FASE DUE

Dalla Toscana al Piemonte, sindaci e governatori vogliono riaprire le scuole ma la ministra Azzolina frena

Con la fase due e il ritorno sul posto di lavoro si delinea l’esigenza di organizzare i figli a casa. Tra le proposte anche i centri estivi di condominio

di Andrea Carli

Computer, connessione e cibo: così la scuola in soccorso alle famiglie

7' di lettura

C’è chi arriva a ragionare in termini di vera e propria ripresa della didattica in classe e chi, in maniera “meno ambiziosa”, pensa a una soluzione che possa fornire un sostegno ai genitori che dal 4 maggio dovranno rientrare al lavoro e, giocoforza, si dovranno organizzare per gestire i figli rimasti a casa. Nelle ultime ore è aumentato di intensità il pressing di sindaci e presidenti di Regione, dalla Toscana al Piemonte, per riaprire gli edifici scolastici.

Azzolina frena: didattica in aula ma solo quando possibile
La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina chiude. L’orientamento, ha spiegato in un intervento al question time alla Camera, è riprendere l’attività didattica in aula, «ma solo quando il quadro epidemiologico lo consentirà, alle condizioni ragionevoli di sicurezza per tutti: per gli alunni, per il personale scolastico e, di riflesso, per l'intera nazione». E se il ministero dell’Istruzione ha deciso che sarà un comitato composto da 18 persone e presieduto dal professor Patrizio Bianchi a dettare le linee per la ripresa della scuola a settembre e il miglioramento complessivo del sistema di istruzione, gli enti locali protestano: «Pensare di progettare la riapertura della scuola senza partire dai Comuni - ha fatto notare Cristina Giachi, responsabile scuola dell’Anci - è miope e dannoso». Anche le Regioni avevano chiesto di essere coinvolte.

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Bonetti: estendere congedi parentali oltre i 15 giorni
Secondo la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti «i congedi parentali straordinari dovrebbero essere estesi non solo per altri 15 giorni ma ulteriormente, se la scuola non riaprirà».

La sindaca di Empoli propone la riapertura delle scuole
Nonostante la ministra abbia chiuso alla possibilità di un’apertura delle scuole dopo la fine del lockdown, i Comuni non demordono. La prima a ragionare nei termini di una riapertura è stata la sindaca di Empoli, e responsabile Welfare della segreteria nazionale del Pd, Brenda Barnini. L’esponente Dem ha proposto alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di fare di Empoli la “città pilota” per la ripresa delle attività didattiche in classe. «La scuola - ha spiegato sul suo profilo Facebook - deve essere il punto di partenza nella strategia di riapertura del Paese, è stata la prima a chiudere e sembra sarà l'ultima a riaprire, con nel mezzo solo la didattica a distanza. Non va bene e non basta - ha sottolineato -. Scegliamo un territorio dove poter sperimentare qualcosa di più, utilizzando gli spazi comuni degli edifici scolastici per rispettare le distanze, sfruttando tutta la giornata per poter far entrare gruppi più piccoli di bambini». La sindaca della città tiscana ha proposto di effettuare «screening a gruppi di insegnanti, educatori e famiglie che rientrano nella sperimentazione, senza lasciar fuori i nidi e la scuola dell’infanzia, magari privilegiando le attività all’aria aperta e ricreando dei micro ambienti in termini numerici». Insomma, perché non sedersi tutti a un tavolo e ragionare su come far tornare i ragazzi in classe?

Nardella: «Non ci si può solo porre il problema di riaprire gli uffici»
L’assist della sindaca di Empoli è stato colto dal primo cittadino di Firenze, Dario Nardella. «Credo che il Governo debba valutare con grande attenzione, in modo più approfondito, la questione della riapertura delle scuole, confrontando questa misura con la riapertura delle attività -ha affermato in occasione di una diretta Facebook -. Firenze è disposta a collaborare con il Ministero della pubblica istruzione per sperimentare forme di riaperture anche delle scuole. Abbiamo fatto presente al Governo - ha ribadito - che, se si vogliono riaprire le aziende, i genitori che hanno figli non possono stare da soli a casa o stare con i nonni, altrimenti ricominciamo cono il contagio. E i genitori, in una situazione del genere, non possono certo permettersi baby sitter. Non ci si può porre solo il problema di riaprire gli uffici ma anche di riaprire nidi, materne e scuole dell’obbligo».

Raggi: pensare ad apertura centri estivi a luglio
Preme sul Governo anche la sindaca di Roma Virginia Raggi. «Per le scuole - ha detto ai microfoni di Radio Cusano Campus - non posso che aspettare le decisioni del ministero. Sabato (18 aprile, ndr) in cabina di regia ho fatto notare che, se i dati epidemiologici fossero favorevoli, ritengo che già dal mese di luglio si potrebbe immaginare una riapertura magari dei centri estivi». «I bambini, privati del contatto sociale con i loro simili, credo stiano sviluppando dei turbamenti - ha proseguito Raggi -. Riaprire almeno i centri estivi, su due turni per evitare assembramenti, credo che potrebbe essere una idea. Certo tutto compatibilmente con i dati epidemiologici e medici».

