RICERCA BCG

Dati, tecnologia, analisi: la pandemia ha trasformato i Chief financial officer

L’evoluzione a breve termine riguarda il digitale, una revisione profonda della funzione Finance e l’introduzione o estensione di planning di scenario

di Gianni Rusconi

(REUTERS)

3' di lettura

L’agenda di molte aziende, a livello strategico e operativo, è cambiata radicalmente negli ultimi dodici mesi, imponendo fattori come la sostenibilità della crescita e la capacità di adattamento dinamico in cima alla lista delle priorità. Complice la pandemia e la conseguente accelerazione del processo di evoluzione organizzativa e di business, tutti i ruoli del management sono stati interessati (a vario livello) da una forte discontinuità, compreso quello del Chief Financial Officer.

Come osserva Edoardo Palmisani, Managing Director e Partner di BCG, il processo di cambiamento del ruolo dei Cfo “era già in atto e l’emergenza Covid-19 ha agito da catalizzatore di alcune trasformazioni nella funzione Finance”, ma l’applicazione sistematica delle nuove tecnologie e l’introduzione di modelli di lavoro agili “erano temi prioritari già in precedenza, così come l’evoluzione del ruolo del Finance nel processo di gestione dei dati, un asset sempre più fondamentale per le aziende”.

Loading...

Un recente studio su scala globale della stessa BCG (“Reframing the CFO function in Space and Time”) ha provato a fare luce su questa figura e sulle ragioni di un cambiamento di visione resosi necessario per ridefinire questa funzione nel “tempo” e nello “spazio” di azione. Del campione di 164 direttori finanziari oggetto di indagine, innanzitutto, la quasi totalità si trova oggi nella condizione di dover adattare il budget per rispondere alle evoluzioni del mercato, sta pianificando interventi su costi e cassa sta aumentando il focus sull'efficienza.

Guardando al proprio ruolo in azienda, praticamente tutti i Cfo (il 94%) pensano sia necessario un cambiamento di breve termine rispetto a direttrici quali la trasformazione digitale (indicata nel 64% dei casi), una revisione profonda della funzione Finance (46%) e l’introduzione o l’estensione di planning di scenario (44%). Nel lungo termine, invece, circa la metà dei manager intervistati (il 46%) vedono soprattutto un maggiore orientamento al business della loro attività.

Il fatto che due terzi dei Cfo evidenzino come priorità la trasformazione digitale e meno della metà una trasformazione della funzione Finance si spiega, a detta di Palmisani, per una semplice ragione: “L’applicazione delle nuove tecnologie ai processi finanziari dell’azienda ha benefici potenziali significativi che possono maturare in orizzonti temporali anche ristretti. Basti pensare - aggiunge Palmisani - all’introduzione della robotica nelle attività più ripetitive per migliorarne da subito l’efficienza, oppure all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per analisi complesse difficilmente replicabili da un umano. Diversamente, una trasformazione più olistica della funzione, che intervenga su modelli operativi, organizzazione e persone, richiede più tempo per dare i suoi frutti, perché è legata a un cambiamento alla base che è la cultura della funzione. E non tutti i Cfo sono propensi ad intraprendere percorsi di trasformazione così lunghi”.

Solo un quarto dei responsabili finanziari, come riporta lo studio, adotta in effetti modelli di lavoro flessibili con risultati evidenti sulle attività di business in termini di maggiore efficienza ed efficacia e contenimento dei costi. Se le migliori performance si evidenziano tra chi è maggiormente focalizzato sul paradigma “agile” e su attività prospettiche come l’analisi avanzata dei dati e la business intelligence, perché una percentuale così limitata di Cfo ha già scommesso in questa direzione? La risposta a questa domanda va trovata, ancora una volta, in una chiave culturale.

“Passare a modelli di lavoro agili - puntualizza infatti Palmisani - richiede l’introduzione di nuove modalità di collaborazione, nuove competenze e nuovi ruoli e senza il sostegno dell’intera organizzazione i benefici di una simile trasformazione rischiano di rimanere sulla carta. E se ottenere il pieno coinvolgimento delle persone richiede tempo, molti Cfo necessitano inoltre di supporto per definire una chiara strategia per affrontare anche i passaggi più complicati del percorso di cambiamento”.

Per navigare (senza perdersi) in un contesto in rapida evoluzione, i Cfo sono quindi chiamati a diversi passi in avanti. Uno di questi, secondo lo studio, è il miglioramento dei processi e delle capacità per far fronte all’incertezza nel breve termine e per puntare a un percorso sostenibile di lungo temine, che guardi al di là del tradizionale orizzonte di pianificazione di 3-5 anni e e quindi all’ecosistema aziendale che comprende partner, clienti e fornitori.

Altri due “task” riguardano la lungimiranza verso una visione di lungo periodo che punta a organizzazioni più snelle, efficienti e digitalizzate e l’assunzione di un approccio olistico che abbracci un programma di trasformazione delle diverse attività in azienda, dalla strategia It al modello operativo. In generale, come conclude Palmisani, “servirà superare il tradizionale paradigma di miglioramento incrementale e integrare sempre più una lente che guardi alla sostenibilità di lungo periodo, dato il peso sempre più rilevante che questa componente sta assumendo agli occhi degli investitori. I Cfo italiani sono pronti al cambiamento? Assolutamente sì, anche perché l’elemento di incertezza legato all’innovazione si sta assottigliando”.

Riproduzione riservata ©

loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti