Dalla Formula E alla E1 Series: tutto pronto per il primo campionato mondiale di motonautica elettrica
Un “travaso” tecnologico e sportivo per spingere l'elettrificazione nei mezzi marini e accelerare il recupero della biodiversità
di Alex D'Agosta
10' di lettura
Sergio Perez e Rafael Nadal già confermati e altri grandi nomi internazionali attesi come proprietari e, nel caso del pilota di Formula 1 messicano, anche come driver d’eccellenza. Impatto vicino allo zero. Ma non solo. Acceleratore di sviluppo tecnologico. Buone pratiche per la mobilità sull’acqua. Progetti di rilancio degli ecosistemi marini e delle biodiversità. Nuove forme di promozione dei territori e delle economie locali.
Queste alcune anticipazioni sulla “sorellina” acquatica della Formula E, ormai prossima alla presentazione del calendario ufficiale della stagione d'esordio 2023-2024. Sotto l'egida di Alejandro Agag, eredita in parte network, risorse materiali e immateriali, testimonial, ma non ne sarà una copia. Ci sono altre variabili in gioco. Un inizio di qualcosa di davvero inedito. Si chiama E1 Series e sarà il primo campionato mondiale riconosciuto dalla federazione internazionale motonautica a utilizzare la sola propulsione elettrica. È caratterizzato non solo dalla scelta sostenibile ma anche dal fatto che il mezzo designato, il RaceBird, naviga staccandosi dalla superficie dell'acqua grazie ai foil, le lame che consentono all'imbarcazione di eliminare la resistenza dello scafo, visto che l'aria è 800 volte meno densa e in acqua resta immersa solo una piccola superficie di carbonio: questo il segreto, già visto e collaudato dagli aliscafi ma diventato popolare grazie all'America's Cup. Con questa modalità di navigazione si massimizza la resa energetica di qualunque propulsione e allo stesso tempo si minimizza l'impatto sull'ecosistema grazie alla praticamente assente creazione di onde rispetto alle barche tradizionali.
Un altro fattore distintivo è invece di tipo strategico sportivo. Esattamente come la Formula E ha firmato un contratto di esclusiva con la FIA per 25 anni, per 5 lustri la nuova serie E1 si è analogamente assicurata con la UIM la certezza che sarà l'unico powerboat world championship senza combustibili. Lanciando un primo grande input a tutta la marineria sportiva e da diporto: nell'ambito delle competizioni a motore, per fare un “salto quantico” dal punto di vista almeno della sostenibilità, senza dimenticare lo show, bisogna passare al foiling.
Motonautica con rispetto del passato ma lo sguardo al futuro
Se il buongiorno si vede dal mattino, al day one di prove primaverili del 2023 si trovano già in banchina personaggi iconici e onnipresenti da decenni nell'ambiente quando con le barche a motore “si è fatto sul serio”. Si inizia con Lino Di Biase: dalle manette alle chiavi inglesi al management dei team, semplicemente il pilota e collaudatore riconosciuto nel settore più “trasversale”, esperto e capace. Non manca il “re” Steve Curtis, il più forte in offshore di tutti i tempi: l'inglese fu il più giovane a vincere il titolo iridato e pochi anni dopo si distinse per la successiva conquista di sette mondiali di fila, sempre nella classe regina. Suo anche il record di velocità su monocarena a 244 miglia, quasi 400 km/h, su un lago americano. Dal 2022 nell'abitacolo come collaudatore ufficiale, prima di cedere qualche run a Curtis, Gianmarco Casiraghi, nipote di primo grado del compianto Stefano. Dopo gli studi e la pratica in design navale è diventato esperto proprio di barche elettriche: lo Yacht Club de Monaco non a caso da una decina di edizioni organizza la sfida più nota fra barche alimentate a batteria e a pannelli solari. Un occhio quindi strizzato alla sostenibilità e niente a che vedere con i sempre più rari “giganti” da oltre 1.000 cavalli per motore che spingono ancora le cinque tonnellate di quel che resta delle carene da offshore in Florida o Middle East. Sono finiti quegli anni ruggenti, dove anche a Steve piace ricordare che «servivano attributi d'acciaio e si sfidavano gli elementi»: la filosofia qui cambia. Da «no guts, no glory» a uno scenario «più simile ai piloti di Formula 1 – spiega il campione-. Saranno prioritari la capacità di controllo del mezzo e del suo bilanciamento, il controllo dell'energia, la gestione della gara con distacchi molto ravvicinati. Lo spirito è di garantire ai piloti di poter fare la differenza».
