ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAccoglienza

Ddl affitti brevi: «Minimo due notti nei comuni turistici e sanzioni agli abusivi»

Il disegno di legge Santanchè – condiviso con gli operatori del settore – punta su un codice identificativo nazionale e a disciplinare la figura dei property manager. Obiettivo, restringere il Far West delle locazioni brevi

di Paola Pierotti

Sugli affitti brevi una proposta di legge entro giugno

6' di lettura

Caos affitti brevi? L’ufficio legislativo del ministero del Turismo, Daniela Santanchè, ha licenziato in queste ore, e condiviso con gli operatori del settore, il Ddl che punta a «fornire una disciplina uniforme a livello nazionale volta a fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento». Tra le questioni determinanti quella delle sanzioni, previste dall’articolo 6, demandate ai Comuni e alle autorità di pubblica sicurezza, «ognuno per la propria competenza».

Un codice identificativo nazionale

In particolare, con l’articolo 3 (Codice identificativo nazionale) il Ddl Santanchè contrasta la frammentazione della normativa regionale e rende obbligatorio il Codice Identificativo Nazionale (Cin) rispetto ai venti Codici identificativi regionali (Cir) attualmente esistenti. Sarà obbligatorio anche per le Ota (online travel agency, le agenzie turistiche online) e sono definite delle sanzioni, con l’articolo 6, a carico di tutti i soggetti (Ota, proprietari e property manager) che lo disattendano.

Loading...

Dal soggiorno minimo al property manager

Con l’articolo 4 (Limitazioni delle locazioni per finalità turistiche) si introduce un soggiorno minimo di due notti (minimum stay) per i Comuni ad alta densità turistica che, secondo Istat, sono poco meno di un migliaio sui 78.882 comuni italiani.

Ancora, il ddl apre la strada al riconoscimento ufficiale della figura del property manager con l’articolo 5 (Locazione per finalità turistiche in forma imprenditoriale) in cui si demanda all’Istat l’apertura di un Codice Ateco specifico per la categoria confermando l’obbligatorietà per i property manager di agire da sostituto d’imposta, raccogliendo e versando per conto dei proprietari la cedolare secca.
Non solo, la nuova norma prevede espressamente che il property manager possa richiedere l’apertura della Scia in nome e per conto del proprietario, cosa non consentita, attualmente, ad esempio, dal Comune di Roma.

Il punto di vista di Aigab

Sull’articolo 2 («Locazione per finalità turistiche») dove si fa esplicito riferimento a soggetti «che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici», facendo ritenere che gli immobili promossi tramite affitti brevi possano essere gestiti esclusivamente da i proprietari stessi, comunemente detti gli host; da property manager, a patto che siano dotati di una agenzia immobiliare; da portali telematici, comunemente dette Ota, tra cui ovviamente si devono intendere anche tutti i portali di promozione gestiti dai property manager stessi, entra nel merito l’Aigab (l’Associazione italiana gestori affitti brevi). «Si mantiene inalterato l’onere per l’intermediario o il gestore che incassa per conto del proprietario di raccolta e versamento della cedolare secca, come definito dal dl 50 del 2017 per il quale – commenta Marco Celani, dal 2016 amministratore delegato di Italianway e presidentedi Aigab – è ancora pendente la controversia presso la Corte di Giustizia europea con Airbnb».

All’articolo 3 il legislatore introduce, o meglio riafferma l’obbligatorietà di un codice identificativo nazionale, il Cin, che viene chiarito, che può essere chiesto dal proprietario o da un gestore. «Si tratta di un importante riconoscimento al ruolo dei gestori che esplicitamente possono, come già avviene in molte regioni italiane – dice il presidente Aigab - diventare gli intestatari del Cin, sbarrando la strada ad alcune amministrazioni che oggi vietano incomprensibilmente ai gestori che agiscono in forza di un contratto con i proprietari quali loro delegati nella gestione dell’immobile».

Un elemento di novità, sotto la lente degli operatori, è che il Ddl stabilisce che il codice identificativo nazionale sostituisce quello regionale, anche quando ne è stato assegnato uno, affermando la supremazia del diritto del ministero del turismo a centralizzare l'attività di raccolta informazioni, anche se rimangono le regioni i soggetti che dovranno concedere i Cin, mentre saranno i comuni a dover controllare l’applicazione del Cin su tutte le piattaforme e su tutti i canali di promozioni, incluso il portone dell’immobile.
«Anche oggi – dice Celani - le piattaforme hanno l’obbligo di esporre il codice identificativo che è al momento regionale, ma in carenza di controlli e di blocchi automatici è impossibile per i portali inserire blocchi senza aver concordato con le regioni la struttura dei codici. In altre parole, l’operatore illegale può inventarsi un codice, inserirlo nel portale che non ha oggi modo di controllare e nessuno ha modo di controllare. La speranza è che con il Cin sia la stessa banca dati ad inviare i codici alle piattaforme, chiedendo loro di bloccare i codici non riconosciuti (come avvenuto in Grecia ad inizio anno, dando risultati incredibili in tema di lotta all’abusivismo e al sommerso)».

