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C’è Banca Ifis, la prima banca italiana a ottenere la certificazione per la parità di genere dal Winning Women Institute. E dove, ci racconta Rosalba Benedetto, direttore Comunicazione, Marketing, Public Affairs & Sostenibilità della banca impegnata nel sostegno dell’economia reale, «si lavora quotidianamente per implementare le politiche di conciliazione vita-lavoro, credendo fortemente nel valore dell’inclusione». Per le neo mamme c’è la possibilità di lavorare in smart working integrale a partire dal 5° mese di gravidanza; ed è prevista, in generale per i dipendenti, una maggiore elasticità in entrata e in uscita, con la possibilità di recuperare le ore lavorate in meno e/o in eccesso nella settimana di riferimento. In Banca Ifis l’età media è inferiore ai 40 anni, le donne sono il 54% (nel top management rappresentano il 40%, un primato nel settore bancario).
Dal mondo della finanza a quello del tabacco il passo è breve. Anche Philip Morris Italia è convinta che un «futuro più sostenibile rende necessaria anche la transizione verso l’equilibrio di genere - ha spiegato la direttrice External Affairs di Philip Morris Italia, Eleonora Santi -. Per questo, ci siamo rivolti a un ente terzo per certificare la parità salariale. Siamo stati la prima azienda italiana ad aver ricevuto la certificazione equal salary, confermando il nostro impegno per sostenere le pari opportunità nel tempo». In Philip Morris, poi, i flexible workers possono lavorare in modalità agile 4 giorni su 5; sono previsti flexible benefits che consentono ai dipendenti di ottenere rimborsi per spese relative agli asili nido o all’assistenza di persone anziane nel nucleo familiare; e con il programma Global Parental Leave si consente ai caregivers di prendersi cura del nucleo parentale nel periodo successivo a nascita o adozione garantendo un periodo massimo retribuito al 100% per entrambi i genitori, ad integrare quanto previsto dalla normativa vigente.
Insomma, supporto alla genitorialità, cancellazione del gender pay gap, pari opportunità di carriera sono temi ormai centrali nel mondo del lavoro, e «le imprese non possono essere lasciate sole», ha detto Elena Di Giovanni, vice presidente e Co-Fondatrice di Comin & Partners, una big nel campo della consulenza strategica per la comunicazione e le relazioni istituzionali, che nei giorni scorsi alla Camera, assieme alla vicepresidente del Terzo Polo, ed ex ministra, Elena Bonetti, ha voluto accendere un faro sull’equilibrio di genere nelle imprese e in politica a 75 anni dall’entrata delle donne in Parlamento.
E se è vero, come ha sottolineato la titolare del Lavoro, Marina Calderone, intervenuta all’evento, che «se avessimo portato l’occupazione femminile al 60%, obiettivo di Lisbona (oggi, dati Istat, siamo al 51,9% - gli uomini solo al 69,7%), il Pil sarebbe cresciuto di 7 punti»; è altrettanto vero che i vantaggi legati alla parità di genere sono evidenti. Secondo infatti il Diversity Brand Index le imprese certificate fatturano il 23% in più. Inoltre, incentivare l’equilibrio di genere garantisce una serie di benefici intangibili, tra i quali la spinta all’innovazione e una crescita della reputazione nel mercato.
Il numero di donne manager è in crescita, e come recentemente evidenziato da Fondirigenti stanno aumentando le aziende che puntano sulla leadership delle proprie dirigenti per affrontare le grandi transizioni in atto (sostenibilità, digitalizzazione, cambiamenti organizzativi). Restano, però, alcuni rallentamenti negli sviluppi professionali delle donne, legati, ad esempio, al congedo di maternità e al cosiddetto “gradino rotto”, ossia lo svantaggio sperimentato dalle professioniste, rispetto ai colleghi, negli scatti di carriera verso i vertici. Anche in politica è necessario fare (rapidi) dei passi avanti. L’Italia si posiziona sotto la media europea. Il nostro presidente del consiglio dei ministri e la leader del primo partito all’opposizione sono donne, ma la percentuale femminile di seggi in Parlamento si è abbassata al 31%, segnando il primo calo in 20 anni.
Per le aziende uno strumento sul tavolo è la certificazione della parità di genere. Il percorso di certificazione, che dura tra 6 e 8 mesi, dà diritto a una decontribuzione il cui massimale raggiunge i 50mila euro (dati Accredia). Sono circa 200 le aziende certificate. Si tratta ora di dare una spinta in più per favorire l’inclusione e per questa via riequilibrare il mercato del lavoro e aumentare competitività e innovazione nelle imprese.
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