Dalla Xylella alla siccità un settore in trincea
Tra cambiamento climatico e batteri killer, all’inizio di quest’anno la regione ha registrato un taglio della produzione dell’olio di oliva del 40 per cento
di Micaela Cappellini
I punti chiave
2' di lettura
Non c’è pace per gli ulivi della Puglia, la prima regione d’Italia per l’olio, responsabile della metà della produzione nazionale. Gli sfregi alle piante di Terlizzi si vanno a sommare alla siccità che si è abbattuta sull’ultima campagna olivicola, e soprattutto ai disastri della Xylella. A ottobre ricorreranno i dieci anni dalla prima comparsa del batterio killer degli ulivi, e da allora il volto della Puglia non è più stato lo stesso.
La corsa della Xylella
Partita da Gallipoli, dal 2013 a oggi la Xylella non ha mai smesso di camminare, e dopo aver azzerato il patrimonio olivicolo del Salento e compromesso gravemente gli oliveti di Brindisi e Taranto, ora ha raggiunto la provincia di Bari, dove è appena stata istituita una nuova area infetta denominata “Valle d’Itria” con focolai attivi nei comuni di Monopoli, Polignano e Castellana Grotte. Viaggiando di tronco in tronco, secondo la Coldiretti il batterio killer ha già contagiato oltre 21 milioni di piante, una strage di ulivi che ha lasciato un panorama spettrale, con oltre 8mila chilometri quadrati di territorio infettato pari al 40% di tutta la regione.
A inizio 2013 taglio della produzione dell’olio di oliva del 40 per cento
Per colpa della Xylella sono andate perse 3 olive su 4 solo in provincia di Lecce, con il crollo del 75% della produzione di olio di oliva. In provincia di Brindisi, invece, la raccolta ha subito una riduzione generale del 20-25% a causa anche degli eventi atmosferici, tra assenza di precipitazioni e temperature elevate che hanno stressato e indebolito gli oliveti. Tra cambiamento climatico e batteri killer, all’inizio di quest’anno la Puglia ha registrato un taglio della produzione dell’olio di oliva del 40 per cento.
«Prima di tutto sulla Xylella è sotto accusa il sistema di controllo delle frontiere dell’Unione europea – sostiene il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – quella della Ue è una politica troppo permissiva, che consente l’ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici senza che siano applicate le cautele e le quarantene che devono invece superare i prodotti nazionali quando vengono esportati, con estenuanti negoziati e dossier che durano anni».
Il nodo burocrazia
Quanto alla parte di gestione nazionale dell’emergenza, invece, Prandini punta il dito contro la lentezza della burocrazia, che impedisce la rinascita competitiva dei territori colpiti: «A tre anni dalla pubblicazione del Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia da 300 milioni di euro, è appena partita soltanto la liquidazione delle prime risorse per gli espianti e i reimpianti degli ulivi secchi. In questo modo, gli agricoltori non sono ancora stati messi nella condizione di ricominciare a lavorare e a produrre».
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