Manovra 2023, i fattori che pesano: privatizzazioni, debito e crisi del Medio Oriente
La Legge di Bilancio è attesa sul tavolo del Consiglio dei ministri lunedì 16 ottobre
di Andrea Carli
I punti chiave
3' di lettura
C’è la crisi in Medio Oriente, con lo scontro tra Israele e Hamas. Ma a pesare sulla manovra che verrà ci sono anche un nodo “storico”, il debito, e una strategia per recuperare risorse, le privatizzazioni. Le audizioni sulla Nadef, la Nota di aggiornamento del Def, e sulla Relazione al Parlamento con cui il Governo chiede l’autorizzazione a rivedere il piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine, davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno posto l’accento su quegli aspetti che potrebbero avere delle ripercussioni negative sulla legge di Bilancio, attesa sul tavolo del Consiglio dei ministri lunedì 16 ottobre. Ancora prima il Governo ha convocato a Palazzo Chigi, venerdì 13 ottobre, le rappresentanze sindacali e datoriali per un incontro per l’esposizione del disegno di legge di bilancio in vista del varo in Cdm.
La guerra complica la Nadef
Il nuovo scenario di guerra in Medio Oriente rischia di complicare il quadro macro-economico su cui il governo ha improntato la prossima manovra di bilancio. Creando ulteriore “incertezza” e rendendo ancora più impervio un sentiero considerato già stretto. È quanto hanno sottolineato alcune istituzioni, dalla Banca d’Italia alla Corte dei Conti, che non hanno nascosto la preoccupazione di fronte a uno scenario inaspettato che potrebbe portare a rivedere i numeri fissati poco meno di due settimane fa nella Nadef. A sollevare il tema, aprendo la due giorni di audizioni, è stato il presidente del Cnel Renato Brunetta. Ora i saldi «saranno quelli indicati correttamente dalla Nadef pre-guerra o saranno ridotti?», si è chiesto l’ex ministro. Da parte sua, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. alla domanda se, alla luce della guerra, i saldi della Nadef potrebbero cambiare, ha risposto: «Noi abbiamo previsto degli scenari avversi, tra cui anche soprattutto l’aumento del prezzo del petrolio: vediamo la situazione come va, è chiaro che se la situazione peggiora, non solo in Italia ma a livello globale bisognerà fare altre riflessioni».
L’elevato debito pubblico riduce gli spazi di bilancio
Un altro fattore che complica la scrittura della legge di Bilancio è il debito pubblico. A porre l’accento su questo aspetto è stato in particolare il capo del Dipartimento di Economia e statistica della Banca d’Italia Sergio Nicoletti Altimari: ha sottolineato che il quadro macroeconomico prefigurato nella Nadef è «plausibile» ma «leggermente ottimistico». A preoccupare è soprattutto l’elevato rapporto tra il debito pubblico e il Pil: «Un serio elemento di vulnerabilità», ha detto, che «riduce gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi». Il debito allarma anche la Corte dei Conti. «Il perdurante stato di incertezza del quadro generale colloca ora la posizione debitoria del nostro Paese su un sentiero molto stretto», ha chiarito il presidente Guido Carlino, sottolineando la necessità di un «attento monitoraggio» affinché la «pur modesta» riduzione del debito/Pil programmata per il triennio «sia effettivamente conseguita».
Upb: incertezze su privatizzazioni, influiscono sul debito
Infine, l’incognita privatizzazioni. «Si faranno sicuramente sì, l’orizzonte è pluriennale, il se e il quando le decide il ministro dell’Economia», ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, presentando la Nadef. Su Mps, ha aggiunto, «stiamo valutando e valuteremo come e quando anche in un’ottica politica industriale», ma c’è anche «una valutazione sulle infrastrutture strategiche del Paese: in alcuni settori possiamo entrare, altri, non ancora toccati da societarizzazioni o privatizzazioni, potranno essere utilmente oggetto di questi processi». Pur validando il quadro programmatico della Nadef, l’Upb non ha risparmiato rilievi. Il problema, ha ricordato la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio Lilia Cavallari, in audizione sulla Nadef, è che «vi è incertezza sull’effettiva realizzazione del programma di dismissioni mobiliari, dal quale dovrebbero derivare proventi per almeno l’1% del Pil entro il 2026. Si tratta di importi rilevanti se si osservano i dati sulle privatizzazioni degli anni immediatamente precedenti la crisi pandemica».
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