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Dalla procreazione assistita alle protesi in titanio: cosa entra nel tariffario del Servizio sanitario

Nella Conferenza Stato-Regioni di mercoledì 19 atteso il via libera – dopo 5 anni di attesa – al decreto “tariffe” che attua i Livelli essenziali di assistenza varati nel lontano 2017

di Barbara Gobbi

(IMAGOECONOMICA)

4' di lettura

Procreazione assistita, adroterapia e profilazione genica per i tumori, genetica medica, protesi in titanio e arti “elettrici”, comunicatori vocali, ausili aggiornati e innovativi per i disabili. Sono solo alcune delle novità introdotte dai nuovi nomenclatori tariffari della specialistica ambulatoriale e della protesica di cui finalmente i cittadini potranno usufruire, con il via libera – dopo 5 anni di attesa – al decreto “tariffe” che attua i Livelli essenziali di assistenza varati nel lontano 2017. Quei “Lea” che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a erogare a tutti gratuitamente o dietro pagamento di un ticket.

Una partita da oltre 400 milioni

Una partita che vale nel complesso oltre 400 milioni di euro e che si è arenata nel braccio di ferro tra Regioni e Governo sul fronte risorse, ulteriormente aggravato dalla pandemia. Di mezzo ci sono finiti i diritti alla cura e all'assistenza e oggi non si può più aspettare: finché non saranno ufficialmente varate le tariffe a livello nazionale, cure e prestazioni resteranno sulla carta, salvo per i “fortunati” che vivono in Regioni dove già si sia deciso di erogarle in forma di “extra-Lea”.

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L’”ultima chiamata” di Schillaci

Oggi dovremmo essere a una svolta per tutti: le nuove tariffe sulla specialistica ambulatoriale (ferme al 1996) scatteranno a gennaio prossimo mentre per quelle sulla protesica (datate 1999) si dovrà attendere aprile 2024. Questo è quanto prevede l'ultimo testo appena inviato dal ministro della Salute Orazio Schillaci alle Regioni, con la richiesta di inserimento nell'Ordine del giorno della Conferenza Stato-Regioni del 19 aprile. Una richiesta che ha il sapore di “ultima chiamata”: dopodiché il Governo potrebbe scegliere di procedere unilateralmente all'approvazione dei tariffari Lea, così come ha già fatto, davanti all'impasse delle Regioni, per il decreto di riordino delle cure territoriali secondo Pnrr.

L’intervento della presidente della Consulta

Negli anni gli appelli, le lettere al ministero, le mobilitazioni e le richieste di associazioni e parlamentari per il via libera ai nuovi Lea che nel frattempo invecchiavano si sono fatti stringenti. Ma l'ultima e autorevolissima spallata alle resistenze degli assessori alla sanità più riottosi, che anche nei giorni scorsi avevano bloccato l'iter verso l'Intesa sul decreto di aggiornamento dei tariffari in Conferenza-Stato Regioni, è arrivata nientemeno che dalla presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra. “Gli organi politici sono sollecitati ad aggiornare i Lea – tuona la Suprema Corte nella Relazione annuale di attività del 13 aprile - al fine di evitare l'obsolescenza delle cure e garantire l'eguaglianza nell'accesso alle migliori prestazioni sul territorio nazionale”. L'intervento della Consulta giunge – va detto – dopo mesi di riavvio intenso dei lavori con tavoli tecnici assidui tra ministero e Regioni per apportare le ultime limature all'impianto “monstre” di oltre 3mila prestazioni (2.108 per la specialistica d'ambulatorio e 1.063 per la protesica).

Gli aggiornamenti delle cure

Molte cure sono state “sfrondate”, eliminate secondo una procedura prevista di “delisting”, aggiornate o riclassificate ad esempio con il passaggio di prestazioni chirurgiche dalla tariffa in day hospital (più costosa) a quella ambulatoriale, più economica e soprattutto, grazie all'innovazione, ormai più appropriata. Il testo ha ricevuto un'ultima accelerazione prima di Pasqua, è stato riveduto e corretto per l'ennesima volta e anche grazie al monito della Corte costituzionale dovremmo essere alle battute finali. E la tempistica finalmente certa ma dilazionata nel tempo potrebbe aiutare: da qui a gennaio e ad aprile 2024 c'è di mezzo la legge di Bilancio: “Potrebbe essere questo il paracadute – commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità che è tra le associazioni che più si sono spese per lo sblocco dei Lea – con cui prevedere alla fine dell'anno la finalizzazione di una ulteriore quota nell'ambito del Fondo sanitario nazionale. Senza contare che dovrebbe essere già pronto un decreto di ulteriore aggiornamento dei Lea, per cui l’ex ministro Speranza aveva stanziato 200 milioni l'anno a partire dal 2022. In ogni caso, bene che si stia lavorando per “chiudere”: bisogna superare le ultime perplessità per andare a bersaglio sui nuovi Lea e dare seguito al monito della Consulta che ha interpretato nel modo più autentico e profondo l'articolo 32 della Costituzione”.

I bilanci delle Regioni

Intanto i pontieri delle Regioni sono al lavoro per smussare le ultime riottosità: pesano i bilanci che in molte Regioni sono o rischiano di andare fuori controllo, tanto da rasentare il commissariamento. Pesano anche gli assetti gestionali delle cure, come avviene nelle Regioni dove la ridefinizione delle tariffe di ambulatorio potrebbe far lievitare il budget destinato ai privati. Certo è che un nuovo “no” ufficiale dei governatori a un testo che ha l'imprimatur di Salute, Economia e Presidenza del Consiglio manderebbe un pessimo segnale anche in vista dell'attuazione del decreto Calderoli sul regionalismo differenziato, che ha come premessa la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep).Per il presidente leghista delle Regioni Massimiliano Fedriga, fresco di riconferma sia al vertice delle Regioni sia in Friuli Venezia Giulia, la scommessa è quella di centrare l'obiettivo dando il segnale di una piena disponibilità delle Regioni a marciare di pari passo sui diritti dei cittadini.


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