Decreto flussi, in Italia servono 23mila nuove colf e badanti non comunitarie l’anno
È il dato che emerge dalla ricerca commissionata da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico e realizzata dal Centro Studi e Ricerche Idos
di Andrea Gagliardi
I punti chiave
- Lavoro domestico appannaggio di manodopera straniera
- La lacuna delle politiche migratorie
- In Italia flussi regolari chiusi nel 2011
- Necessarie 23mila nuove colf e badanti all’anno
- Il nuovo decreto flussi
- Assindatcolf: colf e badanti nella programmazione triennale
- Idos: arrivi dall'estero finora tra le 20 e le 30 volte più bassi del fabbisogno
- Ampio spazio al lavoro nero
- Sanatorie e scarsa programmazione
4' di lettura
Per coprire il fabbisogno familiare di cura e assistenza domestica in Italia servirebbero fino a 23mila lavoratori non comunitari l'anno da assumere nei ruoli di colf e badanti, circa 68mila nel triennio 2023-2025. È il dato che emerge dalla ricerca commissionata da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico e realizzata dal Centro Studi e Ricerche Idos. Il report, intitolato “Il fabbisogno aggiuntivo di manodopera straniera nel comparto domestico. Stima e prospettive” è contenuto nel Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico” promosso da Assindatcolf in collaborazione con il Censis, Effe (European Federation for Family Employment & Home Care), la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ed il Centro Studi e Ricerche Idos.
Lavoro domestico appannaggio di manodopera straniera
Nel 2021 l'Italia è lo Stato membro dell'Unione Europea con la più alta quota di persone con 80 anni e più (7,6%, Ue 6%), E in Italia il comparto del lavoro domestico conosce, come è noto, un larghissimo impiego di manodopera straniera (circa il 70% di tutti gli occupati nel ramo) ed è appannaggio di una maggioranza schiacciante di donne (quasi il 90% degli addetti). Con annessa «una certa latitanza delle politiche di welfare in questo campo, alimentando e rendendo quindi strutturale quel modello di “welfare-fai-da-te” per cui le famiglie sono spesso lasciate a loro stesse nel reperimento di lavoratrici domestiche nel “libero” mercato e nella gestione e regolazione dei rispettivi rapporti di lavoro,
La lacuna delle politiche migratorie
Una negligenza che «trova una sponda speculare e complementare nelle lacune delle politiche migratorie, in particolare riguardanti la programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori stranieri nel Paese e la corrispondente previa valutazione del fabbisogno di manodopera aggiuntiva dall'estero da parte del mercato del lavoro italiano».
In Italia flussi regolari chiusi nel 2011
In Italia nel settore domestico i flussi regolari sono stati chiusi nel 2011, 12 anni fa. Lo studio stima, nell'ipotesi mediana, che siano state 1.328.000 le persone che nel 2022 hanno avuto necessità di personale straniero per l'assistenza familiare: circa 651.000 di badanti e oltre 677.000 di colf e baby-sitter. Tenendo conto delle previsioni di incremento della popolazione anziana, si calcola che questa platea crescerà fino a 1.402.000 persone nel 2025, di cui 687.000 necessiteranno di badanti e 715.000 di colf e altro.
Necessarie 23mila nuove colf e badanti all’anno
Su questa base, il fabbisogno di manodopera straniera aggiuntiva oscillerebbe, per l'intero triennio 2023-2025, tra i 74.000 (ipotesi mediana) e gli 89.000 lavoratori (ipotesi massima, che tiene conto, tra l'altro, anche della fuoriuscita dal mercato dei lavoratori domestici stranieri che nel frattempo raggiungeranno l'età pensionabile), per una media di 25/30.000 nuovi inserimenti annui. Sottraendo la quota che verrebbe coperta da lavoratori stranieri comunitari, il fabbisogno di manodopera aggiuntiva non comunitaria si attesta tra circa 57.000 e 68.000 per l'intero triennio, per una media annua di 19-23.000 nuovi inserimenti dall'estero.
