Dalle onorificenze italiane alle minacce a Roma: chi è Paramonov, nuovo ambasciatore russo
Ufficializzata la nomina con il decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso il suo gradimento
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Sergey Razov , ambasciatore in Italia da dieci anni, si appresta a lasciare Villa Abamelek, dove tra un mese arriverà Aleksej Vladimirovich Paramonov, la cui nomina è stata ufficializzata nel decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin . E il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso il suo gradimento.
Classe 1962, già console russo a Milano e finora direttore del dipartimento Europa del ministero degli Esteri russo, il nuovo ambasciatore a Roma era salito agli onori delle cronache un anno fa, per aver rilasciato all’agenzia di stampa Ria Novosti, a neanche un mese dall’inizio della guerra, un’intervista nella quale aveva parlato di «conseguenze irreversibili» nei rapporti tra Roma e Mosca se l’Italia avesse adottato altre sanzioni contro la Russia. Definendo tra l’altro l’allora ministro della Difesa Lorenzo Guerini un «falco» e l’«ispiratore» della campagna antirussa in Italia.
L’addio del «duro» Razov
Ora ci si interroga su quali saranno le implicazioni per i rapporti bilaterali, ormai ai minimi termini dopo l’invasione russa dell’Ucraina: sulla carta arriva una figura considerata moderata, rispetto a un falco che ha ingaggiato un aspro duello con le autorità e i media italiani, spezzando il filo della tradizionale amicizia tra i due Paesi. Razov, 70 anni, alla guida della sede di Roma dal 2013, ha sempre detto di «amare l’Italia», ma questo non gli ha impedito di calarsi perfettamente nella parte del duro dopo l’invasione dell’Ucraina. Ha accusato il governo Draghi e i giornali di “russofobia”, “disinformazione” (a cui è seguita una querela alla Stampa, poi caduta nel vuoto), e persino di “ingratitudine” per aver dimenticato gli aiuti di Mosca durante la pandemia. Ottenendo in cambio le proteste della Farnesina, che lo ha convocato per tre volte in sei mesi. Con l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, i toni del diplomatico russo non sono cambiati. Ed è arrivato ad accusare l’Italia di «essere parte del conflitto» per la sua fornitura di armi a Kiev. Con il corredo di una campagna di provocazioni via social a cui sono seguiti accesi botta e risposta con il ministro della Difesa Guido Crosetto.
Paramonov: dai toni moderati agli ultimatum
Al posto di Razov arriverà un altro diplomatico di lungo corso e con un’ottima conoscenza dell’Italia e della lingua. Il 61enne Paramonov ha stretto buoni rapporti con il tessuto economico italiano da console a Milano dal 2008 al 2013 e ha ricevuto due onorificenze: prima Cavaliere ordine al merito della Repubblica italiana (2018), poi Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia (2020). Titoli che riconoscono «particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con l’Italia». Diversi partiti hanno chiesto le decorazioni fossero revocate (come accadde per quelle conferite al presidente siriano Bashar al Assad dopo lo scoppio della sanguinosa guerra civile).
Paramonov ha mostrato il suo volto più dialogante accogliendo con favore gli sforzi di mediazione del Vaticano sull’Ucraina e confermando il canale aperto e riservato tra Mosca e la Santa Sede (tanto che nei mesi scorsi era stato in predicato di diventare ambasciatore russo Oltretevere al posto di Alexander Avdeev). Un aspetto che fa augurare alla nostra diplomazia un allentamento delle maglie sui visti per i nostri funzionari in attesa di andare a Mosca, a rafforzare l’ambasciata retta da Giorgio Starace, che al momento conta su appena cinque diplomatici, dopo le espulsioni dell’anno scorso.
Ci sono però segnali di valore opposto. Anche il moderato Paramonov, dopo l’inizio della guerra, ha utilizzato un linguaggio dai toni ultimativi nei confronti di Roma: «Le sanzioni non sono una nostra scelta. Non vorremmo che la logica del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, che ha dichiarato la totale guerra finanziaria ed economica alla Russia, trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili», affermava il prossimo emissario del Cremlino un anno fa.
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