Dall’Erc sostegno ai ricercatori ucraini in fuga
Appello ai 5.600 studiosi che hanno ottenuto una borsa del Consigliio europeo della ricerca per offrire posti di lavoro al personale che scappa dalla guerra
di Redazione Scuola
2' di lettura
Il Consiglio Europeo della Ricerca (Erc) chiama a raccolta tutti i 5.600 ricercatori ai quali in questi anni ha assegnato finanziamenti perché offrano un impiego temporaneo ai ricercatori in fuga dall’Ucraina a causa della guerra. Ne dà notizia lo stesso Erc in una nota, nella quale precisa di avere contattato tutti i suoi vincitori di finanziamenti perché inviino informazioni relative alle opportunità di lavoro. I dati saranno quindi pubblicati online dallo stesso ente europeo.
La condanna della guerra
L’iniziativa segue all’appello nel quale l’Erc aveva espresso la sua «condanna della Russia per l’attacco in Ucraina» e manifestato «il massimo sostegno all’Ucraina e alla sua comunità scientifica» e «il plauso per quanti si erano espressi contro la guerra, compresi molti coraggiosi scienziati russi».
Gli obiettivi
Per Mariya Gabriel, Commissario europeo per la Ricerca, cultura, educazione e giovani, «questa iniziativa è una dimostrazione del forte impegno dell’Unione Europea e di come i nostri programmi di ricerca siano aperti alla partecipazione di Paesi terzi. Il coinvolgimento dei vincitori dei finanziamenti Erc in questa azione nei confronti dei colleghi ucraini si aggiunge alla nostra volontà di sostenere l’alleanza fra Unione Europea e Ucraina attraverso collaborazioni di ricerca».
Entusiasta la presidente dell’Erc, Maria Leptin: «Chiediamo ai vincitori dei finanziamenti Erc e ai centri di ricerca che li ospitano: aprite i vostri laboratori e i vostri gruppi di lavoro ai ricercatori in fuga dalla guerra in Ucraina. Se avete in programma di accogliere nuovi ricercatori nei progetti finanziati dall’Erc - ha aggiunto - prendete in considerazione i ricercatori ucraini i cui requisiti sono in linea con le vostre richieste. Questo è l’unico modo per dare loro un aiuto ed è cruciale che la comunità scientifica sia unita».
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