Dalle crisi ai maxi eventi, Fondazione Fiera è il Mr Wolf italiano
L’evoluzione. Dagli Hub vaccinali, all’accoglienza dei profughi ucraini fino all’Oval per le Olimpiadi, l’ente in prima fila al servizio del territorio
di Paolo Bricco
5' di lettura
La Fondazione Fiera Milano si muove sempre più esprimendo una funzione doppia e complementare. Opera nel suo core business come uno dei maggiori protagonisti italiani e europei, assegnando le linee strategiche e controllando la società veicolo operativa Fiera Milano Spa, che è quotata in Borsa. Si muove nel complesso contesto nazionale con un profilo da soggetto attivo che, in maniera autonoma e in una dialettica costruttiva con le istituzioni, interviene concependo e realizzando soluzioni su dossier critici, la cui stagnazione aprirebbe ferite sociali e economiche alla comunità nazionale o farebbe perdere opportunità alle comunità locali. Insomma, la Fondazione Fiera Milano assomiglia sempre più al personaggio del film di Quentin Tarantino, Pulp Fiction, che si presenta con il motto: «Sono Mr Wolf, risolvo problemi».
È accaduto nel recente passato. Accade adesso. Accadrà sempre di più. È successo durante il Covid-19, con l’ospedale in Fiera e con il centro vaccinale. È successo nella prima fase della guerra in Ucraina, quando la Fondazione ha organizzato una serie di attività a favore della fiera di Varsavia e di Poznan, mentre i profughi iniziavano ad affluire in Polonia senza portarsi nulla da casa, se non paura e disperazione. È successo di recente con le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina e la necessità di disporre di una pista da pattinaggio.
Il profilo nasce prima di tutto dalla sua natura di ente di diritto privato, che le permette di muoversi con agilità sconosciuta agli enti di diritto pubblico. Questa agilità, che già caratterizza le attività di medio e lungo periodo della sua gestione caratteristica, assume una valenza strategica ancora più particolare quando la Fondazione si misura con le emergenze, dovendo rispondere velocemente a situazioni difficili e assillanti. E diventa ancora più significativa se si considera che questa sua capacità – sia di pronto intervento sui traumi sociali e pubblici italiani e internazionali sia di pianificazioni di attività collaterali nei public goods materiali e immateriali – è finanziata attraverso i flussi di cassa annuali e la patrimonializzazione che, crescendo anno dopo anno, ha reso più solida la struttura del capitale.
Il primo elemento – insieme finanziario e “civile” – è reso possibile dall’assenza di obbligo, per la Fondazione Fiera Milano, di corrispondere dividendi ai suoi stakeholder, fra cui ci sono la Regione Lombardia e il Comune di Milano. Per questa ragione, tutti gli utili generati sono stati portati a patrimonio netto: dal 2018, primo anno della presidenza di Enrico Pazzali, il patrimonio netto è salito da 663 milioni a 740 milioni di euro. Si tratta, quindi, di un polmone finanziario molto corposo, che fornisce alla Fondazione i mezzi con cui appunto muoversi sulla scala cittadina, dove la Fondazione è interlocutrice dell’amministrazione guidata da Giuseppe Sala, sulla scala regionale, dove il rapporto con la giunta di Attilio Fontana è stretto, e sulla scala nazionale, oggi segnata dal primo governo presieduto da Giorgia Meloni.
