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Coltivare la cultura dell’errore, sfidare le difficoltà e spingere sui sistemi digitali e di simulazione. Andrea Pontremoli, ceo della Dallara dal 2007 racconta il modello di innovazione di un’azienda che rappresenta una eccellenza nel Motorsport e che oggi è punto di riferimento per le tecnologie digitali applicate al settore auto. «Abbiamo realizzato il mantra di Dallara, far nascere l’innovazione dell’errore, e portato avanti la cultura dell’errore senza cercare colpevoli. In questo passaggio il digitale è uno strumento fenomenale».
Reduce da un week end ricco di soddisfazioni per le 300 auto Dallara in gara in Formula 1,2 e 3 e a Indianapolis, Pontremoli descrive – intervistato da Luca De Biase – il modello di business di un’azienda che nel 2007 era un “gioiello artigianale” con 107 persone e che oggi è cresciuta a quota 700 e fa della simulazione e dello sviluppo di modelli matematici il principale strumento di lavoro. «Per realizzare un’auto servono nove mesi – racconta – otto sono di lavoro digitale, un mese è impiegato per la produzione. Noi non sviluppiamo brevetti ma vendiamo al mercato la nostra capacità di innovare continuamente» descrive.
Dalle corse allo spazio
Iniziamo dall’inizio, l’arrivo di Pontremoli alla Dallara nel 2007 da una lunga esperienza in Ibm, diventa socio dell’azienda accanto a Giampaolo Dallara fondatore dell’azienda – «dove lavora dal lunedì al sabato mattina» racconta il ceo – e ne accelera lo sviluppo affiancando alla divisione Motorsport quella Automotive e infine, tre anni fa, l’aerospazio e la collaborazione con Elon Musk. «Andare nello spazio è importante – descrive Pontremoli – perché come diceva Kennedy è una cosa difficile. Questo il secondo aspetto chiave della capacità di innovare, sfidare i problemi e sviluppare soluzioni nuove».
Dalla “conquista” della Luna degli Stati Uniti, spiega, sono arrivati oltre 300mila brevetti per tecnologie che si utilizzano ancora in maniera massiva. «Sono convinto che dallo sviluppo delle nuove tecnologie e missioni nello Spazio troveremo le soluzioni per i problemi di sostenibilità sulla Terra. L’energia, anzitutto, e poi ad esempio la gestione delle risorse idriche».
Tecnologia e sostenibilità
Galleria del vento e simulatore rappresentano le due punte di diamante del modello ipertecnologico di Dallara. «Il nostro simulatore – racconta Pontremoli – tiene insieme 60mila variabili in real time, mettiamo a disposizione del mercato le nostre competenze tecnologiche». Tecnologia e sostenibilità, non si sfugge dal binomio nel settore automotive. Le prestazioni di un’auto, spiega Pontremoli, dipendono per il 15% dai motori, per il 35% dal peso e per il 50% dall’aerodinamica.
«Noi lavoriamo esclusivamente su questi due settori, che rappresentano una leva straordinaria per ridurre i consumi di energia e dunque l’impatto sull’ambiente» aggiunge Pontremoli. Sull’elettrico il ceo di Dallara va controcorrente: «Sono in polemica con l’Europa – dice – perché virare tutto sull’elettrico è una “stupidata” e pone un enorme problema energetico, oltre a mettere l’intera industria nelle mani della Cina»
Diversa la valutazione sull’idrogeno, che pone ancora problemi importanti sul fronte ad esempio dell’immagazzinamento. «Molti paesi ad esempio l’Arabia – sottolinea – stanno investendo molto per accelerare lo sviluppo perché sanno che l’elettrico da solo non ce la può fare. Serviranno sistemi di trazione ibridi a idrogeno o combustibili alternativi come i biofuel».
Open innovation
Sul piatto il tema dell’Open Innovation che Pontremoli illustra raccontando un’altra delle sfide messe in campo da Dallara sul fronte della guida autonoma. L’azienda lancia una challenge online, riuscire a sviluppare un sistema – hardware e software – che permetta a due auto a guida autonoma di fare un sorpasso in un anno di tempo. La prima tappa è la sensorizzazione di una vettura Dallara, equipaggiata con quattro attuatori, da qui la sfida a realizzare “il cervello” che serve al sorpasso. Hanno risposto 37 Università, in una fase successiva sono nati dieci team internazionali di lavoro e la sfida in pista per ora l’ha vinta PoliMOVE, progetto del Politecnico di Milano e dell’Università dell’Alabama a 309 chilometri all’ora.
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