Il nuovo decreto flussi triennale
Non va dimenticato che il decreto legge contenente «Disposizioni urgenti in materia di flussi d’ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare» approvato dal Cdm tenutosi a Cutro lo scorso 9 marzo prevede all'articolo 1 un allargamento dei flussi di lavoratori extra Ue in ingresso nel triennio 2023-2025, da definire con Dpcm, anche in base all’«analisi del fabbisogno del mercato del lavoro effettuata dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali previo confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
Assindatcolf: colf e badanti nella programmazione triennale
«Al Governo – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – chiediamo che questi numeri, che bene descrivono il fabbisogno familiare, possano trovare spazio nell'annunciata nuova programmazione triennale dei flussi, da cui il comparto domestico è rimasto escluso negli ultimi 12 anni. L'invecchiamento della popolazione dovrebbe, infatti, essere preso in considerazione nel sistema di programmazione dei flussi migratori in ingresso nel nostro Paese, al pari delle dinamiche economiche».
Idos: arrivi dall'estero finora tra le 20 e le 30 volte più bassi del fabbisogno
Il decreto flussi 2023 (approvato dal governo a dicembre 2022) stabilisce che possono entrare in Italia per motivi di lavoro un totale di 82.705 persone distribuite così: 44mila per
Lavoro stagionale (di cui 22.000 in agricoltura) E 30.105 per lavoro non stagionale e autonomo nei settori dell'autotrasporto (esempio: guida di camion), dell'edilizia e del turismo (esempio: cameriere di albergo). Visto il limitato numero annuale di nuovi ingressi per lavoro non stagionale che hanno avuto luogo in Italia da parte di cittadini non comunitari da ben 12 anni a questa parte, è ragionevole supporre – afferma Luca Di Sciullo, presidente di Idos – che quelli riguardanti il comparto domestico siano stati ogni anno tra qualche centinaia e poco più di un migliaio. Dinanzi a un fabbisogno del comparto che la nostra ricerca calcola oggi in oltre 20.000 unità l'anno e che nel 2010, nell'ultimo Decreto flussi che ricadeva sotto una programmazione triennale e in cui era specificata la quota riservata al lavoro domestico, era stato di ben 30.000, è facile vedere come, in questo comparto così a lungo trascurato, i nuovi avviamenti dall'estero siano stati tra le 20 e le 30 volte più bassi del reale fabbisogno».
Ampio spazio al lavoro nero
«È il paradosso di politiche del tutto assenti sul piano della programmazione a monte e attive solo su quello della regolarizzazione a valle, così che nel mezzo si è di fatto lasciato ampio spazio al lavoro nero».Infatti in mancanza di una programmazione adeguata
e regolare degli inserimenti per lavoro, il mercato copre queste urgenze sempre più spesso attingendo all'unica manodopera rimasta disponibile, che è quella irregolare, impiegandola in nero. Per cui, ciò che per deliberata scelta politica non si è voluto governare a monte, attraverso la programmazione, lo si deve poi sanare a valle, attraverso le regolarizzazioni. E non a caso il comparto domestico è stato esplicitamente e sistematicamente coinvolto in ciascuna delle ultime tre regolarizzazioni varate in Italia nel suddetto periodo (2009, 2012 e 2020)
Sanatorie e scarsa programmazione
L’unico modo per sopperire alla carenza di manodopera sono state finora due sanatorie. Quella del 2002 è stata definita la “grande regolarizzazione” con un numero di richieste oltre le 700.000 unità. Nel 2012 le emersioni per lavoro domestico sono state 115mila. Anche nell'ambito dell'ultimo provvedimento di regolarizzazione che è stato emanato in piena pandemia (giugno-agosto 2020) e che era inizialmente connesso alla scarsità di manodopera in alcuni settori dell'economia particolarmente colpiti dal blocco dei flussi migratori dovuti alle cautele imposte dall'espandersi del virus, le domande presentate per il lavoro domestico hanno avuto una fortissima incidenza. Le richieste sono state complessivamente 207.542, di cui circa 177.000 nel settore domestico (85%).
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