Decreto Cutro, monito della Cassazione sulle espulsioni
Per la Suprema corte in caso di rischio di violazione dei diritti fondamentali, c'è la tutela della nostra Carta e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sovraordinate alle leggi ordinarie
di Patrizia Maciocchi
I punti chiave
2' di lettura
Anche dopo il decreto Cutro, i diritti fondamentali dell’individuo, come il rispetto alla vita privata e familiare, continuano ad essere tutelati dalla nostra Costituzione e dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
A ricordarlo è la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di un cittadino extracomunitario contro il provvedimento che lo obbligava a lasciare l’Italia entro 15 giorni.
Un’espulsione, decisa dal prefetto dopo il no alla richiesta della Carta di soggiorno per motivi familiari, «per difetto del presupposto della nazionalità italiana della moglie».
Domande fino al 13 marzo fuori dal decreto
E questo malgrado la donna, nata nella repubblica dominicana, fosse cittadina italiana anche se naturalizzata. La Suprema corte (sentenza 28162) accoglie il ricorso, censurando la decisione del giudice di pace di Catania che aveva “sbrigativamente” escluso l’esistenza di ostacoli all’espulsione, senza valutare con «un attento esame» la complessiva situazione familiare documentata del ricorrente. Indagini da fare caso per caso, sulla natura e l’effettività dei legami personali.
Elementi, questi ultimi, che superano per importanza, quelli, considerati aggiuntivi, come la durata del soggiorno e l’integrazione sociale. Anche di recente, ricorda la Cassazione, è stato ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che il divieto di respingimento ed espulsione - previsto dall’articolo 19 del testo unico sull’immigrazione nella versione post modifiche del 2020 - in violazione del diritto alla vita privata e familiare, impone al giudice di pace, nel rispetto di un obbligo di cooperazione istruttoria, di acquisire tutte le informazioni necessarie previste dal Dl immigrazione e sicurezza.
Una norma, che ampliava i casi in cui poteva scattare la protezione speciale, ancora applicabile nel caso esaminato. La Cassazione ricorda, infatti, che il colpo di spugna, passato con il decreto Cutro, sull’articolo 19 del testo unico immigrazione per la parte che escludeva la possibilità di allontanamento dello straniero, se non prima di aver valutato il rischio di un vulnus alla sua vita familiare, non vale, come previsto dalla stesso decreto, per le istanze presentate dagli stranieri fino alla data di entrata in vigore e dunque fino al 13 marzo 2023 o, nei casi in cui il cittadino extracomunitario abbia già ricevuto l’invito a presentare la domanda alla questura competente. Ipotesi in cui si continua ad applicare la vecchia disciplina.
Le norme sovraordinate alla legge ordinaria
Detto questo però la Cassazione chiarisce che il rispetto alla vita privata e familiare, anche dopo il decreto Cutro, resta tutelato - oltre che dal sopravvissuto articolo 5 del testo unico immigrazione, che subordina la revoca o il rifiuto del permesso di soggiorno al rispetto della Costituzione e degli obblighi internazionali - soprattutto dalle norme sovraordinate alla legislazione ordinaria.
A garanzia dei diritti fondamentali, come la vita privata e familiare, c’è infatti l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A tutela dei diritti inalienabili «connessi alla dignità della persona e al diritto a svolgere la propria personalità nella formazioni sociali», c’è anche la nostra Carta costituzionale. Che, come la Convenzione, prevale sulle norme ordinarie.
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