Si definisce che sarà il ministero del Turismo ad inserire i Cin ricevuti dalle regioni nella banca dati nazionale (già istituita nel 2019) con modalità che però dovranno essere concordate con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, «che vuol dire – dice ancora Celani - che se non si trova l’accordo con le regioni la banca dati, sulla quale si sono già fatti molti investimenti, potrebbe restare lettera morta».Tra l’altro, la banca dati non si occupa solo di affitti brevi, ma anche di strutture ricettive in generale; quindi, il ministero guidato oggi da Daniela Santanchè chiede alle regioni di trasmettere dati relativi ad alberghi, B&B, agriturismi, rifugi alpini, campeggi, dimore storiche, affittacamere, residence e cabine delle navi da crociera (tutte le categorie che Istat individua come strutture ricettive).

In tema di sanzioni, non esporre il Cin per ogni annuncio costerà all’host, al gestore o alla piattaforma da 300 a 3mila euro, mentre il proprietario privo di Cin rischierà una sanzione da 500 a 5mila euro. Il controllo e la sanzione spetteranno ai vigili comunali o alla polizia, «non è chiaro – dice Celani – con che perimetro. Ipotizziamo un controllo sui portoni per i vigili, un controllo sui portali per la polizia postale, ma non è così specificato nel Ddl». Ancora, l’articolo 4 introduce una nuova e stringente limitazione, quella del minimum stay a due notti. L’ambito di applicazione rimane però da approfondire. Sicuramente non si potrà affittare per meno di due notti nei 14 comuni metropolitani. Si fa riferimento poi ai comuni a densità turistica alta e molto alta (quarto e quinto quintile di una tabella Istat) nei quali chi vorrà pernottare una notte dovrà andare in hotel, ammesso che ne trovi uno. Saranno esentati da questa limitazione i comuni con meno di 5mila abitanti a bassa densità turistica.

«Curiosamente – commenta Celani - sarebbero esentate da questa restrizione le famiglie numerose, identificate come quelle con almeno un genitore e 3 figli, che invece potranno sempre dormire 1 notte nelle case promosse online».
Dall’Aigab rammentano che il numero di soggiorni di una notte pesa all'incirca un 5% del valore delle prenotazioni nel mondo affitti brevi. «L’impatto economico di questa misura è sicuramente depressivo – dice il presidente al Sole 24 Ore – ipotizzando che solo una parte verrà recuperata dal mondo alberghiero e una parte si trasformerà in allungamento di pernotti altrove o in nero. In modo pragmatico, anche per le famiglie numerose sarà difficile pernottare una notte, dal momento che, chi si adeguerà alla normativa applicherà un minimum stay di due notti e sul mercato non si dovrebbero più trovare la possibilità di soggiornare due notti perché nessuno potrà, anche per motivi di privacy, verificare la consistenza dei nuclei familiari (chi assicura ai gestori che il prenotante non stia dichiarano un adulto e 3 figli presentandosi poi con due adulti e due bambini?)».

Infine, l’articolo 5, se correttamente interpretato, stabilisce il riconoscimento formale del ruolo del gestore professionale, non tanto con l’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività, già in vigore dal 1990 e assolto dai gestori professionali, ma con la richiesta all’Istat di fornire un codice Ateco specifico che finalmente identifichi la categoria. «Questo – chiude Celani - ci appare come uno degli aspetti più importanti della normativa in quanto finalmente la categoria potrà essere misurata, riconosciuta e qualificata come un alleato delle istituzioni nella gestione di un patrimonio che produce reddito e sempre di più sarà valorizzata come un elemento portante della componente turistico ricettivo dell'industria turismo italiana».

Le 13 associazioni di categoria

Le 13 associazioni di categoria (Confedilizia, Fiaip, Prolocatur, Confassociazioni RE, PMI, Rescasa Lombardia, Host + Host, Host Italia, Bre-VE, Myguestfriend, OspitaMI, Abbav e F.A.R.E) coinvolte dal Ministro Santanchè nell'’incontro del 23 marzo scorso, dove sono state presentate cinque proposte condivise, accolgono con favore la previsione di un unico codice identificativo nazionale in sostituzione dei vari codici identificativi regionali, pur rilevando che sarebbe necessario eliminare anche altre comunicazioni in essere. Esprimono, invece, forte contrarietà nei confronti dell’introduzione del divieto per il proprietario dell’immobile o per il suo gestore professionale di darlo in locazione per una sola notte, considerandola, a tutti gli effetti, una norma discriminatoria, liberticida e con profili di dubbia costituzionalità, che alimenterà forme di evasione fiscale e di illegalità varie. Il tutto, peraltro, con un arcobaleno di discipline in funzione del Comune di ubicazione dell’immobile, che produrrà un caos indescrivibile.

«Nei prossimi giorni – spiegano i rappresentanti delle 13 associazioni – presenteremo un documento dettagliando le nostre osservazioni, confermando la massima disponibilità, oltre che l’opportunità, a presentarle al prossimo incontro che il Ministro Santanché si è detta intenzionata ad organizzare, con l’auspicata convinzione che possano essere integralmente recepite».


Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter RealEstate+

La newsletter premium dedicata al mondo del mercato immobiliare con inchieste esclusive, notizie, analisi ed approfondimenti

Abbonati