Dall’energia agli imballaggi, le aziende scelgono la via verde
Il 62% del campione della ricerca di Fondazione Nordest negli ultimi tre anni ha avviato cinque politiche di sostenibilità. Per l'alimentare passo necessario per la reputazione dei brand
di Barbara Ganz
4' di lettura
Negli ultimi tre anni, più di una azienda su due – per la precisione il 62% - a Nordest ha avviato almeno cinque politiche volontarie legate alla sostenibilità ambientale. Lo rileva una indagine - condotta da CUOA Business School e Fondazione Nord Est, in collaborazione con Confindustria Veneto e la sponsorship di Unicredit -su un campione di 402 imprese (per il 67% situate in Veneto, il 21% in Friuli Venezia Giulia e il 12% in Trentino Alto Adige). A loro è stato chiesto quali azioni e politiche abbiano scelto, ma anche quali motivazioni abbiano spinto a promuovere politiche di sostenibilità, quali benefici abbiamo effettivamente conseguito e quali saranno le priorità in campo ambientale e sociale nei prossimi 5 anni.
Le azioni
Ci sono molti modi di investire in sostenibilità: le aziende interpellate hanno puntato in primo luogo su risparmio energetico e riduzione dei consumi (65%), investimenti in tecnologie e attrezzature rispettose dell'ambiente (63%), riduzione degli imballaggi (54%) e dei rifiuti (57%). Nelle scelte dimostra di avere un peso la tipologia aziendale: la quota di imprese che sceglie di investire in politiche ambientali – si legge nel report – aumenta con il crescere della dimensione. La diffusione di un nuovo atteggiamento è comunque trasversale e diffusa, se è vero che negli ultimi tre anni la quasi totalità delle imprese (il 98%) ha intrapreso almeno una azione di sostenibilità sociale, in gran parte mirata sul benessere dei lavoratori. Un collegamento evidente con quel principio di welfare che proprio in queste regioni – a cominciare dal modello Luxottica in Cadore – ha visto sempre più imprenditori scommettere sul miglioramento del contesto lavorativo, con interventi mirati e spesso condivisi. Il 62% delle imprese ha realizzato iniziative di miglioramento sul fronte di orari di lavoro e altri interventi legati all'ambiente lavorativo, e il 35% ha elaborato un proprio codice etico o di condotta.
Le motivazioni
Il 29% si è mosso con l'obiettivo di rispettare obblighi di legge e regolamenti, ma una percentuale quasi uguale (28%) ha messo in primo piano la volontà di adottare comportamenti etici e responsabili. Ancora, il 15% vuole garantire la profittabilità nel lungo termine, e il 15% vuole rispondere alle attese di consumatori e analisti. C'è anche una impresa su 10 del campione che tramite l'impegno in sostenibilità vuole favorire l'innovazione del prodotto.
Da notare le differenze all'interno dei settori produttivi; è il mondo della moda a riferire con maggiore frequenza motivazioni legate ai comportamenti etici (43,1%), mentre il settore alimentare risulta più attento al rispetto delle norme (38,5%). Con quali benefici? Quelli che vengono segnalati con maggiore frequenza sono la riduzione dei rischi (47%), una maggiore efficienza interna (46%), un miglioramento della reputazione del brand (36%) e un aumento del vantaggio competitivo dovuto al posizionamento green (27%).
I prossimi cinque anni
Come proseguiranno le imprese su questa nuova strada? Il 78% intende muoversi per garantire salute e sicurezza dei propri lavoratori, il 51% vuole incrementare l'efficienza energetica. Le imprese che non si danno obiettivi né priorità sono pari a zero.
Ma non sono scelte o cambiamenti che si possono improvvisare. Più della metà delle aziende intervistate da Fondazione Nordest ritiene che ci siano delle competenze da potenziare; si tratta perlopiù di cultura e visione sostenibile del management (57%), revisione dei processi produttivi (58%) e delle competenze relative a logistica e supply chain management. Ma ci sono anche competenze per le quali le aziende si dicono già soddisfatte: in particolare si parla di management dei rifiuti (38%), cultura e visione sostenibile (27%), revisione dei processi produttivi (21%).
Da potenziare anche Logistica (51,4%), revisione processi (58%) e cultura (57,2%). Per quanto riguarda le nuove abilità richieste, la maggioranza delle imprese intende formare il personale al proprio interno, “in house”, ma per le competenze relative alla comunicazione della sostenibilità ambientale e sociale e alla progettazione di prodotti green c’è un maggiore orientamento al mercato.
La comunicazione
Quello che le aziende mettono in atto si riflette anche all’esterno. Circa la metà delle imprese intervistate ha un piano di comunicazione, ma solo il 9% ha scelto di passare dal Bilancio Annuale al Report Integrato. Le informazioni che fanno parte del piano di comunicazione più rappresentate sono le informazioni economico finanziarie, quelle legate alla Strategie e al Modello di Business dell’azienda e informazioni di carattere ambientale. Conta anche la dimensione: la quota di imprese che sceglie di passare dal Bilancio annuale al Report integrato aumenta all’aumentare dei numeri di riferimento.
Una rendicontazione non solamente finanziaria - segnala il report di Fondazione NordEst - ha tutta una serie di vantaggi, in particolare il miglioramento dell’immagine e del brand aziendale (52,85 del campione), riconoscibilità da parte del mercato (46,75%) e - in modo decisamente meno consistente - un miglioramento dei rapporti con il sistema creditizio (44,5%).
Le conclusioni
Le imprese del NordEst prestano sempre più attenzione alla dimensione verde della propria attività, soprattutto per ragioni di immagine (cresciuta sensibilità dei clienti) e di rispetto delle norme sempre più stringenti (in primis grazie al ruolo dell’Europa). Di fatto è ancora debole la pressione da parte di altri portatori di interessi (stakeholder quali finanziatori, proprietari, comunità locali). In particolare - è la conclusione - proprietari e/o azionisti dovrebbe sostenere di più una transizione verso politiche di sostenibilità visto che queste sono associate a maggior redditività e maggior solidità patrimoniale.
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