Dalla Toscana alla Campania, tutti i «no» ai nuovi centri per i rimpatri
Oggi attivi nove Cpr in sette Regioni, obiettivo del Governo è realizzarne almeno uno per Regione. Piantedosi: «Dialogheremo, ma cercando di imporre la linea»
di Manuela Perrone
I punti chiave
- Difesa in campo per un piano straordinario
- Corsia veloce per aprire i cantieri
- La mappa attuale e l’obiettivo di un centro per Regione
- Giani (Toscana): «Assolutamente contrario»
- De Luca e Bonaccini: «Per ora solo parole»
- Dall’Alto Adige ok a nuovo centro, ma solo per esigenze locali
- Le aperture di Occhiuto e Toti, lo scetticismo di Zaia
- Piantedosi prova a mediare: «Dialogheremo con tutti»
5' di lettura
La freddezza dei governatori sui nuovi centri per i rimpatri dei migranti annunciati dal Governo Meloni è palpabile da mesi. Ma davanti alle ultime norme varate nel decreto Sud, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 settembre, il gelo si è trasformato in molti «no» espliciti. Tanto che fonti del Viminale hanno tentato di stemperare i toni, assicurando che il ministero dell’Interno «vuole intavolare un dialogo costruttivo con le Regioni e tutti gli enti locali per arrivare a soluzioni condivise». Cercando di «evitare strappi», ma anche «rigettando eventuali veti immotivati».
Difesa in campo per un piano straordinario
La partita è appena al fischio d’inizio. Le misure approvate dal Consiglio dei ministri del 18 settembre, oltre a elevare a 18 mesi il limite di permanenza nei Cpr se l’immigrato non richiedente asilo non collabora al suo allontanamento o se si registrano ritardi nell’ottenimento della documentazione da parte dei Paesi terzi, incaricano la Difesa, tramite il Genio militare, le forze armate e Difesa Servizi Spa, di progettare e realizzare un «piano straordinario» per costruire ulteriori Cpr, da approvarsi con decreto del presidente del Consiglio. Per questo obiettivo sono stanziati 20 milioni di euro nel 2023. Per le fasi preliminari e la cantierizzazione è autorizzato un contributo di 400mila euro per quest’anno; per il funzionamento dei centri è autorizzata la spesa di un milione l’anno dal 2024.
Corsia veloce per aprire i cantieri
Già nel decreto Cutro approvato a marzo era stato previsto che fino al 31 dicembre 2025 gli interventi per la costruzione e la manutenzione dei centri per i rimpatri potessero essere effettuati in deroga, ma adesso il coinvolgimento della Difesa punta a mettere il turbo ai lavori, equiparando i Cpr e le altre strutture di accoglienza dei migranti alle «opere destinate alla difesa e alla sicurezza nazionale», come le basi missilistiche e navali o i poligoni di tiro, e permettendo di avvalersi della corsia veloce ex articolo 140 del nuovo Codice appalti che consente, ad esempio, di «disporre l’immediata acquisizione di servizi o forniture entro il limite di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità».
La mappa attuale e l’obiettivo di un centro per Regione
Secondo l’ultimo censimento del Viminale, i Cpr sul territorio nazionale sono dieci, distribuiti in otto regioni: due in Puglia (a Bari e Brindisi), due in Sicilia (a Caltanissetta e a Trapani), uno nel Lazio (a Roma), uno in Piemonte (Torino), uno in Basilicata (a Palazzo S. Gervasio, in provincia di Potenza), uno in Friuli Venezia Giulia (a Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia), uno in Sardegna (a Macomer) e uno in Lombardia (a Milano). La capienza teorica sarebbe di 1.338 posti, ma i danneggiamenti frequenti e diffusi e la chiusura della struttura di Torino fanno sì che in realtà i centri attivi siano solo nove in sette Regioni e i posti effettivi siano appena 619. L’obiettivo dichiarato dal Governo è quello di costruirne almeno uno in ogni Regione: riattivando quello torinese, significa che bisogna realizzarne altri 12.
Giani (Toscana): «Assolutamente contrario»
La rassicurazione dell’Esecutivo ai timori dei territori (il sindacato di polizia Silp Cgil ha prefigurato il rischio di «bombe sociali») è che saranno individuate aree scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili e perimetrabili. Ma da molti governatori è arrivata subito una levata di scudi. «Io non impedisco» la realizzazione di un Cpr in Toscana, ha detto il presidente dem Eugenio Giani. «Se arriva il ministero dell'Interno e vogliono fare il Cpr qui io gli dirò che sono assolutamente contrario sul territorio della regione. Il Comune che loro sceglieranno vedremo cosa gli dirà, se ne prenderanno tutte le responsabilità».