Nel nuovo tempo storico determinato in Cina dal paziente zero di Wuhan e in Italia e in Europa dal paziente zero di Codogno, la Fondazione Fiera Milano ha avuto gli strumenti finanziari – oltre che manageriali – per ideare e allestire (su suggerimento di Guido Bertolaso) la prima terapia intensiva al di fuori di un ospedale. In dieci giorni, fra il marzo e l’aprile del 2020, si sono predisposti 55 letti di terapia intensiva nei padiglioni del Portello. In dodici giorni, ce ne sono stati 105. Alla fine, da questa struttura passeranno 538 pazienti gravi, seduti e intubati. L’ospedale in Fiera diventa un terreno di scontro violento fra chi sostiene la necessità di mantenere tutto all’interno degli ospedali e chi, invece, ritiene che possa essere utile adoperare spazi anomali come la Fiera e veicoli non specificatamente medici come la Fondazione. Allo stesso tempo, quei giorni sono segnati dal conflitto – e non dai pochi vicendevoli errori – fra Roma e Milano, fra il governo centrale e il governo locale. In ogni caso, però, tutti sono d’accordo sull’idea che, se il virus in quei mesi bui non è entrato a Milano ma si è fermato sui suoi confini, è stato anche grazie a questa struttura. Che, alla fine, è stata – in un passaggio drammatico per il mondo, in cui tutti hanno proceduto a tentoni – presa a modello in trentaquattro casi, il più importante dei quali è stato l’ospedale creato dentro la fiera di Berlino. I fondi raccolti sotto forma di donazioni per questa operazione sono ammontati a 24,9 milioni, di cui 22,9 milioni raccolti attraverso la Fondazione Comunità Milano. Peraltro, l’ospedale in Fiera ha consentito ai vertici guidati da Pazzali di costruire un rapporto con la famiglia Del Vecchio e con EssilorLuxottica: Leonardo Del Vecchio, durante la fase di fund raising, donò dieci milioni di euro, tecnicamente conferiti attraverso la Fondazione Comunità Milano.
Nello stesso periodo buio del Covid, quando Big Pharma ha trovato i vaccini, Fondazione Fiera Milano – in stretto rapporto con la Regione Lombardia, suo principale riferimento, e con una serie di istituzioni come il Politecnico di Milano allora guidato da Ferruccio Resta – ha immaginato un proprio modello per le vaccinazioni, partendo dalla constatazione della inefficienza di alcuni esempi che già avevano visto la luce: il modello inglese, basato sulla costruzione di hub giganteschi, e la campagna delle “primule”, i centri immaginati dal governo Conte, dall’architetto Stefano Boeri e dall’allora dominus di Invitalia, Domenico Arcuri. Al Portello e al Palazzo delle Scintille, viene così formato il maggior centro europeo, che alla fine permetterà a 2,5 milioni di persone di vaccinarsi.
Nell’aprile del 2022, due mesi dopo l’invasione russa in Ucraina, alle fiere di Varsavia e di Poznan iniziarono ad affluire e a trovare una prima sistemazione donne, anziani e bambini ucraini. Lo Stato italiano non riusciva a intervenire in maniera diretta. Su impulso del board dell’Ufi, l’Unione fiere internazionali, la Fondazione Fiera Milano ha organizzato – stimolando e raccogliendo le offerte delle imprese partner sue e della Fiera Spa – ventidue tir con centosettanta tonnellate di cibo, vestiti e giocattoli. Insieme alla Fondazione Progetto Arca, la Fondazione ha aperto a Milano Hub 126, un punto di prima accoglienza e di transito per settemila profughi ucraini, in particolare donne e minori.
Nell’ultimo periodo Fondazione Fiera Milano ha svolto una funzione suppletiva rispetto a un pezzo strategico delle strutture che serviranno alle olimpiadi invernali del 2026. L’Oval, necessario per il pattinaggio su ghiaccio, doveva sorgere a Baselga di Pinè, dove però alla fine la Provincia di Trento ha rinunciato. La Fondazione Fiera Milano si è offerta di realizzare spazi idonei, con l’unificazione dei padiglioni 13 e 15, dove fare sorgere la pista da pattinaggio, con un investimento di 15 milioni di euro. In questo caso, c’è anche e soprattutto un tema di eredità. Perché Milano avrà una struttura che oggi, nella sua articolata offerta di unica città hub europea, non ha. E, così, la città potrà ospitare gare di atletica indoor, tornei internazionali di tennis, concerti al chiuso e convegni con migliaia di partecipanti.
L’ufficio studi economici della Fondazione Fiera ha stimato il valore economico direttamente distribuito sul territorio e il valore economico più ampiamente generato per la comunità nazionale. Fra il 2019 e il 2022, il primo ha sfiorato – fra stipendi pagati, erogazioni sociali, tasse e commesse ai fornitori – i 110 milioni di euro. Negli stessi quattro anni il secondo, che include anche tutti gli altri ricavi del conto economico, è stato pari a 253 milioni di euro.
Il tema finanziario è fondamentale. Ma il profilo strategico della nuova natura della Fondazione Fiera Milano – quello che può fare per Milano, per la Lombardia, per il Paese - lo è ancora di più.
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