Ecommerce

Delivery ultraveloce, in campo sempre più operatori. Ma è economicamente sostenibile?

Nelle grandi città la nuova frontiera della spesa a domicilio prevede consegne in pochi minuti, ma c’è chi nutre dubbi sulla possibilità di crescita a causa dei bassi margini: l’analisi di Manhattan Associates

di Gianni Rusconi

(giacomomaroni - stock.adobe.com)

4' di lettura

Da fine marzo, i clienti del servizio Amazon Prime di alcune zone di Roma possono usufruire della consegna in giornata dei generi alimentari proposti dai negozi Tuodì (si va dai prodotti bio Buodì alla pasta fresca Granravioli alle uova e al miele di Antica Fattoria) acquistando nella sezione “supermercato” del portale e-commerce del gigante americano. È solo l'ultimo esempio, in ordine di tempo, di soluzioni che puntano sul delivery rapido proponendo ai consumatori condizioni favorevoli (nel caso specifico 2,90 euro per la consegna in finestre di due ore e 6,90 euro per quella di un'ora) per ricevere la spesa a casa propria

A inizio marzo era stata la volta di Deliveroo a dare un segnale forte in questa direzione con il lancio di “Hop”, un servizio di consegna a domicilio in 10 minuti esteso ad oltre 1.500 prodotti alimentari ed attivato in collaborazione con Carrefour Italia nel centro di Milano per i quartieri Duomo, Navigli, Colonne e Sant'Ambrogio. Gli ordini si possono effettuare attraverso la piattaforma di Deliveroo e l’intento è quello di estendere nei mesi a venire l’iniziativa a tutto il territorio nazionale, partendo da Roma e altre importanti città. Nel frattempo non è passato inosservato il fatto che l'Italia sia il primo mercato europeo a salutare la disponibilità di “Hop” dopo il Regno Unito.

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Quello del delivery ultraveloce è un fenomeno, che alcuni chiamano “quick commerce” o anche servizi “instant market”, letteralmente decollato negli ultimi 12-18 mesi e con tutti i requisiti, secondo diversi addetti ai lavori, per durare a lungo. I fattori che sostengono questa tesi sono diversi. Innanzitutto i volumi dell'e-commerce in ambito food, cresciuti in Europa (secondo i dati dell'Osservatorio del Politecnico e di Netcomm) del 90-120% nel 2020 e di un ulteriore 40-70% nel 2021.

La pandemia, è un fatto ormai consolidato, ha cambiato le abitudini di acquisto di ampie fasce di consumatori e non è certo un caso che quasi la metà dei grandi brand del settore agroalimentare abbiano oggi una presenza online proprio per incontrare una domanda che si è spostata (in parte almeno) dal mondo fisico a quello digitale. Le consegne di generi alimentari in un'ora o anche in soli 15-30 minuti stanno dunque diventando la “nuova normalità” in molte aree urbane, anche in Italia, e secondo le ultime rilevazioni della piattaforma specializzata Digital Commerce 360, la delivery ultraveloce è un importante incentivo all'acquisto online per oltre i due terzi dei consumatori.

Se non ci sono dubbi sulla crescente popolarità di questo genere di servizi, è comunque lecito chiedersi – come hanno fatto gli esperti di Manhattan Associates, uno dei principali operatori al mondo nel campo delle soluzioni di supply chain commerce - se ce ne sia davvero bisogno, se l'immediatezza della consegna sia effettivamente così importante e se, soprattutto, questo modello può essere sostenibile dal punto di vista finanziario.

Nel mondo interconnesso attuale, che garantisce accesso immediato a milioni di prodotti e servizi da acquistare con pochi click, la spesa online era fino a poco tempo fa una prassi valida soprattutto per gli acquisti programmati su base settimanale. Le spese di rifornimento “last minute”, invece, erano principalmente un'esperienza “analogica”. Da circa due anni a questa parte è andato via via digitalizzandosi anche il negozio sotto casa e di quartiere e le grandi firme del delivery (la stessa Deliveroo, Glovo e altri) o specialisti come Gorillas, Getir, Blok o le italianissime Macai ed Everli hanno rafforzato l'offerta di servizi per la consegna ultra rapida di piatti pronti o ingredienti, portando la customer experience a nuovi livelli.

Il rovescio della medaglia? C'è, e nell'analisi di Manhattan Associates sono i bassissimi (o quasi nulli) margini di guadagno di questo tipologia di soluzioni destinate a soddisfare (nella maggior parte dei casi) acquisti di nicchia o emergenze spot dell'ultimo momento. Perché un conto è gestire un servizio di quick delivery in aree ad alta densità di popolazione (e quindi i grandi centri urbani) con una base di utenti importante e un altro è farlo in cittadine di provincia e piccoli comuni. E questo perché la consegna ultraveloce ha sì costi accessibili ma rimane pur sempre un servizio di livello premium, per chi ha poco tempo e non ha problemi a sostenere uscite ricorrenti.

Il modello, come già detto, è comunque destinato a durare e in alcuni casi a prosperare bene. Nel Regno Unito, il giro d'affari del quick commerce vale attualmente 1,4 miliardi di sterline e stando alle proiezioni potrebbe arrivare in tempi brevi a superare quota 3 miliardi, rimanendo però una fetta molto piccola di un mercato che complessivamente supera i 200 miliardi.

Per contro, la battaglia fra i supermercati ha già registrato negli ultimi anni dei prezzi il passaggio dalla sfera dei prezzi a quella della delivery e apre di conseguenza nuovi scenari competitivi.Cosa dovremo aspettarci quindi per il 2022 e per gli anni a venire? Secondo Manhattan Associates l'inevitabile consolidamento è già iniziato e con esso un crescente numero di partnership fra gli operatori del delivery ultraveloce e le catene o i negozi di generi alimentari. Ed entro l'anno potremmo quindi assistere all'acquisizione di un operatore da parte di uno dei principali supermercati. In generale, concludono gli esperti, il quick commerce dovrebbe rimanere un segmento di nicchia all'interno dell'intero business del food online.

Tutto dipenderà, come sempre, dalla reazione degli utenti: se il consumatore medio continuerà a usare questi servizi perché li trova convenienti anche dopo la pandemia, saranno un successo; se invece tornerà alle sue abitudini precedenti, la curva di crescita rallenterà bruscamente e aumenterà altrettanto velocemente il rischio che tali servizi non saranno più redditizi.

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