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Data center sempre più green, efficienti e attenti al riuso

L’associazione che riunisce la filiera italiana punta alla neutralità climatica

di Alexis Paparo

 Il data center Ml5 di Equinix, progettato da Arup

3' di lettura

«La richiesta di data center è in aumento di circa il 20% anno su anno», esordisce Alessandro Mancini, Head of Industrial & Logistics Italy di Cushman & Wakefield, società che in Italia assiste la quasi totalità delle consulenze nel settore. «Dei circa 1,5 milioni di mq passati di mano negli ultimi anni, 400mila mq di transazioni sono avvenute nel 2022, fra cui spicca quella di Compass-Hines a Noviglio, per circa 200mila mq e 100 Mva (Megavoltampere) di potenza», spiega Mancini. Entrando nei dettagli dei mercati, «la potenza attiva a Milano è di circa 420 Mva, a cui si aggiungono 630 pianificati e 440Mva opzionati, con il potenziale per arrivare entro 24 mesi a 1.500 Mva», aggiunge Mancini, ma stanno emergendo altri poli di sviluppo, come Roma e i mercati legati alle connessioni dei cavi sottomarini: Palermo-Genova; Napoli; Bari e Catania. L’Italia è strategica come punto di connessione tra Africa e FLAP (Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi, le piazze europee più consolidate).

Fra le tendenze emergenti, è crescente l’attenzione ai criteri Esg, uno dei focus di Ida (associazione italiana dei costruttori e operatori di data center), nata a gennaio 2023 dal sodalizio dei principali operatori del settore fra cui Microsoft, Equinix, Rai Way, Cbre Data Centers, e presieduta da Emmanuel Becker, managing director di Equinix Italia. A poco più di quattro mesi dal debutto, l’associazione conta oltre 70 membri. «La filiera ha un fatturato annuo di circa cinque miliardi di euro e dà lavoro a oltre 17mila persone», spiega Becker, che sottolinea le potenzialità italiane: «A fine 2022, la quota di mercato italiana, considerando i sette principali mercati europei, si aggira intorno all’8% della potenza. L’Italia ospita circa il 13% dei 1.300 data center europei , ma ha un tasso di crescita a doppia cifra, molto superiore a quello dei FLAP-D (“D” sta ad indicare Dublino, ndr), fra il 4 e l’8 per cento».

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Il gap infrastrutturale italiano può però trasformarsi in opportunità. Becker sottolinea che «tutti i data center costruiti dopo il 2020, quando c’è stata una presa di coscienza delle problematiche legate al costo dell’energia, sono più efficienti by design. Inoltre, sempre più aziende si affidano a professionisti del settore, passando da on-premise a off-premise, confluendo in edifici ottimizzati. E a riqualificare strutture difficili da spostare, migliorandone le performance». Ida ha da poco firmato il Climate neutral data center pact, un’iniziativa Ue che coinvolge i principali attori del settore dei data center. I punti sono molto ambiziosi. Il primo è l’efficientamento energetico certificato da un revisore esterno, puntando a un Pue (l’indicatore usato per misurare l’efficienza energetica di un data center) di 1,3 entro il 2025 o 2030 (la media globale 2022 è 1,5, dati Statista, ndr). Seguono l’acquisto del 100% di energia green, le iniziative per il risparmio idrico e per convogliare il calore prodotto verso altre aree, per esempio edifici pubblici (Equinix lo fa da oltre dieci anni nei suoi data center di Helsinki e ha in atto piani di teleriscaldamento per i suoi edifici di Ginevra e Milano). Infine, l’impegno a riparare, riutilizzare e riciclare i server nel corso del ciclo di vita. Su questo punto, Becker sottolinea che Ida sta procedendo a un’analisi del mercato per identificare numeriche e linee guida per riparazione e riuso, interfacciandosi con i colleghi delle principali associazioni di categoria in Europa. Ma molte aziende associate già oggi portano avanti azioni di riciclo generazionale dei sistemi IT. «A livello di contabilità delle emissioni, si stanno facendo grandi sforzi per andare verso lo Scope 3. Abbiamo attivato cinque tavoli di lavoro, di cui uno dedicato alla sostenibilità, che comprende recupero del calore, incremento di Ppa (accordi di lungo termine per la fornitura di energia rinnovabile), e iniziative per impiegare generatori meno impattanti. Del gruppo di lavoro fanno parte 22 aziende delle 70 socie, ma solo perché abbiamo subito raggiunto il limite dei posti disponibili», conclude.

Infine, Becker dà anche qualche numero sui data center di Equinix, che ha 248 strutture distribuite in 32 Paesi. «Nel 2022 l’azienda ha consumato 7.750 Gw/h di elettricità (+ 9%). Il 96% del consumo è stato coperto da energia rinnovabile. L’obiettivo è il 100% entro il 2030, traguardo già raggiunto nei quattro data center italiani, costruiti fra Milano e Genova riqualificando aree dismesse». Becker spiega che gli attuali obiettivi per il Pue variano da 1,20 a 1,40, per un guadagno medio di efficienza dell’8-10%, e segnala che, dal 2019, Equinix ha ridotto il suo Pue medio globale da 1,54 a 1,46. «Nel 2022, l’azienda ha investito 45 milioni di dollari in progetti di efficienza energetica, che hanno contribuito a evitare 69mila Mw di consumo, ovvero la quantità di carbonio emessa da circa 11mila automobili che percorrono 125 milioni di chilometri. Forti di questo, sappiamo che gli obiettivi di Ida sono raggiungibili».

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