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Ddl Lavoro alla Camera, norme anti abusi per le dimissioni

Le novità contenute nel Ddl del ministero del Lavoro, licenziato il 1° maggio dal consiglio dei ministri: dopo un lungo standby inizia l’iter di approvazione alla Camera

di Giorgio Pogliotti, Claudio Tucci

(snowing12 - stock.adobe.com)

3' di lettura

In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale superiore a cinque giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore.

È una delle novità contenute nel Ddl del ministero del Lavoro, licenziato il 1° maggio dal consiglio dei ministri che dopo un lungo standby inizia l’iter di approvazione alla Camera, che interviene su molteplici aspetti del rapporto di lavoro. «Il legislatore pone rimedio ad una lacuna della normativa - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università Sapienza di Roma - che per fornire una garanzia di autenticità delle dimissioni e della risoluzione consensuale ha prestato il fianco ad abusi da parte dei lavoratori che per conseguire la Naspi si assentavano illegittimamente senza che questa condotta potesse essere qualificata come in passato, come comportamento tacito di risoluzione consensuale. Così i lavoratori inducevano i datori a licenziarli per avere la Naspi e in alcuni casi pretendere il preavviso».

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Si supera, inoltre, l’attuale divieto di lavorare, senza preventiva comunicazione, mentre si percepisce la cassa integrazione. Con la modifica al Dlgs 148 del 2015 la cig è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa subordinata o autonoma. In questo caso, durante il periodo di integrazione salariale, non si ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Si decade dal trattamento di integrazione salariale se non c’è la comunicazione previa all’Inps dell’avvio dell’attività lavorativa.

Si interviene poi sul periodo di prova nei contratti a termine specificando che, fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni quindici giorni di calendario a partire dall’inizio del rapporto di lavoro. La durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni e superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi. Novità anche sul fronte smart working: si conferma la comunicazione semplificata «entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo, oppure entro cinque giorni» successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.

E ancora: si legittima l’attività di compliance già svolta dall’Inps per stimolare l’assolvimento degli obblighi contributivi e la regolarizzazione spontanea di anomalie, errori od omissioni, con un regime sanzionatorio agevolato anche nel caso in cui la regolarizzazione del contribuente non possa definirsi propriamente “spontanea” ma indotta dall’attività di segnalazione e comunicazione dell’Istituto. L’Inps comunicherà agli utenti, compresi gli intermediari, le informazioni in possesso relative alla posizione del contribuente per poter provvedere alla correzione di eventuali anomalie derivanti da errori od omissioni. Il contribuente ha 90 giorni dalla notifica della comunicazione per segnalare elementi, provvedere alla regolarizzazione delle anomalie, omissioni ed errori e nei successivi 30 giorni effettuare il versamento dei contributi dovuti. In questo caso, si applica la sanzione ridotta, ovvero pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 2,75 punti.

Altra novità: dal 1° gennaio 2025, il pagamento dilazionato dei debiti contributivi di competenza Inps e Inail, non affidati agli agenti della riscossione, può essere consentito fino a un massimo di 60 rate mensili, nei casi definiti con decreto del ministro del Lavoro di concerto con il Mef da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della norma, secondo i criteri e le modalità di pagamento disciplinati dai Cda degli Enti.

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