Il graffio del lunedì

Decide un gol di Giroud: il Milan spegne il Napoli e torna al comando

Vittoria meritata per i rossoneri su Spalletti ma attenti alla costante risalita della Juve. Bene le due romane. Exploit per l’Italia delle due ruote

di Dario Ceccarelli

Serie A: Napoli KO 0-1, il Milan torna in vetta alla classifica

5' di lettura

Se sia stata una notte da scudetto, lo si vedrà tra dieci giornate. La strada è ancora lunga. Con ancora tante curve da superare. Soprattutto in torneo un po' matto come questo, dove succede che il Milan, battendo il Napoli con un gol di Giroud, riesce a riportarsi al comando della classifica dopo aver perso preziosi punti con squadre modeste come la Salernitana e l'Udinese. Eppure, ennesima stranezza di questo campionato, il Milan fa l'impresa proprio a Napoli, contro l'avversario ritenuto tra i più brillanti del 2022. Dove sta l'errore? Bravo il Diavolo o deludente, proprio nella sfida più importante, la squadra di Spalletti?

Si dice che chi vince ha (quasi) sempre ragione. E infatti il Milan nel complesso ha giocato meglio. Soprattutto a centrocampo dove Bennacer, Tonali e Kessie, sovrastando i colleghi partenopei, hanno impedito al Napoli di fare quello che il Napoli sa fare meglio: cioè costruire azioni corali per mandare a rete il povero Osimhen, costretto a spolmonarsi per arrivare alla porta di Maignan. Fatica quasi sempre sprecata per la severa guardia di Tomori e Kalulu.

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E così dopo un buon inizio la squadra di Spalletti, nonostante fosse stata ampiamente catechizzata dal suo condottiero («Siamo noi che possiamo decidere se diventare immortali o essere dimenticati») si è progressivamente sgonfiata. Come se un bambino, per uno scherzo di carnevale, l’avesse fatta scoppiare con uno spillo. Tutto questo però nella ripresa quando, dopo appena quattro minuti, il mefistofelico Giroud (già decisivo nel derby con l'Inter) è riuscito astutamente a deviare in rete una maldestra conclusione di Calabria, destinata sicuramente a finir fuori. Ecco: proprio qui, dove bisognava reagire per “diventare immortali” i partenopei si sono afflosciati.

Merito del Milan, più compatto e penetrante. Soprattutto sulla corsia sinistra dove Hernandez e Leao hanno annichilito Politano e Di Lorenzo. Pur cercando d reagire, il Napoli non è mai arrivato dunque. Tante palle sporche e troppo lanci lunghi sui quali la difesa del Milan ha fatto buona guardia. L'onnipresente Osimhen ha reclamato un rigore per un intervento molto al limite di Tomori, ma i rossoneri hanno buttato via nel finale un facilissimo raddoppio.

Che dire? Che l'uno a zero ci sta. E che il Milan, come spesso fa negli incroci con le altre big (21 punti in 10 incroci), è stato più quadrato, più padrone della sfida. Pioli ha giocato meglio le sue carte, e il suo approccio, meno caricato dagli omerici squilli di trombe e di fanfare di Spalletti, probabilmente ha dato i suoi frutti. Di sicuro gli ha permesso di battere per la prima volta, in una sfida diretta, lo stesso Spalletti. E poi di effettuare il controsorpasso sull'Inter, che sabato aveva maramaldeggiato sui resti della Salernitana. «La favorita resta l'Inter», ha malignamente chiosato Pioli, ben conscio che con questa classifica corta, in un torneo così asimmetrico, tutto può ancora succedere. Perfino che la Juventus, ora quarta a sette punti dalla vetta, riesca a riagganciare il trenino dei fuggitivi (Milan 59, Inter 58, Napoli 57). Mettiamola così: che tra i tre litiganti, a godere potrebbe ancora essere il quarto.

