Il testo approvato

Debutta il distretto, le novità organizzative

Il testo approvato

di Sara Monaci

2' di lettura

Chiariamo in cosa consiste la revisione della legge sanitaria della Regione Lombardia. E distinguiamo i piani: da una parte c’è la norma regionale, dall’altra il Pnrr.

Gli investimenti da realizzare entro il 2026 derivano dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che permetterà alla Regione di avere 1,350 miliardi di risorse da investire in edilizia sanitaria. In base alle richieste che arrivano dall’Europa, dovranno essere realizzate 203 case di comunità (una nuova riedizione dei vecchi poliambulatori), 60 ospedali di comunità e 101 centrali operative territoriali. Queste nuove strutture non sono un’opzione lombarda, ma una precisa richiesta del Pnrr: tutte le Regioni dovranno adeguarsi. La Regione Lombardia, dovendo fare in tempi brevi una nuova legge (essendo scaduti i termini della sperimentazione di quella precedente), ha aggiunto anche il Piano di ripresa e resilienza, puntando sull’effetto comunicativo del saper utilizzare subito tutti i fondi a disposizione.

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Alla Lombardia spetterà il compito di individuare rapidamente i luoghi dove costruire - anzi, più verosimilmente ristrutturare - le nuove strutture. Per essere certi di non perdere l’appuntamento con il Pnrr, che esige che il denaro venga impegnato tutto in cinque anni per progetti concreti, verranno prevalentemente usati immobili già esistenti e dismessi. L’obiettivo è infatti alleggerire gli ospedali attivi (e per questo nella legge è contenuto anche un rafforzamento della telemedicina).

La peculiarità della legge lombarda sta invece nella riorganizzazione dei distretti, uno ogni 100mila abitanti. Saranno dunque un centinaio e saranno il centro del coordinamento tra case di comunità, ospedali di comunità, usca, infermieri di famiglia e cure domiciliari. Nasce qui la figura del direttore del distretto.

Rimarrà invariato il numero delle Agenzie di tutela della salute (Ats), che resteranno 8, e le Aziende socio-sanitarie territoriali, praticamente i grandi ospedali (Asst), che resteranno 27. Ma ci sarà un po’ di spezzatino di competenze: alcune cure primarie saranno in capo alle Ats, altre alle Asst, così come le attività di prevenzione. Questo promette di essere un aspetto complicato della riforma. Tuttavia ci sarà una maggiore centralizzazione, con il rafforzamento del controllo dell’assessorato al Welfare.

Gli ospedali che fanno anche ricerca (gli Irccs) avranno maggiore libertà. Mentre per quanto riguarda il rapporto con i privati, è stata concessa l’equiparazione fra pubblico e privato, un principio generale che al momento non cambia i rapporti ma che potrebbe stare a significare un rafforzamento della sanità privata, già molto presente in Lombardia. Al momento i privati hanno ottenuto il mantenimento delle Ats, i loro principali interlocutori. In futuro potrebbe essere introdotta una modalità di controllo delle loro performance, che però per ora è rimasta in sospeso. Dovrebbe invece essere rivisto il criterio delle “funzioni non tariffabili” introdotte dall’ex governatore Roberto Formigoni e finora mai eliminate, sebbene spesso criticate. Si tratta di finanziamenti concessi al di fuori della programmazione annuale, considerando ricerche o riconoscimenti particolari, talvolta arbitrari (e spesso all’orgine dei passati scandali legati alla sanità). La Regione potrebbe metterci mano, ma con delibere successive.

La legge di revisione sanitaria della Lombardia consiste, per adesso, soprattutto in una diversa distribuzione delle competenze fra Asst e Ats, e nella creazione dei distretti. Non si tratta, appunto, di una riforma. Ma di una semplice revisione.

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