ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe corsa di FdI

Dalle battaglie di opposizione al viaggio negli Usa, la scalata di Meloni dal 4 al 26% in meno di 5 anni

Sicuramente ha influito sulla corsa la scelta di rimanere forza politica di opposizione, rifiutando di entrare nei tre governi che si sono succeduti dal 2018, anno della penultima tornata elettorale

di Andrea Carli

Meloni: von der Leyen? Ha chiarito, ma consiglio prudenza

5' di lettura

A rendere l’idea di quanto sia stata numericamente e politicamente dirompente la corsa di Fratelli d’Italia negli ultimi anni sono, in prima battuta, due percentuali. La prima: 4,3%. La seconda: 26%. La prima è quella ottenuta dalla forza politica alle elezioni politiche del 2018. La seconda registra la performance in questa ultima tornata elettorale. Facendo la differenza tra le due, viene che fuori che FdI ha conquistato oltre 21 punti percentuali in meno di cinque anni.

Elezioni 2022: per Fdi quasi 5,9 milioni di voti in più, 4 volte i voti raccolti nel 2018

Per dirla in un altro modo, e con altri numeri: alle elezioni del 25 settembre 2022 FdI ha ottenuto quattro volte i voti raccolti nel 2018, da 1.429.550 preferenze a 7.300.628: in termini assoluti, l’exploit di Fratelli d’Italia vale - secondo la rilevazione del Viminale che non tiene conto dei dati relativi a Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige - quasi 5 milioni e 900mila voti in più rispetto alle elezioni di quattro anni fa. Una crescita che si sovrappone al calo degli altri due partiti della coalizione, Lega e Forza Italia, che vedono sparire complessivamente 5 milioni e mezzo di consensi.

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Un risultato ancora più rilevante, se si pensa che gli inizi per questa forza politica non sono stati all’insegna del boom di consensi: FdI arriva al 2 per cento alle Politiche del 2013, migliora alle Europee l’anno successivo ma non va oltre lo sbarramento e elegge deputati a Strasburgo. Cresce ma moderatamente alle Politiche del 2018, quando prende il 4,3 per cento, contro il 14 per cento di Forza Italia e il 17,4 per cento della Lega di Matteo Salvini.

PARTITI, CHI SALE E CHI SCENDE RISPETTO AL 2018

Per il 2022 i dati non sono definitivi

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Dal Conte uno al Governo Draghi, FdI sempre all’opposizione

Ma quale elemento crea le condizioni per lo sprint che si registra in queste ore? Sicuramente a spingere la barca timonata da Giorgia Meloni contribuisce la scelta di rimanere all’opposizione. Una strategia che si delinea in corrispondenza della nascita del governo Conte uno a trazione Cinque Stelle - Lega, e trova conferma nelle successive esperienze del Conte due di colore giallo rosso (M5s e Pd azionisti di maggioranza) e, infine, dell’esecutivo di unità nazionale (attualmente in carica per il disbrigo degli affari correnti) guidato dall’ex presidente della Bce Mario Draghi.

I risultati in termini di consenso politico non si vedono subito. Dopo la decisione di non entrare nel primo governo Conte, percorrendo in questo modo una strada alternativa rispetto all’alleato leghista, alle Europee del maggio successivo Fratelli d’Italia ottiene 6,4% (il Carroccio il 34,3 per cento), un aumento che non regge il paragone con la Lega, che in quella occasione raddoppia i consensi, e non sufficiente a operare un sorpasso su Forza Italia (allora all’8,8 per cento).

Nel 2019 i primi presidenti di regione

Poi il quadro cambia: nel 2019 arrivano l’anno decisivo: arrivano i primi governatori in Abruzzo e nelle Marche, i risultati a doppia cifra in alcuni territori, il sorpasso su Forza Italia. Un anno dopo Il quotidiano inglese “The Times” inserisce Meloni (unica italiana) tra i 20 personaggi che potrebbero “plasmare” il mondo. Il resto è storia dei nostri giorni: il no al governo Draghi (quando lo scorso luglio passa la fiducia all’attuale premier in Senato, ma con soli 95 voti favorevoli, la leader di FdI si leva qualche sassolino dalla scarpa: «Mi ricordo quando tutti mi guardavano dall’alto in basso perchè non capivo niente di politica, che stavamo tornando in una fogna. Dopo un anno si è visto chi capisce le dinamiche della nostra democrazia»), i sondaggi che la danno ancora in ascesa, fino alla forte affermazione alle elezioni del 25 settembre.

