De Bustis: «Popolare Bari, ecco il piano anti-crisi»
Scissione tra cooperativa e Spa digital. E a breve acquisto e fusione di una piccola banca per avere i vantaggi del Dl Crescita su Cet1. Mandato agli advisor Mediobanca e Oliver Wyman per nuovi soci e Ipo
di Alessandro Graziani
5' di lettura
Il piano di traghettamento per portare la Banca Popolare di Bari fuori dalla crisi entra nella fase operativa. Nella riunione di martedì 24 settembre il cda ha deciso di procedere in tempi rapidi con l'acquisizione di una piccola banca (tre diverse ipotesi acquisitive, di cui una è una banca, sono oggetto di offerte vincolanti), per poi realizzare entro la fine dell'anno la fusione e così beneficiando, come previsto dal Decreto Crescita, del computo delle deferred tax assets (Dta) nel patrimonio di vigilanza della banca con un incremento stimato fino a 350 milioni.
Entro l'anno a Bari si punta inoltre a chiudere anche il derisking, con la cessione di oltre un miliardo di crediti deteriorati (Npe). Il cda ha anche approvato il progetto “Digital Lab”, embrione della nuova banca multicanale orientata ai servizi che nascerà entro giugno 2020 come Spa dalla scissione dell'attuale cooperativa. In vista della messa a punto dei due progetti, il board ha anche nominato come advisor Mediobanca e Oliver Wyman. La nuova Spa “digital-ibrida”con un forte contenuto di servizi per famiglie e imprese aprirà il capitale a investitori istituzionali, sarà quotata in Borsa e consentirà la liquidabilità delle azioni della Popolare Bari.
L'amministratore delegato Vincenzo De Bustis spiega al Sole 24 Ore (qui un estratto della versione completa, oggi sul quotidiano in edicola) il complesso progetto di turnaround della più grande banca del Sud.
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L'uscita dalla crisi e il rilancio passano da molte iniziative. Andiamo per ordine. Quale è la sequenza? Cosa accadrà da ora a fine anno?
Siamo al lavoro sul fronte societario, finanziario e industriale. Con due obiettivi strategici: rigenerare valore per gli azionisti delusi e progettare una banca nuova, multicanale o digitale ibrida partner di famiglie e imprese. Operativamente, la priorità in agenda è quella di contabilizzare già entro fine anno i benefici patrimoniali previsti dal Decreto Crescita in caso di aggregazioni tra banche del CentroSud.
Come intendete procedere perché circa 350 milioni di Dta si trasformino in capitale innalzando il Cet1?
Abbiamo individuato tre ipotesi acquisitive, una banca e altri due veicoli strumentali sotto il profilo industriale. Stiamo procedendo con le offerte vincolanti. Contiamo a breve di chiudere i deal con i tre soggetti e procedere poi alla fusione entro fine anno.
La seconda fase in ordine temporale, che pare di capire sia già in corso d'opera, è la successiva scissione in due della Popolare Bari con la nascita della Società per azioni a fianco della cooperativa. In che modo pensate di procedere?
Consulenti e legali sono al lavoro. L'ipotesi prevalente al momento è quella della scissione pura: ogni attuale azionista di Popolare Bari avrà in futuro un'azione della cooperativa e un'azione della nuova Spa.
Che mestiere faranno le due “entità”?
La cooperativa continuerà l'attuale attività di banca del territorio, mantenendo una parte degli sportelli e dell'attività tradizionale ma con maggiore slancio grazie alla ripulitura del portafoglio Npl. La nuova Spa sarà invece una banca multicanale con una forte vocazione di servizio con qualificati advisors sul territorio a sostegno della clientela affluent e delle Pmi del Meridione. Una banca nuova, che incorporerà il modello di business che emerge dal digital lab operando con una struttura cost light e capital light. A livello distributivo conterà su qualificati presidi di consulenza nelle geografie di elezione oltre a canali diretti e digitali e conterà anche su una Sim con 500 consulenti.
