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Dalla confusione pervasiva alla complessità generativa: l’ora della creatività

Le conoscenze offerte dalle scienze (anche sociali) offrono prospettive inedite per generare una qualità di vita maggiormente sostenibile

di Veronica Giovale *

(AFP)

3' di lettura

Siamo alle porte del 2023 e risulta evidente e necessario lo sviluppo di nuove prospettive grazie alle quali sia possibile agire diversamente. Le conoscenze offerte dalle scienze (anche sociali) offrono sicuramente prospettive complesse e inedite a cui fare riferimento, per generare una qualità di vita maggiormente sostenibile a livello individuale, locale e globale. Nonostante ciò, molte persone e imprese si stanno affannando a perseguire e rafforzare comportamenti riduzionisti e limitanti rispetto alle molteplici dimensioni costitutive degli esseri umani, generando in questo modo caos, smarrimento e forzature ben lontane dalla funzionalità, dall’efficacia e dalla felicità.

Scarsamente allenati a porci attivamente davanti all’esistenza e alle scelte per noi rilevanti, siamo attualmente incapaci di riconoscerci attraverso i nostri molteplici bisogni, aspirazioni, sfaccettature e fragilità, mantenendo però una goffa parvenza di performance fini a se stesse. Le emozioni prevalenti che accompagnano questa fissità generalizzata sono la paura, che diventa terrore, rispetto all’ignoto e all’incertezza. La risposta prevalente che sino ad oggi abbiamo saputo offrire si è basata sulla creazione di contesti dove il controllo, la forza e le regole sterili hanno trionfato.

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Anche la creazione (inconsapevole) di abitudini malsane ha contribuito al collasso. Partirei quindi da una delle domande che molte persone hanno deciso di farsi. Quale qualità e sostenibilità ho generato e sto generando nelle molteplici dimensioni della mia vita? Naturalmente il primo atto di coraggio, rivoluzionario, consiste nel darsi una risposta sincera. Quando qualsiasi sistema nega a se stesso nuove chiavi di lettura, significa che ha azzerato la sua parte creativa, ovvero la reale possibilità di cambiamento.

In questa direzione si negano il riconoscimento del contesto, i legami di dipendenza e interconnessione con le altre persone. Un esempio sotto gli occhi di tutti di questo atteggiamento culturale diffuso è la possibilità, offerta da diverse aziende post emergenza Covid19, della pratica dello smart working.

Nonostante esempi virtuosi e sperimentazioni ancora in atto, ci sono altrettante aziende che stanno negando o limitando questa modalità, concedendo un solo giorno alla settimana, specificando che il giorno dedicato non deve essere il lunedì o il venerdì perché le persone potrebbero smarrirsi nell’ozio e nel piacere di un week end lungo in qualche luogo indefinito di villeggiatura, senza produrre risultati.

Un’altra difficoltà epocale è il cambiamento rispetto all’interpretazione dello stile di leadership. Anche in questo senso molte aziende si stanno domandando, ancora una volta, quale modello di leadership sia più efficace alla luce della transizione che stiamo cercando di interpretare. La leadership dominante, ancora oggi in molte aziende, è quella che gli studi definiscono, ispirandosi al mondo animale, Leadership Alpha.

L’identikit di questo stile di leadership vede il raggiungimento del risultato a qualunque costo senza contemplare la qualità con cui si è arrivati al risultato. Si mette in atto una definizione costante tra quello che è vincente e quello che è perdente, sia che si tratti di persone, risultati, opinioni, comportamenti o decisioni. Le persone vengono punite e fatte sentire in colpa se sbagliano o esprimono i propri bisogni. La forza fine a se stessa viene premiata mentre la fragilità e la vulnerabilità hanno solo un significato negativo e quindi non sono ammesse. Vige una sorta di pensiero positivo senza compromessi.

In questo modo si generano, nei fatti, ambienti lavorativi meno sicuri, non affidabili sul piano organizzativo, fisico e psicologico dove le persone provano scarso piacere e senso rispetto a quello che fanno.

Dato questo scenario è urgente iniziare a:

1) Allenarci a una autonomia diffusa. La partecipazione attiva prevede un allenamento costante senza il quale nessun individuo e nessuna collettività si assumeranno mai il rischio di cambiare profondamente.
2) Sviluppare un mindset capace di riconoscere i problemi semplici, complicati e complessi.
3 Riconoscere le proprie emozioni e bisogni e quelli delle altre persone.
4) Promuovere e interiorizzare uno stile di Leadership Inclusivo al posto di una Leadership Alpha.
5) Rimanere in contatto con la fragilità e la vulnerabilità come possibilità di evoluzione e non come elementi da omettere o da cui rifuggire.
6) Concepirsi come sistema aperto, vivo, dinamico, basato quindi sull’interdipendenza e sulla fiducia.

Giorgio Gaber cantava: “ Una brutta giornata. Chiuso in casa a pensare. Una vita sprecata. Non c’è niente da fare. Non c’è via di scampo. Mah! Quasi quasi mi faccio uno shampoo! Uno shampoo?”.

* Partner Newton Spa


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