intervista a Marco Gabusi

«Danni per 45 milioni ma Roma ne riconosce meno della metà»

Parla l’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte

di Filomena Greco

3' di lettura

Un autunno “nero” in Piemonte per i danni del maltempo. Con una situazione che non è ancora tornata alla normalità, almeno dal punto di vista della viabilità, e una conta dei danni che va avanti da giorni. «Gli eventi franosi rappresentano la prima emergenza per il Piemonte» spiega l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi, un passato da amministratore locale – è stato sindaco di Canelli e presidente della provincia di Asti – e dalla primavera scorsa alla guida di uno degli assessorati chiave della Giunta Cirio. «Abbiamo almeno un centinaio di interventi – spiega – già finanziati dal Cipe per 75 milioni ma ancora bloccati».

A quanto ammonta la stima dei danni più urgenti?

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C’è da dire che nell’arco di poco più di un mese in regione abbiamo registrato due eventi calamitosi, tra ottobre e novembre. Nel primo caso abbiamo quantificato in 17 milioni gli interventi urgenti per ripristinare le condizioni minime di agibilità del territorio, somma che ci è stata riconosciuta interamente da Roma. Per l’alluvione del 23 e del 24 novembre scorsi invece abbiamo indicato in 45 milioni gli interventi urgenti ma il Governo ci ha riconosciuto soltanto 19 milioni. Stiamo monitorando il dossier per portare avanti le nostre istanze su situazioni che consideriamo importanti. Entro fine anno presenteremo una stima delle risorse necessarie per affrontare non l’emergenza ma le necessità principali del territorio. Eventi franosi ed esondazioni, soprattutto dei rii minori, hanno rappresentato l’emergenza sul territorio piemontese.

Tra il 23 e il 24 novembre il Piemonte ha dovuto chiudere 130 strade. Una specie di paralisi. Come si è rimesso in piedi il sistema della viabilità secondaria?

Nei giorni dell’emergenza interi territori, soprattutto in Valle Belbo e in Valbormida, sono rimasti isolati. Ad Acqui Terme ad esempio si arrivava solo da una strada, le altre quattro erano tutte impraticabili, per ore non è stato possibile accedere in Liguria dal territorio piemontese, la città di Alessandria, per citare un altro esempio, ha dovuto chiudere i ponti di accesso alla città e non è stato l’unico caso.

Si parla della burocrazia che schiaccia l’azione dei sindaci ma anche della lentezza delle procedure in capo agli enti locali. Con la sicurezza però non si scherza, come si esce dall’empasse?

Intanto penso che sulla partita del dissesto non serve il rimpallo di responsabilità, non serve rivendicare ad ogni livello il proprio operato o le proprie ragioni. Serve piuttosto serietà nell’analisi. Non siamo soddisfatti di quello che finora è stato fatto e gli eventi delle scorse settimane dimostrano che gli interventi fatti in passato non sono stati sufficienti a ridurre i rischi sul territorio. Abbiamo in Piemonte un centinaio di interventi già finanziati dal Cipe per circa 75 milioni, completamente bloccati perché manca ancora il Decreto del Consiglio dei ministri per l’assegnazione delle risorse. Dall’altro lato però, per il 99% di questi interventi destinati alla messa in sicurezza del territorio non è stata avviata la fase di progettazione perché molto spesso i sindaci non hanno in casa le competenze tecniche per poter gestire questi interventi e non hanno le risorse per assegnare a professionisti esterni i progetti. La scelta di abolire le province ha acuito ancora di più il problema. È qui che la macchina si incaglia, e non serve rivendicare a tutti i livelli il proprio buon operato, serve piuttosto trovare un modo per superare le difficoltà. Ad esempio anticipando agli amministratori una parte delle risorse, una volta che il Cipe ha approvato gli interventi, per poter avviare in fretta la progettazione.

Come sarebbe necessario procedere allora?

Faccio una provocazione, per sei mesi non stanziamo più risorse ma concentriamoci, a tutti i livelli, a velocizzare le procedure e spendere il denaro che è fermo. In questo momento siamo ancora in una fase di emergenza: non abbiamo più aree isolate ma abbiamo ancora molte provinciali parzialmente bloccate, che costringono operatori e cittadini ad allungare i tempi, e strade con limiti di carico, con problemi soprattutto per le aziende di trasporto.

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