Deepfake, algoritmi e social. L’Ai che diverte sa tutto di noi (e fa anche politica)
Reface, per esempio, è una delle app più divertenti per il deep fake. Per supportare il popolo ucraino ha aggiunto notifiche push esortando le persone a #StandWithUkraine
di Luca Tremolada
3' di lettura
Ci sono app, giochini e esperienze interattive che ci ricordano come l'intelligenza artificiale sia andata avanti in questi anni affinando sempre di più gli algoritmi grazie ai dati che volontariamente o no affidiamo loro. Qualcuno si ricorderà tre anni fa la #tenyearschallenge, il boom dell'app FaceApp che applicando dei filtri alle nostre foto dopo pochi secondi ci restituiva il nostro volto invecchiato. Nulla di particolarmente sofisticato ma fu un fenomeno virale vero. Sembra passato un secolo e non solo tre anni. Dietro allora come adesso c’era la Wireless Lab, un’azienda con sede a San Pietroburgo, fondata da Yaroslav Goncharov. E allora come adesso la società russa non è chiara sulle regole di riservatezza per la gestione delle foto. L'ultimo aggiormamento della normativa della privacy è del 2020. Nel frattempo hanno raccolto milioni di foto sulle quali allenare i loro algoritmi di machine learning.
Su queste immagini si sarebbe allenato anche è Hidreley Leli Diao, artista brasiliano, lo trovate facilmente su Instagram. Lui ha cercato in rete i sosia dei cartoni animati. Come ha spiegato senza fornire troppi dettagli avrebbe usato oltre a FaceApp altri tool come Gradiente, Remini e Photoshop. E il risultato, come si vede nelle foto è notevole. Il processo è anche inverso, dal vip all'opera d'arte, dalla cultura pop a quella alta. E' il caso di YassifyBot, alias Denver Adams (ma è anche questo un nome di fantasia) che questa volta su Twitter si diverte a modificare con FaceApp i volti dei personaggi famosi trasformandoli in opere d'arte. L'intento (diretto o indiretto) dell'artista a quota 160mila follower sarebbe anche quello di fare riflettere sul potere manipolatorio della computer vision e più in generale dell'intelligenza artificiale applicata alle immagini, dal deep fake ai più semplici filtri buffi da social network.
Come hanno fatto? O per dirla meglio, quali competenze servono per giocare con l'Ai e le immagini? Come ha spiegato alla rivista oline Bored Panda Toyboyfan un altro giovanissimo artista che si esprime su Instagram il processo è piuttosto artigianale: si sceglie il personaggio Disney o comunque di fantasia si cercano foto simili e con il machine learning si “fondono” le immagini fino a poi a raffinare con un normale programma di editing fotografico. Il processo sembra però più complesso. Esistono dei tool in rete ma sono piuttosto complessi da usare. Ad ogni modo il denominatore di queste operazione di “trucco e parrucco” è la disponibilità di immagini, che più sono e meglio è. Parliamo di grandi banche dati e quindi di centinaia di migliaia di volti a cui attingere. E quelli non mancano.
Qualcuno si ricorderà il caso della discussa Clearview Ai, che però non si occupa di intrattenimento ma offre tecnologie di sorveglianza a forze dell’ordine e aziende private. Per allenare i suoi algoritmi di riconoscimento facciale ha raccolto un archivio di volti prendendole direttamente dai social network in modo automatico attraverso tecniche di scraping. Secondo Il Washington Post che è venuto in possesso di una presentazione agli investitori risalente a dicembre dell'anno scorso il loro database è di oltre 100 miliardi di foto. In pratica, avrebbero almeno 14 scatti per ogni abitante del Pianeta. E possiamo serenamente escludere che abbiano chiesto a tutte le persone il consenso per l'uso della loro immagine.
Anche perché, è bene riconoscere, spesso il consenso siamo noi a darlo, magari senza accorgercene o magari consapevolmente perché è divertente giocare sullo smartphone con i filtri per cambiarci i connotati. In questo caso è bene ricordare che la nostra immagine aiuterà a migliorare software di riconoscimenti del volto che in futuro potrebbero essere usati per scopi diversi da quello dell'intrattenimento. E anche che il valore del nostro volto è quello del database.
Reface, per esempio, è una delle app più divertenti per il deep fake. Puoi sostituire il tuo volto a quello di foto e video di politici e personaggi famosi. La sua base utenti è di 200 milioni di persone e per supportare il popolo ucraino ha aggiunto notifiche push esortando le persone a #StandWithUkraine. Come accade per i social queste app come tutte le piattaformi digitali di successo sono diventate delle media company. L'unica differenza è che tecnicamente per alcune di loro noi potremmo anche non esserci. La società Rosebud Ai ha creato un'intelligenza artificiale in grado di generare dei volti che verranno conservati in un database pubblico chamato Generated Photos. Altri database di questo tipo li trovate cercando ThisPersonDoesNotExist.com. Queste persone non esistono. Ma possono aiutare ad allenare l'Ai.
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