Decarbonizzazione: Italia fra i primi 10 Paesi a fornire dati Scope3 (clienti e fornitori)
È quanto emerge dallo studio di Carbon Disclosure Project (Cdp). Sono passate da 370 a 581 le imprese italiane che danno informazioni sulle emissioni indirette
di Alexis Paparo
3' di lettura
Le emissioni generate dai fornitori di un’azienda e dai suoi clienti (lo Scope 3 del GHG Protocol) sono l’elemento di più difficile valutazione per un’impresa, anche se in media i gas serra generati dalla supply chain sono 11,4 volte maggiori delle emissioni dirette (Scope 1). Tanto che, secondo l’ultimo report Scoping Out: Tracking Nature Across the Supply Chain del Carbon Disclosure Project (Cdp), solo quattro aziende su dieci riportano questi dati. In un clima preoccupante, una nota positiva: Cdp racconta al Sole 24 Ore che l’Italia è tra i primi dieci Paesi al mondo per aziende che forniscono informazioni almeno in una categoria di emissioni Scope 3, insieme a Francia, Germania, Stati Uniti, Cina, Giappone, Regno Unito e Brasile. E che sono 581 le aziende che hanno condiviso i propri dati con Cdp, con una significativa crescita sul 2021 (erano 370).
Dal report Cdp emerge che quasi il 70% delle imprese ha riferito di non valutare l’impatto della propria supply chain sulla biodiversità, tra le oltre 18.500 aziende che hanno comunicato i propri dati nel 2022, oltre 7mila hanno coinvolto i propri fornitori sui cambiamenti climatici rispetto alle 915 sull’acqua e poco più di 500 sulle foreste.
Nuova piattaforma per la misurazione della carbon footprint
In questo contesto, Dexter Galvin global director, corporations & supply chains di Cdp, illustra la piattaforma CO2 AI Product Ecosystem (https://co2ai.com/), un nuovo strumento di misurazione dell'impatto elaborato con Bsg che, da quest’anno, è disponibile gratuitamente per le aziende e andrà a impattare direttamente sul prodotto:«Le 280 aziende già parte del Supply Chain program di Cdp, che rappresentano 6,4 trilioni di dollari in spese di approvvigionamento, hanno iniziato a usarlo e nel momento in cui lo condivideranno con la propria catena di valore saranno oltre 8.600 i fornitori coinvolti».
«Fino ad oggi – ha aggiunto Galvin – ci si è concentrati sullo sviluppo della capacità di reporting a livello aziendale, ma oggi nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, sono in grado di supportare un’analisi dei dati che entra nel dettaglio del prodotto, che permette alle aziende guardare la ripartizione delle emissioni di carbonio del ciclo di vita del prodotto e agire esattamente dove serve».
Il director di Cdp fa un esempio: per anni Pepsico ha cercato di ridurre le emissioni della controllata Tropicana, senza grande successo, e analizzando via via l’imballaggio, la logistica, i trasporti. Un’analisi Lca (Life Cycle Assessment) del prodotto ha poi evidenziato che la maggior parte delle emissioni proveniva dai fertilizzanti usati dai fornitori e, una volta sostituiti, l’azienda ha visto ridurre le proprie emissioni del 50%.
Cosa sta facendo l’Italia
Il valore della piattaforma, frutto del lavoro di due anni condiviso con Bsg, «è quella di aver creato una metodologia standard, elaborata insieme al Wbscd (il World Business Council for Sustainable Development) e che può aiutare le aziende nel breve termine. Se avrà successo, fra tre o cinque anni potremo riuscire a sapere e qual è l’impronta di carbonio di un singolo prodotto, per esempio, compararla con quello di un concorrente. Stiamo anche lavorando a un progetto chiamato Pact, che aiuterà le aziende a scambiarsi informazioni sull’impronta di carbonio dei prodotti che entrano a far parte delle rispettive catene produttive, allineando le Api tramite un’unica piattaforma».
Entrando nel dettaglio dell’Italia, Gavin spiega che quando è stato avviato Cdp Supply Chain Program nel 2008, «il nostro Paese ha avuto alcuni importanti player che hanno aderito da subito. Uno fra tutti Pirelli, che addirittura ci ha spinto a includere la gomma come prodotto che causa la deforestazione, per misurarne l’impatto e lavorare per ridurlo. È un’azienda che si è resa conto fin da subito di come l’uso e l’impatto sull’acqua e la deforestazione siano estremamente importanti nella catena di approvvigionamento. Senza un sistema naturale funzionante non esiste un’economia funzionante».
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