David Leavitt: “Mi preoccupa la deriva fascista degli Stati Uniti”
Per lo scrittore premiato a Orbetello «Il giudice Thomas è forse l'uomo più pericoloso in America al momento. Un demagogo che dovrebbe essere messo sotto accusa»
di Stefano Biolchini e Matteo Bianchi
3' di lettura
Ad aggiudicarsi la prima edizione dell'Orbetello Book Prize, conclusasi ieri sera nei Giardini Chiusi del comune, è stato Antonio Pascale con il romanzo “La foglia di fico”, pubblicato da Einaudi nei Supercoralli. La menzione speciale della giuria presieduta da Paolo Di Paolo, invece, è stata attribuita a “Lingua madre” (Italo Svevo) di Maddalena Fingerle. Il premio toscano, ideato e organizzato da Andrea Zagami per volontà dell'assessorato alla cultura e al turismo, è stato concepito con il proposito di occuparsi del percorso all'estero della letteratura italiana contemporanea. E ha voluto omaggiare lo scrittore David Leavitt, conferendogli il tributo alla carriera.
Finalmente fuori dal coro, nel 1986, con “La lingua perduta delle gru” Leavitt stigmatizzò l'ipocrisia della società statunitense che nascondeva i sentimenti autentici sotto il tappeto, preferendo impulsi e deviazioni, e tutto ciò che sarebbe stato parificato a una sensazione, a un brivido sull'epidermide. Il romanzo in questione anticipò di oltre un decennio “American beauty” (1999), la pellicola da Oscar che divulgò un messaggio analogo nei botteghini occidentali, dimostrando quanto i sensi di colpa siano rimasti uno strumento di coercizione di massa. E pur ammettendo di non aver letto “Pastorale americana” (1997) di Roth né “Le correzioni” (2001) di Franzen, l'autore continua a considerare le famiglie medioborghesi americane disfunzionali per la collettività.
Il decoro
Ne “Il decoro” (2020), l'ultimo dato alle stampe, si è concentrato sulla generazione per cui un'estetica incosciente e inconsistente avrebbe sbranato progressivamente qualsiasi precetto etico. Leavitt identifica negli elettori di Donald Trump i figli del boom economico, ovvero chi vive nel presente la presunzione della propria immortalità, e piuttosto di scorgere il minimo cambiamento all'orizzonte s'imbottisce di ansiolitici.
Leavitt, oggi fare outing davanti ai propri genitori non è più impattante com'era negli anni Ottanta. I tempi non sono più quelli di Philip e della sua crisi d'identità causata dal rifiuto del padre Owen. Tuttavia quali difficoltà rimangono per chi sceglie di accettarsi senza riserve?
“Dipende dalla cultura del paese di appartenenza, dalla famiglia di origine e dagli amici incrociati sul cammino. L'ambiente gay non è più una nebbia mistica come allora: grazie alla tv e ai social le persone lgbt+ sono più visibili. Anche la legalizzazione del matrimonio tra individui dello stesso genere ha legittimato partnership che per anni sono state malviste. Premesso questo, la situazione per un russo o per un nigeriano, ad esempio, è molto più difficile rispetto a quella di un americano o di un italiano. Anche fare coming out è un'esperienza intensamente personale, vincolata all'attitudine e ai valori di chi ci si rivolge”.
Sono 152 le vittime di omofobia registrate in Italia nell'ultimo anno. E questa violenza assurda quanto implacabile ha radicato in tanti esponenti della comunità lgbt+ la tendenza ad arroccarsi socialmente. Ma non sarebbe dannoso per qualsiasi individuo sentirsi perennemente una vittima, rischiando moti di rivalsa inutilmente divisivi?
“Ovviamente fare coming out comporta un rischio che, a mio avviso, vale la pena correre. Meglio rischiare e lottare rispetto a sopravvivere nascosti”.
Riguardo al dibattito sull'uso dell'asessuato “scwa” in scrittura e sulle pretese della ‘cancel culture': siamo sicuri che i diritti e i giusti riconoscimenti passino di qui e non si tratti solo dell'ennesima maschera conformista che non giova né alla letteratura, né al cinema, né tantomeno alla società?
“Ho svariati amici americani più giovani di me che hanno deciso di usare il pronome ‘loro' quale presa di posizione per rimarcare il rifiuto della distinzione tra maschile e femminile, tra gay ed etero. E francamente li ammiro per essersi assunti questa responsabilità. Ho sempre ammirato chi persegue i propri ideali con coraggio. Comunque sia, resta il pericolo che gli individui avvezzi ai pregiudizi possano essere trascinati a discutere animatamente proprio in base alla scelta del lessico, alla scelta dei pronomi. Tuttavia i pronomi cessano di avere un significato quando il palazzo in cui si sta discutendo viene bombardato”.
Lo scorso 24 giugno la Corte Suprema ha decretato che in America l'aborto non è più un diritto costituzionale: da adesso la decisione spetterà ai singoli Stati. È la gravosa eredità dei mandati di Bush e Trump. Quali effetti sta suscitando tra la popolazione?
“La decisione è terribile a molti livelli diversi ed è davvero difficile capire da dove cominciare per contrastarla. È cruciale che la Corte Suprema abbia tolto un diritto concesso alle donne da una sentenza precedente. Le conseguenze saranno disastrose e condurranno alle morti inutili delle donne che tenteranno di abortire in modo illegale”.
Secondo il giudice Thomas, inoltre, si prospettano restrizioni tra i matrimoni gay. Cosa ne pensa?
“Il giudice Thomas è forse l'uomo più pericoloso in America al momento. Un demagogo che dovrebbe essere messo sotto accusa. Le visioni conservatrici dei membri della Corte Suprema, incluse quelli pro Bush, non riflettono quelle della maggioranza degli americani. Questa decisione è un altro segnale che l'ala di estrema destra esercita un'influenza indebita, senza tralasciare quanto sia ben organizzata. Attraverso la manipolazione i suoi membri hanno reso più difficoltoso votare ed è verosimile che i repubblicani riescano a prendere il controllo della Camera dei rappresentanti. La mia speranza è che l'avversario di Roe v. Wade indigni la sinistra al punto che i suoi componenti (compreso me) si mobilitino per ottenere più potere alle elezioni. La tendenza dell'elettorato, ahimè, sta slittando inesorabilmente verso destra. E io ho paura e sono molto arrabbiato”.
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