I valori fondanti e le responsabilità
A oggi E1 è un nome ancora poco noto ad eccezione degli addetti ai lavori nella nautica. Promette tuttavia di giocare un ruolo fondamentale su diversi piani, con modestia ma anche abnegazione ed esperienza di persone e organizzazioni già conosciute e preparate a portare rivoluzione nei propri campi. La ricetta è quella di mettere assieme in una cornice sportiva tanti ingredienti tecnici importanti come elettronica, progettazione nautica ed aeronautica, design, ad expertise in particolare nell'ambito della mobilità elettrica e nella sostenibilità a tutto tondo con un accento sul cambiamento climatico e la biodiversità. Il denominatore comune è l'eccellenza di persone, risorse, tecnologie in arrivo da Formula 1, Formula E e molti altri contesti d'elite, grazie soprattutto alle soluzioni di leader di mercato come ad esempio McLaren Applied e Mercury Racing, due dei partner più noti.
Il risultato atteso è quindi di diventare l’avanguardia mondiale di ciò che gravita intorno alla realizzazione di eventi, ai mezzi di trasporto acquatici e a progetti dedicati alla rinascita degli ecosistemi marini in ambito urbano. Tecnologia e scienza, al servizio della rinascita delle zone costiere attraverso la biologia e la sostenibilità della mobilità marittima, mediati da un contenitore sportivo auto incaricatosi di diventare al primo colpo il non plus ultra di questi contenuti. «È evidente che l’industria marina abbia un gap da recuperare rispetto a tutto quello che si è sviluppato su strada. Semplicemente trasferendo la tecnologia della Formula E abbiamo accelerato di almeno quindici anni l’innovazione nelle tecnologie di propulsione attraverso la costruzione di un campionato che sia divertente da seguire e che attiri tanti fan. In questo modo pensiamo di coltivare la cultura dell’elettrificazione e la possibilità di divertirsi su acqua anche con una propulsione sostenibile». Queste alcune delle premesse (e delle promesse) spiegate dall'ingegnere Rodi Basso. Co-fondatore, Ceo e principale mente della E1, che ha saputo unire il suo ragguardevole expertise accumulato in oltre due decenni di ruoli chiave in aziende come Magneti Marelli, Ferrari e McLaren Applied Technology all'imprenditorialità di un gigante dello sport come Alejandro Agag, fondatore della Formula E e delle Extreme E, e all'estro di una giovane ed emergente designer norvegese, Sophie Horne. Ora, a circa tre anni dal primo incontro dei tre personaggi chiave, la barca deputata a dar vita a questa avventura è in via di validazione e perfezionamento in vista delle prime gare attese per fine anno.
La quota italiana
Ceo, uffici, fornitori e tante maestranze – oltre al Ceo Rodi Basso, non mancano expertise al vertice anche per i fornitori dell'organizzazione inglese: Re-Fraschini di Legnano, che ha prodotto per Luna Rossa tutte le appendici, assiste la Victory Marine (Pisa) di Brunello Acampora per la realizzazione dello scafo e dei foil. La Tecnoelettra di Vignola per tutto l'high-tech a supporto degli specialisti di SeaBird Technologies, la società inglese guidata dalla Horne che ha ideato il RaceBird. E nello staff interno, assai internazionale, pur essendo fortemente denso di americani e inglesi, è comunque rilevante la percentuale di italiani non solo nei fornitori, ma anche nel ruolo di tecnici e progettisti. Così come l'Italia gioca un ruolo importante nella logistica: nel 2023 infatti si proseguiranno a fare test sul Lago Maggiore e verranno inaugurati nuovi uffici a Venezia, che sarà anche sede nel 2024 della prima tappa italiana della serie. Sempre nei pressi del Lago Maggiore, la produzione dei 14 esemplari previsti (per correre e di riserva) verrà spostata a Sesto Calende. Italiano anche uno dei primi iscritti, il Team Venezia, sotto la leadership di Eugenio Razelli, già amministratore delegato e direttore generale di Magneti Marelli.
Ultimi test sul Lago Maggiore
Come accennato, da poche settimane l'innovativo RaceBird ha fatto il suo ritorno sul Lago Maggiore allo scopo di riprendere intensivamente le prove necessarie allo sviluppo del mezzo. «Completare i test sul lago è fondamentale per mettere a punto e risolvere ogni problema, perché l'assenza di onde del mare ne permette più facilmente di identificare l'origine. Una volta sbrigati gli ultimi perfezionamenti, potremo spostarci sul mosso, a Monte Carlo», spiega soddisfatto Casiraghi.
Il cambio di paradigma: eventi e progetti per le città
Quali le sfide per avere successo e non restare una nicchia? «Per i primi anni, il nostro modello di business si baserà sulla convinzione che noi apparteniamo all’industria degli eventi delle città. Abbiamo manifestazione di interesse per la prima stagione da Venezia, Amburgo e Principato di Monaco in Europa, oltre a importanti città del Medio Oriente. Nei miei sogni spero anche di arrivare a New York, Miami, Singapore, Sydney, Tokyo, le Maldive e le Bahamas. Questa identificazione, diversa da altre manifestazioni che offrono un prodotto strettamente sportivo, è una scelta necessaria, anche per non dipendere prevalentemente dall'audience: noi siamo più orientati alle esigenze delle località ospitanti. Perciò le nostre revenues prevedono fee importanti, attualmente nell'ordine di grandezza di 4-5 milioni di euro, così come chiediamo anche ai team di investire nelle licenze per una squadra, che resteranno a numero chiuso. A questo proposito, abbiamo come modello di riferimento la Formula E, che in otto anni ha visto apprezzarsi questo valore di ben otto volte».
Ma la componente più innovativa è «lo sviluppo di progetti di ESG che sviluppiamo grazie al nostro Chief Scientific Officer, il luminare Carlos M. Duarte, insieme al quale non solo ci occupiamo della sostenibilità della barca, ma anche del recupero delle coste scelte dai nostri partner locali. Con l'occasione, ci prefiggiamo non solo di migliorare lo stato di salute dell'ambiente, ma anche di dare lavoro ed educare le popolazioni ospitanti in modo duraturo», spiega Basso.
Il ruolo della scienza
«Per acquisire fiducia da tutti i partner, in prima battuta sarà molto importante dimostrare che è possibile spostarsi e divertirsi sull'acqua con un dispendio energetico e un rispetto dell'ambiente così elevati da fare quasi concorrenza alle barche a vela», continua il Ceo Rodi Basso. Può sembrare difficile da credere sulle prime, ma quando l'ecologista marino più noto e scientificamente citato nei paper scientifici, Carlos M. Duarte, afferma che «il progetto della E1 aiuterà anche a incoraggiare la biodiversità», significa che i promotori vogliono davvero offrire un “pacchetto” inedito alle località ospitanti. Nessun aspetto è lasciato al caso. Il professore spagnolo Duarte, oltre che famoso fra i biologici marini, è ritenuto dalla Reuters la dodicesima persona più influente al mondo nei cambiamenti climatici, ed è un teorico del salvataggio del pianeta su vari fronti legati al suo sogno di creare degli ecosistemi “blue carbon”, coerente con la considerazione che il ripopolamento della vita vegetale e animale dentro e fuori dagli oceani possa rimuovere grandi quantità di anidride carbonica dall'atmosfera. Perciò, dice Duarte: Lla protezione e il ripristino degli ecosistemi marini da me definiti “blue carbon” potrebbero essere una parte essenziale della lotta al cambiamento climatico». Ma non solo, continua il professore della King Abdullah University of Science and Technology (Kaust): «Ho sviluppato una strategia per recuperare entro il 2050 quell'abbondanza di habitat e di grandi animali marini che popolavano l'oceano. Possiamo recuperarla in una sola generazione umana. Ho scelto di aderire a questo progetto perché, dopo essere al vertice da sette anni nelle pubblicazioni mondiali in materia, ho esaurito la mia traiettoria nel mondo accademico, dove vengono generate conoscenze ma non si agisce. Mi sono perciò subito appassionato a questa “piattaforma” perché offre la possibilità di sviluppare progetti che incontrano le mie due principali linee di ricerca e azione: mitigare il cambiamento climatico e ricostruire l'abbondanza della vita marina. Siccome oggi più di metà della popolazione vive in aree urbane e la maggior parte di queste sono città costiere, ritengo che sia importante legare le location degli eventi a questo tipo di progetti, in modo da poter coinvolgere numeri importante di popolazione e dimostrare quanto è importante rivitalizzare gli ecosistemi marini in prossimità delle città e non solo in aree remote dove i coralli prosperano autonomamente».
