Blu di Genova

Dallo sportswear al su misura: le nuove frontiere green del jeans

Mezzo millennio di variazioni sul tema e il salto a materia prima anche per l'haute couture. I prossimi capitoli: il denim custom washed e circolare.

di Silvia Paoli

Il jeans X004 parte della capsule di pezzi unici di INCOTEX BLUE DIVISION, neonata divisione denim del brand veneto, fotografata da Francesca Moscheni su manichino in marmo Irish Green con una quinta Silver Stream, entrambi di ANTOLINI.

4' di lettura

Casual. Ribelle. Quotidiano. Elegante. Da gran sera. Artistico. Va a finire che il jeans diventerà sacro. Sbagliato, lo è stato già, alle origini, a metà del 1500. Un jeans da altare? Esatto. La prova si trova nella sua città natale, Genova, dove si è tenuto a settembre il primo evento dedicato a questo “patrimonio” dell'umanità, GenovaJeans http://www.genovajeans.it : nel luogo in cui il tessuto è stato inventato (in una formula speciale con meno cotone e più lino, un fustagno tinto con indaco, chiamato blu jean, blu di Genova) si sono fatti convergere grandi produttori e piccoli artigiani, studiosi e ambassador della sostenibilità per rivendicare la “denominazione” d'origine del jeans, celebrare la sua storia, discutere i temi della lavorazione e dello smaltimento e riflettere sulla sua simbologia, che ha attraversato campi semantici e ambiti di appartenenza diversissimi: il lavoro portuale, di minatori e cowboy, i teli da cerimonia, le conquiste generazionali e di genere, i red carpet, gli atelier d'artista, fino ai musei. Partiamo da qui.

“Monaci in preghiera”, tela di lino indaco dipinta a tempera, metà XVI secolo, esposta al Museo Diocesano di Genova. L'opera è di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Al Museo Diocesano di Genova si trovano i teli con storie della passione di Cristo provenienti dalla locale Abbazia di San Nicolò del Boschetto. Si tratta di tele quaresimali, risalenti al 1530 circa, il cui scopo era quello di nascondere gli altari, i loro decori e dipinti, per far vivere ai fedeli con maggior raccoglimento il mistero della morte e risurrezione di Cristo. Le imponenti tele sagomate, avvolte dal buio del museo e pesanti della solennità delle scene rappresentate, hanno però un aspetto clamorosamente familiare. Avvicinandosi alla tela, osservandone il bordo, il dubbio di avere nell'armadio un tessuto non tanto diverso da quello di cinque secoli fa diventa una certezza. Ma cinque secoli non sono passati invano. Tra allora e oggi, in mezzo c'è la storia, del mondo e d'Italia, tant'è che i pantaloni di InJeans, una giovane startup genovese, per il modello da uomo Via Pre' si ispirano a quelli che Garibaldi indossò partendo da Quarto con i Mille: modello in fustagno blu, dalla mano leggera, con taglio sartoriale e bottone rosso.

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La tuta total denim, look 21 della prima sfilata Couture di BALENCIAGA, firmata Demna Gvasalia.

Nella parabola dell'ideale ritorno a casa del jeans, ci sta anche l'apparizione al Met Gala di New York di Lupita Nyong'o in un abito da sirena con strascico in denim, firmato Atelier Versace . Il tema ritorna nella mostra del Costume Institute In America: A Lexicon of Fashion. Nel lessico della moda americana, sicuramente i jeans sono un caposaldo dello stile e del lifestyle made in Usa, grazie al 5 tasche di Levi's e ai divi di Hollywood che li hanno portati. Però arrivano dall'Italia, come l'abito da gran sera di Atelier Versace in denim sagomato e sottogonna in georgette e cristalli.

Trench in canapa cotonizzata, LEVI'S RED (315 €).

Se il jeans sale verso l'alto, sul red carpet, l'haute couture scende invece verso il quotidiano grazie all'uso del denim. Lo hanno dimostrato le ultime sfilate di alta moda di Parigi, che hanno presentato diversi esempi di questo meccanismo scambiatore: la giacchina di fettuccia di jeans riciclato con fiori ricamati di Ronald van der Kemp (basso verso alto); i ricami opulenti e i coni d'oro applicati sul jeans liscio (alto verso basso), il rigore impeccabile della tuta in denim di Balenciaga Couture , dove il materiale, lavorato su telai americani in Giappone e tinto a mano, ha cuciture d'argento, un concentrato di lusso quotidiano.

