’icona vivente, la prova che a Milano la creatività di un’aspirante designer e la sua idea shock trovano il posto giusto in cui incontrare l’impresa.

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