Ma il suo contributo scientifico non finisce qui. Da un lato, la Kaust insieme alla Delft University of Technology stanno facendo una valutazione LCA (Life Cycle Assessment) della barca e del progetto. C'è bisogno di certificare il tutto per mostrarsi efficaci e attirare squadre e sponsor, ma i punti di partenza, sono ottimi anche a occhio nudo, come spiega il veterano di motonautica Lino di Biase: «Indubbiamente non c'è granché spruzzo di acqua. Il mezzo è particolarmente silenzioso. Basti pensare che il costo energetico effettivo è più nell'ordine di centesimi per miglio che di euro interi». E come sottolinea Duarte: «I risultati sono già confortanti. Poiché la barca è sollevata dalla superficie, non genera onda, mentre le eliche sono attualmente sotto esame – da un professore italiano in Arabia Saudita, Matteo Pacini - per ottimizzare al massimo il rumore e la loro efficienza energetica».
A proposito delle eliche: «La loro dispersione da sempre è uno dei punti deboli della nautica, contiamo perciò di registrare anche in questo ambito innovazioni e miglioramenti significativi», commenta Basso. E poi una chicca, che chiuderà il gap con i progressi fatti nell'America's Cup e nella vela foiling in genere: «Stiamo inoltre già lavorando su diverse idee e modelli per ridurre la resistenza aerodinamica dell’imbarcazione e per utilizzare il movimento dell’imbarcazione per spingerla. In modo simile a quanto facciamo con le vele in aria, ma sott’acqua, in modo che il movimento stesso dell’imbarcazione generi una propulsione aggiuntiva che migliori il movimento della barca e riduca il consumo di energia», conclude Duarte.
Una barca a zero emissioni
A leggere il nome in carena viene da pensare subito alle iniziale dell'ideatore della E1 Series: RB-01 richiama subito le iniziali di Rodi Basso. Una fortunata coincidenza perché la progettista, Sophie Horne, aveva pensato di chiamarla RaceBird perché «dopo gli studi e un'esperienza nel mondo dei superyacht, tornando a vivere in Europa, in Svezia, avevo osservato il volo degli uccelli a filo d'acqua. Una planata molto redditizia che ora è diventata il Dna della barca, influenzandone il design: non a caso la prua assomiglia proprio a un becco d'uccello. E sarà così anche la sua evoluzione “leisure” che inaugureremo nel contesto della E1 Series per far provare gli ospiti a un'esperienza simile a quella della barca da corsa».
Il RaceBird da gara nella sua “generazione 1” è lungo “soli” 7 metri, pesa circa 1.200 chili con una batteria che non supera i 200 chili, da 35 KWh. Trascurabile il peso dell'unità propulsiva, sempre nell'ordine di poche decine di chili, capaci però di garantire 150 kW di potenza: numeri volutamente contenuti ed equilibrati per dare appunto un messaggio di svolta a tutto l'ambiente. Valori non esagerati anche per non richiedere attrezzature eccessive per lo svolgimento delle manifestazioni: con potenze non superiori a quelle richieste per le auto elettriche, in 45 minuti si potranno ricaricare tutte le barche fra una sessione e l'altra. Dati che non penalizzano il lato emozionale dello sport, visto che in quanto a velocità massima resta l'ebrezza di raggiungere i 50 nodi di velocità massima: non troppi, ma il disegno dei percorsi sarà articolato e ricco di curve e sorprese come mai viste prima, «inclusa la possibilità di cambiare il campo gara grazie a delle boe gestite elettronicamente», puntualizza Basso. Inoltre, il format prevede coppie di piloti composti obbligatoriamente da un uomo e una donna che dovranno alternarsi nelle prove e nelle gare, che si svolgeranno con batterie eliminatorie da quattro barche per turno.
Essendo le barche sostanzialmente uguali e con pochi margini di personalizzazione per i team, si annunciano lotte ravvicinate ma rese il più possibile sicure grazie all'elettronica. Già oltre 120 i piloti che si sono candidati alle selezioni, manco a dirlo innovative per il motorsport in genere. «Sarà una selezione democratica e accessibile: i piloti non dovranno pagare per guidare. Li selezioneremo e formeremo, perché c'è molta tecnica da imparare e molto lavoro nella preparazione atletica. E gli faremo anche media training, per creare dei professionisti completi», finisce Basso. Per questi nuovi “nativi” del foiling, insomma, si attende un'academy che porterà una grande novità negli sport a motore: non più piloti paganti, ma solo preparati e motivati a diventare seri professionisti.
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