“Tre caravelle tre” (2020), tecnica mista su tela jeans Candiani Denim, Emilio Isgrò. Le opere fanno parte del corpus costitutivo del nuovo Museo Internazionale del Jeans e sono raccolte anche nel volume “Arte Jeans, storia di un mito nelle trame dell'arte contemporanea”, a cura di Ursula Casamonti e Francesca Centurione Scotto, Vanilla edizioni (25 €).

Al Metelino, edificio presso il porto di Genova in cui prenderà vita il Museo Internazionale del Jeans (attraverso donazioni di artisti contemporanei che si cimentano con il denim come materia prima), incontro un'opera che mi fa pensare ai teli del 1500: il duo di artiste Goldschmied & Chiari ha riprodotto su tela una foto dei genitori di Sara Goldschmied (il papà, Adriano, è uno dei padri fondatori del jeans italiano): il ritratto è creato con una stampa laser firmata Tonello (azienda specializzata in tecnologie per lavaggi, trattamenti e finissaggi di capi) su tela Candiani Denim .

“Senza Ali Senza Reti” (2020), pittura su tela Candiani Denim, Giovanni Ozzola.

Figure umane in bianco e blu, una resa quasi fotografica per nitidezza di dettagli e contorni che, però, non è una stampa. Alice Tonello, direttrice marketing, ricerca e sviluppo dell'azienda, mi spiega l'origine di quel processo: «Fu per primo mio zio, fondatore dell'azienda, a incontrare i tecnici della Kodak – a Las Vegas nel 1995 – che gli parlarono di questa tecnologia: grazie a un raggio che crea calore si va a sublimare l'indaco superficiale e a rimuoverlo, in modo da ottenere ogni tipo di sfumatura e far assomigliare il risultato a una stampa. Inizialmente veniva usato al posto della carta vetrata per creare delle abrasioni e il conseguente effetto usato, ora serve per striature ed effetti grafici». Pattern particolareggiati si possono quindi “disegnare” con il laser, aprendo ai creativi la possibilità di un denim fantasia. Mentre al consumatore si apre la strada di un jeans sartoriale, non solo nella scelta del tessuto e del modello (già visto), ma nella decisione di lavaggio, trattamenti e finissaggi, in modo da avere un capo unico anche sotto questo aspetto. In collaborazione con Tonello, Candiani Denim ha creato a Milano la MicroFactory di jeans su misura, dove è possibile assistere a tutto il processo abitualmente nascosto al consumatore. Custom washed, oltre che made.

“I Goldschmied, 1973” (2020), stampa laser su tela jeans Candiani Denim, Goldschmied & Chiari.

Il prossimo obiettivo del denim è fare da anello di congiunzione tra ambito industriale e agricolo. «Il nostro tessuto Coreva», dice Alberto Candiani, presidente di Candiani Denim, azienda che produce denim dal 1938, «non contiene i polimeri sintetici derivati dal petrolio, che sono stati usati finora per il jeans elasticizzato e che rendevano il tessuto non biodegradabile, ma elastomeri naturali con le stesse prestazioni tecniche di quelli sintetici. A questo punto, a parte bottoni, etichette e cuciture (che devono essere realizzate con filati naturali), il cotone del paio di jeans, a fine vita, potrebbe essere usato come biofertilizzante per gli stessi campi di cotone, creando una perfetta circolarità». Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di blu, qualcosa di italiano, qualcosa di americano. Questo è oggi il jeans. Sintetizzando, tutto quello che sta nel trench della nuova collezione Levi's Red: volumi workwear enfatizzati, canapa cotonizzata italiana, tasche oversize, cuciture ritorte, patte a strati per un effetto patchwork di diversi toni di blu.

Lupita Nyong'o indossa, per il Met Gala 2021, un abito in denim sagomato e sottogonna in georgette e cristalli, ATELIER VERSACE.

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