Il Piemonte studia la ripartenza dei nidi a giugno
Ma a sostenere la necessità di riaprire le scuole è anche la Regione Piemonte. In particolare, l’ipotesi sulla quale si sta ragionando è quelal di riaprire gli asili nido già nel mese di giugno per consentire ai genitori la ripresa dell’attività lavorativa. L’ipotesi, da tempo allo studio della Città di Torino, è ora sul tavolo della task force di Regione Piemonte e Politecnico di Torino. «Abbiamo avviato il confronto con l’Ufficio Scolastico Regionale per programmare, nel rispetto delle regole e della sicurezza, la ripartenza degli asili nido a giugno e per prevedere dei luoghi che i bambini possano frequentare mentre i genitori lavorano visto che mancheranno attività di supporto alle famiglie come i centri estivi. Pensiamo ad esempio a delle microcomunità di famiglie», ha spiegato il rettore del Politecnico Guido Saracco. «Non possiamo non pensare alle famiglie che, se tornano a lavorare, non sanno dove mettere i bambini. Questo è un dovere istituzionale e morale, lo dico anche da papà. Non possiamo pensare che ripartano le aziende senza che riparta un qualcosa di predisposto dalle Regioni o dallo Stato per assistere, per guardare i bambini durante l’orario di lavoro», concorda il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio. All’interno della task force del Politecnico è stato creato un team di una decina di persone che si occuperà proprio dello studio delle modalità di riapertura delle scuole, a partire dai nidi che, come le scuole d’infanzia, sono luoghi dove il distanziamento sociale è impossibile. «Il punto di partenza - ha spiegato l’assessore alla Scuola del Comune di Torino, Antonietta Di Martino - sarà l’individuazione, entro pochissimi giorni, di alcune scuole di ogni ordine e grado, a partire dai nidi, che possono rappresentare casi di studio concreti. Si analizzeranno quindi nel dettaglio simulando flussi di entrata e di uscita, specificità organizzative, orari di lavoro, tipologia del personale. Una simulazione che permetterà di individuare, entro una decina di giorni, delle linee guida che poi dovranno essere adattate alle altre scuole tenendo conto della specificità di ogni realtà».

Il Veneto: scuole infanzia e centri estivi per bimbi
«Oggi - ha affermato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia - incontreremo il mondo delle scuole dell’infanzia per dare soluzione a un vero problema, quello dei genitori al lavoro e nell’impossibilità di accudire ai figli. L’ho scritto in una lettera al presidente Conte - ha continuato il governatore leghista -, in cui sostengo che il tema delle aperture non può essere disgiunto dalla tutela e dall’accudimento dei minori. Pensiamo che si possa mettere in piedi un sistema virtuoso in maniera che le scuole paritarie non abbiano più un fine educativo ma anche ricreativo. Se avessimo i centri estivi partirebbe un forte ammortizzatore sociale, una tutela per le famiglie». Quanto all’uso degli edifici scolastici, per Zaia «portare grandi masse nelle aule è un problema sanitario ma questa è competenza dello Stato. Il Governo potrebbe pensare a qualche altra modalità di utilizzo degli edifici per i minorenni - ha concluso - come valvola di sfogo e aiuto alle famiglie».

Centri estivi di condominio, idee famiglie per fase 2
Di certo la fase due metterà in evidenza la necessità di individuare un nuovo modo di progettare il tempo dei bambini. Che usciranno dalle proprie abitazioni probabilmente con mascherine e guanti, mentre i loro genitori dovranno tornare a lavorare ma senza il fondamentale supporto dei nonni e soprattutto con le scuole chiuse. Così le famiglie, e soprattutto le associazioni che le rappresentano, stanno studiando proposte da sottoporre alla politica. E la politica a sua volta cerca inedite soluzioni per assicurare ai più piccoli di vivere una normalità nell’emergenza. Il Forum nazionale delle associazioni familiari ha ipotizzato l’utilizzo dei volontari del servizio civile come animatori a domicilio per singole famiglie con figli. Ma anche la possibilità di creare dei centri estivi condominiali per quanti hanno la fortuna di vivere in palazzi che hanno spazi all’aperto, come cortili o giardini. Qui, in questi spazi all’aperto - secondo l’ipotesi del Forum - potrebbero essere impiegati i tanti volontari del terzo settore. Tra le varie possibilità proposte dall’associazione - che raccoglie quasi 50 associazioni nazionali e oltre 500 regionali - anche quella di sgravi fiscali per le aziende che pagheranno le baby sitter al propri dipendenti o che mettano a disposizione degli spazi esterni per i figli di chi lavora in azienda.

Cantieri aperti nelle scuole chiuse
A 5 mesi dal 22 novembre, Giornata Nazionale per la sicurezza nelle scuole, la Fondazione Benvenuti in Italia (Torino), insieme alle associazioni ACMOS (Torino), Get Up (Udine), L’egalitè Sarzana (SP), MOVI, RIME (Trieste), Sermais (Novara) e 21 Marzo (Verbania), chiede al governo che l’emergenza Coronavirus sia l’occasione per aprire i cantieri per la messa in sicurezza e ristrutturazione straordinaria negli edifici scolastici, ormai vuoti. Per questo motivo è stato inviato un documento alla ministra Azzolina, alla vice ministra Anna Ascani e altri membri del Parlamento e del Governo, competenti in materia. «Le scuole del nostro Paese non sono luoghi insicuri a causa dell’espansione del virus, ma sono luoghi insicuri prima di tutto per l’inadeguatezza di troppe strutture», si legge nel documento, che propone un piano in 10 punti affinché, al rientro a scuola, gli studenti trovino ad attenderli degli spazi consoni a far vivere loro in piena sicurezza la vita scolastica.

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