Un quarto sempre più inesorabile che, col suo passo da metodico serial killer, fa fuori anche lo Spezia (1-0) continuando la sua risalita. La Juve vince di misura, “di corto muso” come dice Allegri, con un golletto di Morata che permette ai bianconeri di tagliare il quattordicesimo risultato utile consecutivo. Non è bella, non è travolgente, non è irresistibile, questa Juve. Ma è continua. Fastidiosa come una goccia: solo che, al posto di andar giù, questa va su. E chi è davanti, e pensava di non averla più tra i piedi, comincia a preoccuparsi. Ad andare in ansia. E a pensare: ancora la Vecchia? Ma quella non muore mai?

Sono brave queste romane

Le romane in questa rubrica, lo ammettiamo, non sono mai state prese troppo sul serio. La Roma, per la sua fragilità nel confronti diretti con le altre big; la Lazio per la sua immagine di eterna “work in progress”, più figlia dei fitti appunti di Sarri che di un progetto ben determinato e concreto. Questo sabato invece le due romane hanno dato interessanti segni di risveglio.

La nuova vittoria della Roma sull'Atalanta (sei punti su sei in questo campionato) per Mourinho è un bella rasoiata che apre uno spiraglio per la zona Champions e che, soprattutto, fa sperare per il futuro della Magica. Bisogna dirlo: finora lo Special One si era fatto notare più per le chiassate con gli arbitri che per risultati sul campo. Tanto fumo e poco arrosto. Che per Mou, con quello che guadagna, era decisamente un bilancio deludente... Ora però si intravede qualcosa. Altrimenti non si batte due volte l'Atalanta. E neppure si mettono assieme sette risultati utili di fila. Oltre ai risultati, prende forma anche un progetto di gioco. Un gioco non da palati fini, che sfrutta con Abraham (13 gol) le ripartenze, ma che ha un suo indiscutibile spessore. C'è chi ama la grande bellezza del possesso (Sarri) e chi invece la rude efficacia del gioco diretto. Del colpo improvviso che ti stende. E il vecchio Mou, quando la smette di borbottare, in questo è ancora un maestro. Il Vate portoghese deve però ringraziare gli arbitri che lo squalificano per le sue invettive... Quando non è in panchina (tre vittorie su tre) la Roma vince. Garantito. Tanto vale allora che lo Special stia comodo in pullman.

Anche Sarri comunque può togliersi quell'eterno broncio da insoddisfatto. Il tre a zero della Lazio sul Cagliari parla da solo. Tre gol, spettacolo e anche una certa meraviglia perchè i sardi erano segnalati in gran forma. Che il progetto di Sarri veda finalmente la luce? L'Utopia al potere? Vedremo. Con Immobile che eguaglia il record di Piola (143 reti) e Luis Alberto che estrae perle dal suo sacco dei talenti, tutto è più facile. Perfino che Sarri diventi ottimista. Sorridente no, è ancora presto. Non si può avere tutto dalla vita.

I fratelli di Valentino fanno tris

Toh, che bella sorpresa! Anche senza Valentino Rossi l'Italia del motore va a tutto gas. Nel primo MotoGp della stagione, a Losail nel Qatar, Enea Bastianini conquista il primo posto regalando alla Ducati una gioia inattesa dopo la rovinosa caduta di Pecco Bagnaia, forse un po' troppo frettolosamente indicato come erede del grande Valentino. Bastianini, da buon romagnolo (è di Rimini) con la sua impresa ha fatto ancor più brillare quella che è stata una giornata memorabile per l'Italia, vincente anche in Moto 2 con Celestino Vietti e in Moto 3 con Andrea Migno. Per concludere in bellezza, Bastianini ha dedicato la vittoria a Fausto Gresini, il capo della scuderia, scomparso l'anno scorso per Covid. «Fausto mi ha spinto dal cielo», ha detto Enea abbracciando la moglie di Gresini subito dopo il suo exploit. Un bella giornata, che fa ben sperare per il dopo Valentino. Però non “gasiamoci” troppo. Enea Bastianini ha battuto un primo colpo, è stato bravo e generoso, ma prima di cominciare a scrivere la sua “Eneide” a due ruote ne deve fare di strada.

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