Il rapporto con gli Stati Uniti

La politica estera, soprattutto in questa fase caratterizzata dalla guerra in Ucraina, è un campo strategico per chi ambisce alla guida del Paese. Forte dell’esperienza politica maturata in questi anni, Meloni capisce quanto sia importante ottenere l’appoggio anche delll’elettorato moderato. Lancia un messaggio chiaro, sia in Italia sia all’estero: «Fratelli d’Italia è affidabile». Nel corso della campagna elettorale cerca di tranquillizzare chi pone l’accento sulla persistenza della fiamma tricolore nel simbolo del partito («non ha nulla a che fare con il fascismo - sottolinea -, ma è un riconoscimento del cammino compiuto dalla destra democratica nella nostra storia repubblicana». Una tessera che probabilmente fa parte di questo puzzle è il rapporto con gli Usa, da sempre strategico per delineare i nuovi equilibri della politica italiana. A fine febbraio Meloni si reca negli Usa, a Orlando (Florida) per partecipare alla Conservative Political Action Conference, la conferenza politica annuale dei conservatori Usa, inaugurata da Ronald Reagan nel ’74, cui partecipano attivisti conservatori e politici da tutti gli Stati Uniti e leader internazionali.

Urso a Washington, «per Usa Meloni è pienamente affidabile»

Il recente viaggio negli Stati Uniti di Adolfo Urso, presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ed esponente di Fratelli d’Italia, rappresenta, secondo alcune fonti, un’occasione per rassicurare Washington sul fatto che Meloni è garante della linea atlantista. Nessuna crepa, dunque, nell’unità europea e transatlantica, anche sulla guerra in Ucraina, ora che il centrodestra si accinge a governare. Secondo il presidente del Copasir, gli Stati Uniti apprezzano la chiarezza e la coerenza di Giorgia Meloni e considerano la leader di Fratelli d’Italia una figura politica «pienamente affidabile», soprattutto nei dossier più cari a Washington, la fedeltà alla Nato e il sostegno all’Ucraina nella sua guerra contro la Russia.

La frenata su un ulteriore scostamento e il messaggio a Bruxelles

Nella partita tutta interna al centrodestra per ottenere alla chiusura delle urne un voto in più degli alleati in questa ultima tornata elettorale, FdI assume in materia di strategia di gestione dei conti pubblici una posizione sostanzialmente diversa rispetto a quella della Lega. Se infatti Matteo Salvini durante la campagna elettorale non perde occasione per chiedere al governo di intraprendere la strada di un nuovo scostamento di bilancio (e quindi di nuovo deficit) per garantire una copertura finanziaria alle misure di sostegno per famiglie e imprese colpite dal caro energia, Meloni frena, mettendo in evidenza che «non è la soluzione». Una scelta, quella di esprimere una linea che di fatto non mette a repentaglio i conti pubblici, che da una parte non passa inosservata a Bruxelles, e dall’altra tranquilizza l’elettorato più moderato. «Più noi decidiamo di indebitarci per regalare soldi ai grandi player dell’energia - è la posizione della leader di FdI - e più loro alzeranno l’asticella, per cui credo che il fatto di continuare a fare debito purtroppo sia una misura che non ci salverà. Noi abbiamo bisogno di alzare la voce sul tetto del prezzo del gas». Una linea che non le impedisce di confermare la posizione di forze politica di opposizione, rispetto alla maggioranza che ha sostenuto l’esecutivo Draghi: «Nei 15 mesi del governo Draghi - sottolinea Meloni - il debito pubblico è aumentato, l’Italia è fanalino di coda in molte classifiche. Non verrò a dire che faremo miracoli, ma faremo quello che stiamo promettendo».

Meloni festeggia il primato alle elezioni politiche e mostra un cartello con scritto “Grazie Italia”

L’uscita di von der Leyen

Le ultime battute della campagna elettorale registrano un intervento della presidente della Commissione europea. Sul possibile esito della partita elettorale in Italia, Ursula von der Leyen a 48 ore dal voto commenta: «Vedremo l’esito delle elezioni (i sondaggi davano già allora FdI primo partito, ndr). Se le cose vanno in una situazione difficile - ho appena parlato di Ungheria e Polonia - abbiamo gli strumenti. Se le cose vanno nella giusta direzione... Il mio approccio è che qualsiasi governo democratico vuole lavorare con noi, lavoreremo insieme». Parole che vengono lette come un avvertimento a Meloni. A stretto giro, la replica della leader di FdI, che invita la presidente Ue a una «maggiore prudenza». E poi: «Mi pare che von del Leyen abbia già mandato una nota per correggere l’interpretazione che è stata data». Toni tutto sommato cauti, per mantenere un dialogo con Bruxelles che potrebbe essere decisivo già nei prossimi mesi, a cominciare dalla realizzazione degli obiettivi (e dalle risorse) del Pnrr. E per rassicurare i moderati, alla vigilia del voto, sul fatto che ora che ha vinto nulla cambierà nei rapporti con l’Ue.

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