STRATEGIE E FORMAZIONE

Dati, conoscenza, autonomia e flessibilità: come creare valore con il digitale

A colloquio con Brian A. Wong, imprenditore e angel investor oltre che docente della Business School del colosso cinese Alibaba

di Gianni Rusconi

(REUTERS)

4' di lettura

L’economia digitale, fra le sue tante espressioni, è considerata un passaggio evolutivo verso un modello di business capace di focalizzarsi sulla creazione di un valore condiviso e inclusivo. Ma per emergere e crescere in uno scenario segnato dalle nuove tecnologie servono competenze. Per questo è nato l’Alibaba Netpreneur Masterclass Italy, un percorso di formazione dedicato alla comprensione dei fondamentali di questo fenomeno e che ha debuttato in Europa proprio nel nostro Paese (in collaborazione con Netcomm), lo scorso maggio.

Fra i docenti ingaggiati dalla Business School del colosso cinese c’era anche Brian A. Wong, in Alibaba per oltre vent'anni (fino al 2020) ricoprendo fra gli altri il ruolo di direttore esecutivo dalla Global Leadership Academy. Oggi è imprenditore e angel investor, founder e Chairmain della digital media company Radii nonché Young Global Leader del World Economic Forum. Con lui abbiamo condiviso alcuni spunti di riflessione sul rapporto fra digitale e azienda.

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La sua definizione di economia digitale?
“Digitale” è una keyword che ha dominato il dibattito pubblico per anni ma ancora non c’è un modo univoco per definirla. Io la penso come ogni aspetto dell’economia tradizionale le cui funzioni possono essere tradotte in dati quantificabili in modo che questi processi possano operare in modo più efficiente e intelligente in un sistema integrato e connesso. Non esiste un’unica economia digitale e diversi Paesi hanno sviluppato i rispettivi modelli e framework.

Ci fa un esempio?
L’economia digitale cinese è stata influenzata da fattori chiave come il commercio, la finanza, la logistica e i big data, che creano opportunità per quelle parti di popolazione che precedentemente non vi avevano accesso. Oggi si è estesa e tocca virtualmente ogni aspetto delle nostre vite e grazie a un’infrastruttura tecnologica e peculiarità sistemiche, la Cina è diventata un laboratorio per le aziende che vogliono sperimentare strumenti e formati digitali. Il potenziale della digital e platform economy è enorme.

Le competenze sono un asset strategico, ma spesso gli investimenti in formazione sono insufficienti: perché questa dicotomia?
Ci sono una serie di potenziali barriere che impediscono all’istruzione di portare a risultati tangibili. La carenza di fondi per supportare iniziative imprenditoriali dedicate è una di queste. Le scarse opportunità per mettere in pratica la conoscenza acquisita è un altro ostacolo, perché spesso le competenze vengono apprese ma non sono completate da opportunità di lavoro o di tirocinio adeguate. Infine la mancanza di modelli da seguire che diano sicurezza e ispirino sulle possibilità di avere successo.

La ripartenza post Covid 19 è necessariamente legata all'uso delle nuove tecnologie?
La pandemia ci ha portati ad apprezzarne maggiormente i benefici per risolvere molte delle sfide causate da una situazione di crisi. I tassi di adozione delle tecnologie digitali sono cresciuti in quasi tutti i Paesi del mondo, proprio perchè le aziende sono state costrette a trovare nuovi modi per mantenere l'operatività. E questa è stata una lezione molto importante soprattutto per le piccole e medie aziende. Ma sebbene la digitalizzazione stia diventando sempre più un tema centrale, molte Pmi ancora faticano ad avviare un processo di trasformazione lineare e a colmare il gap. Serve quindi unire le forze per trovare soluzioni comuni che possano finalmente generare crescita per gli attori più piccoli e un’iniziativa come l’Alibaba Netpreneur Masterclass va per l’appunto nella direzione di creare “facilitatori digitali” in grado di influenzare la visione strategica dell’azienda nel lungo periodo, esplorando e sperimentando nuovi modi di utilizzare le tecnologie dentro e fuori l’organizzazione.

Il paradigma della trasformazione digitale è destinato a cambiare? E come?
È un paradigma che sta solo iniziando a emergere. Man mano che evolve, le società possono scoprire i vantaggi che può portare, ma è possibile che il principio del gioco a somma zero sarà messo in discussione quando ci renderemo conto che la natura dei dati non è antagonista bensì rinnovabile, consentendo così a più persone di utilizzarli contemporaneamente per scopi produttivi. È altresì possibile che emergano nuove sfide, in modo particolare su temi come la protezione dei dati e la privacy e le implicazioni etiche dell'impatto delle tecnologie sulle nostre vite. Avremo quindi bisogno di impiegare un insieme di competenze e modi di pensare completamente nuovi per gestire e controllare la nuova economia digitale.

Creare valore in modo inclusivo: le medie aziende sono pronte a questa sfida?
La leadership e la gestione aziendale avranno bisogno di spostarsi da una mentalità legata all’economia tradizionale, fatta di produzione in massa, standardizzazione, gerarchia e approccio top-down, a una legata all’economia digitale, in cui prevalgono personalizzazione, differenziazione, collaborazione sociale orizzontale. Occorre subito capire come dare ai propri dipendenti la libertà di lavorare in modo più autonomo e creativo, mantenendo al contempo un obiettivo comune attraverso una vision e una cultura aziendale condivise. Le aziende di medie dimensioni dovranno evolvere per essere più flessibili: non si parla più di “se”, ma di “quanto velocemente”.

Come si allena la propensione al cambiamento?
La prima cosa da fare è comprendere che non c’è alternativa a sopravvivere come azienda se non cambiare e innovare. La seconda è riconoscere il vantaggio naturale che si ha come individuo, azienda e Paese e utilizzare la tecnologia per sfruttare questi vantaggi su scala globale. La terza è studiare come i Paesi che hanno iniziato da zero siano riusciti a innovare con nuovi modelli, per poi immaginare quale alternativa sarebbe possibile per il proprio mercato. Ultima, trascorrere più tempo con persone sotto i 34 anni e ascoltare le loro idee e capire come integrarle nel proprio business.

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