Ci faccia capire meglio il perimetro industriale della nuova Spa destinata alla quotazione. In Borsa va un progetto o un business già esistente?
In Borsa andrà il franchise della banca possibilmente arricchito dall'integrazione con altre banche inserite in un modello di business molto evolutivo non solo nello sviluppo della tecnologia e nuove forme distributive, ma anche nell'offerta. Le faccio un esempio, le posso dire per ora che già nel cda di martedì abbiamo approvato la creazione di una holding di competenze articolate su quattro comparti: green, agricoltura, turismo e innovazione digitale. Sul “green” partiamo già da subito con un plafond di finanza (capital market) per il risparmio energetico da 1 miliardo per 500 imprese. La holding è destinata a confluire nella Spa al servizio delle Pmi. Per noi si tratta di attività non capital intensive e fees-based.
La nuova Spa del Sud è aperta ad aggregazioni con nuove realtà? Un progetto bancario per il Meridione che sponde ha nel Governo?
La Spa sarà una public company, non controllata da nessun grande azionista, ed è ovviamente un progetto aperto ad altre realtà del CentroSud che condividano il progetto di una banca che faccia da volano per le imprese del Sud. L'ambizione sarebbe di costruire più che una banca per «il Sud», una banca per «I sud».
In che senso per «I Sud»?
Viviamo nell'era della globalizzazione e penso alle opportunità che le imprese italiane hanno in Africa o in Medio Oriente in settori come le infrastrutture e l'energia. Ma è evidente che un disegno così ambizioso può concretizzarsi solo nell'ambito di un lavoro più ampio, che coinvolga a vari livelli entità qualificate dello Stato come Cdp, Sace, Simest, MedioCredito. A fianco della nuova banca, serve un progetto condiviso dall'intero Paese per affrontare con decisione la questione meridionale: al Sud la povertà è aumentata, la disoccupazione giovanile pure, il divario di infrastrutture rispetto al Nord è cresciuto, esiste un rischio desertificazione industriale. Il progetto di una nuova banca privata per il Sud può essere di aiuto. Ma ha senso se esiste una politica d'intervento dello Stato a favore del Mezzogiorno. Credo che sia nell'interesse del Paese, non solo del Sud. Mi pare che oggi esistano le condizioni politiche.
Sì, ma...agli azionisti della Popolare Bari che hanno visto crollare il valore delle azioni e che da anni non riescono a vedere cosa si sente di dire?
Una premessa: se guardiamo la performance a dieci anni, anche altre banche italiane quotate in Borsa hanno avuto crolli di valore analoghi, salvo i best performer. Da noi il problema principale è la liquidabilità delle azioni e il recupero del valore. Che rimedi sono possibili? Si dovrà puntare alla quotazione delle azioni attraverso un processo di risanamento industriale e la proposizione di nuovi modelli di business, come detto in precedenza. Questo è il nostro impegno. E per questo, oltrechè per la valenza industriale del progetto, crediamo che la scissione tra popolare e spa - assegnando azioni di entrambe ai vecchi soci - sia il modo migliore per tentare una ripresa di valore.
Basterà per placare i soci?
La loro delusione è legittima. Ma la discontinuità gestionale è totale. E tutto l'assetto della banca, non solo la goverance al vertice, deve essere improntato alla trasparenza. Io credo che il progetto di scissione e di sviluppo della nuova Spa digital più servizi possa creare valore. Ci metteremo la faccia, andando a raccontare sul territorio ai soci quello che stiamo facendo e perchè lo facciamo. L'osservatorio istituzionale che abbiamo costituito ci aiuterà, così come il tavolo permanente banca-associazioni dei consumatori.
Ipotizzando che a giugno 2020 la scissione sia davvero conclusa, lei si immagina alla guida della cooperativa o della Spa digital?
Io sono totalmente dedicato a far nascere il progetto. La futura Spa sarà una public company, decideranno gli azionisti. Io sono anche pronto a ritirarmi, ci vorrà un team management giovane.
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