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Decreto Ristori-bis, in arrivo il fondo a chiamata

Oggi in Cdm il decreto che stanzia 1,5-2 miliardi di aiuti da attivare con Dm. Prima apertura a nuovo deficit. Rischio tariffa rifiuti piena sulle attività chiuse perché i Comuni non possono più introdurre sconti

di Marco Mobili e Gianni Trovati

(ANSA)

3' di lettura

Il caos sulla geografia delle restrizioni antiCovid investe i tavoli del ministero dell’Economia dove si lavora al decreto Ristori-bis. E viceversa, perché i problemi di risorse per aiutare le attività economiche spiegano una parte importante dei travagli del Dpcm.

La sfida del nuovo provvedimento è già complicata di suo. Perché questa volta occorre provare a modulare gli aiuti in base alle variabili territoriali, che possono cambiare di settimana in settimana. Per questo si ragiona su un fondo, in cui far confluire gli 1,5-2 miliardi oggi a disposizione, da attivare poi con decreto ministeriale di volta in volta per correre in aiuto delle attività chiuse nelle diverse zone. Una sorta di meccanismo «a chiamata», complicato di suo, che si trova anche a sfidare la farraginosità delle decisioni sulle misure anticontagio evidenziata in modo netto dallo stesso debutto del Dpcm post-datato.

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Doppio binario

Il sistema in realtà è duplice. Perché una serie di chiusure è decisa in modo omogeneo a livello nazionale, per esempio gli stop nei fine settimana dei centri commerciali che il 4 novembre hanno manifestato la loro contrarietà alla decisione. Per queste categorie, in ogni caso, il criterio sarà analogo a quello seguito con il primo decreto Ristori, con un indennizzo automatico parametrato a quello di primavera per chi l’aveva già ricevuto, e con un’istanza (e quindi tempi un po’ più lunghi) per chi è al primo aiuto come i soggetti con fatturato 2019 superiore ai 5 milioni.

A questa base nazionale si dovrebbe poi aggiungere il reticolo di integrazioni chiamate a seguire il reticolo dei divieti locali. Un bar o un ristorante, per esempio, hanno già ottenuto il diritto a un primo, parziale indennizzo per le chiusure obbligate alle ore 18, ma in molte regioni (quelle rosse e arancioni per il nuovo Dpcm) dovranno fermare del tutto l’attività: e qui dovrebbe intervenire l’integrazione.

Tari a rischio esclusione

La stessa dinamica dovrebbe essere seguita dagli aiuti fiscali e contributivi per chi chiude, rappresentati da esenzione dal saldo Imu, credito d’imposta sugli affitti di ottobre-dicembre e sospensione dei contributi per i dipendenti. Nel pacchetto rischia però di non rientrare la Tari, ed è un problema. I Comuni hanno dovuto chiudere i conti entro il 31 ottobre, e oggi non possono più introdurre sconti tariffari per quest’anno: senza un intervento, quindi, i negozi chiusi rischiano di dover pagare la tariffa rifiuti in formula piena pur non utilizzando il servizio.

Il nodo dello scostamento di bilancio

Per evitarlo servirebbe un contributo statale (sui mesi di primavera la certificazione degli effetti Covid sui conti dei Comuni ha appena riconosciuto una riduzione Tari del 10% finanziabile con gli aiuti centrali). Ma le risorse scarse, lasciate libere dalle rimodulazioni possibili di fine anno, sono un altro degli ostacoli per la messa a punto del nuovo decreto. Anche per questo nel confronto fra il premier Conte e i capidelegazione della maggioranza è tornato a pesare il tema del nuovo scostamento di bilancio. Che si faccia, prima o poi, è ormai dato per certo. Che si proceda prima di fine anno è probabile, nonostante le resistenze iniziali al Mef. Per procedere, però, è necessario aspettare l’arrivo in Parlamento della legge di bilancio, che è agganciata ai numeri dell’ultima Nadef. Anche per questo il 4 novembre Conte ha detto per il nuovo decreto «gli stanziamenti ci sono», ma che in ogni caso il governo è pronto a tornare in Parlamento a chiedere nuovo deficit. Senza indicare date.

Nella maggioranza c’è però anche chi ricorda che con lo scostamento di fine luglio il Parlamento ha autorizzato un deficit dell’11,9% del Pil, l’1,2% in più del livello raggiunto oggi e, se necessario, potrebbe essere possibile utilizzare quello spazio con una “semplice” risoluzione che cambi i saldi della Nadef. Tutto questo intrico dovrà sciogliersi nelle intenzioni del governo nelle prossime ore, quando è atteso un consiglio dei ministri per esaminare il nuovo decreto Ristori. Nella stessa occasione a Palazzo Chigi dovrebbe tornare in scena la manovra, ufficialmente approvata «salvo intese» il 18 ottobre ma ancora distante dall’approdo in Parlamento.

Il via libera del governo al nuovo provvedimento sbloccherebbe anche i lavori del Senato sul primo decreto Ristori, su cui i tecnici di Palazzo Madama hanno accusato il governo di «scarsa trasparenza» sulle coperture. Oggi inizieranno le audizioni, ma è ancora da fissare il termine per gli emendamenti. Anche perché il decreto-bis potrebbe alla fine confluire in quel provvedimento.

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