De Luca e Bonaccini: «Per ora solo parole»
Scettico un altro dem, il campano Vincenzo De Luca: «Non abbiamo capito ancora cosa voglia realizzare il Governo, quindi siamo nell'impossibilità di esprimerci. Noi abbiamo già qui centri di accoglienza». «Non siamo disponibili a nulla se parliamo di parole al vento. Io sono abituato a discutere di cosa si vuol fare», dice il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ai microfoni di Radio24. Porte chiuse anche dalla Valle d’Aosta. «Un’opzione difficilmente attuabile», commenta il presidente Renzo Testolin (Union Valdôtaine). Apre, invece, dal Pd Michele Emiliano: «Se il Governo ha bisogno della Puglia bussa, chiede e la Puglia è a disposizione». Ma già ne conta due: difficilmente ospiterà altre strutture nell’immediato.
Dall’Alto Adige ok a nuovo centro, ma solo per esigenze locali
In Alto Adige c’è il disco verde. Come ha annunciato il governatore Arno Kompatscher dopo un incontro con il ministro Matteo Piantedosi, nascerà un centro di circa 50 posti, ma solo per esigenze locali: «Non ci saranno trasferimenti da altre Regioni». È stato contattato anche il Commissariato del governo per la provincia di Trento per l'individuazione di un’area idonea ad ospitare un eventuale nuovo Cpr. È in fase di avvio l’iter di confronto con i soggetti interessati, tra cui l'Agenzia del demanio e la Provincia autonomia di Trento.
Le aperture di Occhiuto e Toti, lo scetticismo di Zaia
Se l’azzurro Roberto Occhiuto (Calabria) assicura che non si opporrà («Questo è il tempo della responsabilità, e mi auguro che anche nel resto del Paese nessuno si tiri indietro») e Giovanni Toti (Liguria) spiega di aver già dato la sua disponibilità con il sindaco di Ventimiglia che lo chiede nelle vicinanze, dalle Marche il vicepresidente leghista Filippo Saltamartini con delega alla sicurezza pubblica si smarca e sostiene che nella sua Regione «il Cpr ora non serve». «Nessuno mi ha parlato di Cpr in Veneto», aveva detto la mattina del 19 settembre Luca Zaia, governatore veneto della Lega.
Dubbioso da sempre sulla scommessa sui rimpatri, ripete che puntare sulle espulsioni «è come svuotare il mare con un secchio». Ma il collega Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), che è anche presidente della Conferenza delle Regioni, ha difeso il Governo: nei centri di permanenza per il rimpatrio - aveva detto all’indomani del varo delle nuove norme - «ci sono tutte persone che hanno precedenti penali, è l'esperienza del Cpr di Gradisca di Isonzo. Persone imputate di reati come violenza privata e spaccio vogliamo lasciarle libere di andare dove vogliono anziché rimpatriarli?».
Piantedosi prova a mediare: «Dialogheremo con tutti»
Il compito di trovare un accordo con i governatori spetta ora a Piantedosi. In Tv, ospite del programma “Cinque minuti” su Rai1, il ministro dell’Interno ha riferito che le proposte dai prefetti sulle zone potabili per la costruzione dei nuovi centri «stanno arrivando e le stiamo valutando. Ci saranno resistenze, ma dialogheremo con tutti, cercando però di imporre la linea del Governo». L’obiettivo è quello di destinare ai Cpr «quelle persone che girano per il territorio senza permesso di soggiorno e che hanno condizioni di pericolosità secondo un provvedimento di trattenimento che viene convalidato dal giudice».
Viene rimpatriato il 50% di chi transita nei Cpr
A chi contesta l’efficacia del meccanismo dei rimpatri (2.663 appena i migranti espulsi nel 2022 e 3.193 sinora nel 2023), il Viminale ricorda che il 50% degli stranieri che transitano per i centri venga rimpatriato, contro una quota molto più bassa tra coloro che non passano per i Cpr. E a chi denuncia condizioni inumane, ricorda che l’ordinamento prevede che siano assicurati tutti i diritti dei trattenuti e che la devastazione nei centri è spesso responsabilità degli stessi migranti. Da Italia Viva Matteo Renzi ironizza su ciò che a suo avviso è un errore di strategia: «Anziché parlare di Cpr dovremmo portare le persone che restano qui nei Cpi, i centri per l'impiego. per metterli a lavorare».
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