Deontologia, un giudizio pendente ogni dieci avvocati
A fine 2021 i procedimenti arretrati in primo grado per violazioni disciplinari erano 23.396 Tra le contestazioni più frequenti quelle su informazioni ai clienti e mandato. Focus sui social
di Francesco Nariello
I punti chiave
3' di lettura
Violazione dell’obbligo di informazione, inadempimento del mandato, utilizzo di espressioni offensive. Ma anche svolgimento di attività senza titolo, conflitti di interessi, mancata restituzione di documenti. Sono alcune delle infrazioni più comuni per cui gli avvocati vengono sanzionati dal punto di vista disciplinare.
Con una quota crescente di violazioni che si realizza anche attraverso l’utilizzo dei social media, terreno su cui appare sempre più urgente varare specifiche norme deontologiche. Aumenta, intanto, il peso dell’arretrato – c’è un giudizio disciplinare pendente per circa un avvocato su dieci –, mentre lo scorso anno si è registrato un balzo degli accoglimenti dei ricorsi in appello connesso soprattutto al sopraggiungere della prescrizione dell’azione disciplinare.
Il bilancio
Secondo i dati raccolti dal Consiglio nazionale forense sullo svolgimento delle funzioni giurisdizionali – come giudice di appello avverso i provvedimenti dei Consigli distrettuali di disciplina (Cdd) – le sentenze emesse tra 1988 e 2022 hanno superato quota 8mila (8.039); di queste, oltre i due terzi hanno avuto esito negativo (con il 40,8% di rigetti), mentre gli accoglimenti, inclusi quelli parziali, si sono fermati al 29,7% (2.388 sentenze). Un dato, quest’ultimo, che lo scorso anno è balzato quasi al 38% – 106 sentenze sulle 280 totali –, il valore più alto dal 1991 (quando i ricorsi accolti superarono il 40%).
Si è trattato di un picco «significativo», in quanto – spiega Patrizia Corona, vicepresidente Cnf e coordinatrice della Commissione rapporti con i Consigli distrettuali di disciplina e giurisdizionale – «è dipeso in parte rilevante dall’impatto delle dichiarazioni di intervenuta prescrizione per decorso dei sette anni e mezzo che la nuova disciplina, entrata in vigore nel 2013, prevede per gli illeciti disciplinari e di cui lo scorso anno si è registrato il primo vero carico».
Una situazione di criticità che si ricollega anche alla crescita dell’arretrato sul fronte disciplinare: alla fine del 2021 (ultimi dati disponibili) i giudizi pendenti davanti ai Cdd erano 23.386, cresciuti del 5,1% rispetto all’anno precedente a causa della discrepanza tra le 8.419 istanze pervenute e 7.278 decise (dati relativi a 21 Cdd su 26): circa una pendenza ogni dieci avvocati (245mila i legali in Italia nel 2022).
Un aggravio di arretrato che risentirebbe anche dell’ingorgo generatosi dopo la riforma del 2015 con il passaggio della funzione disciplinare di primo grado dai 145 Consigli degli Ordini ai 26 consigli distrettuali.
Per quanto riguarda la tipologia di violazioni, basandosi sulle rilevazioni riguardanti gli illeciti contestati in udienze disciplinari davanti al Cnf nell’anno 2021, in testa ci sono i casi correlati alla “contestazione di reati” a carico di avvocati: sono state 42 le decisioni in questo ambito che include, ad esempio, sanzioni disciplinari comminate a professionisti coinvolti in inchieste relative ad attività extra-professionali, dalla pubblica amministrazione alla politica (si pensi a casi di peculato o appropriazione indebita di denaro).
Per quanto riguarda le violazioni disciplinari connesse all’attività professionale, spicca il mancato rispetto del dovere di informazione (21 casi), seguito dall’inadempimento di obbligazioni nei confronti di terzi (16), espressioni sconvenienti o offensive (15), omessa restituzione di documenti al cliente (14). Non mancano, tra l’altro, le ipotesi di svolgimento di attività professionale senza titolo o con titoli inesistenti (8) e il conflitto di interessi (7). Solo quattro, invece, le udienze relative al mancato assolvimento dell’obbligo formativo.
I social
Attenzione particolare, infine, al mondo social, terreno sul quale sempre più spesso si concretizzano le violazioni alla deontologia professionale. «L’utilizzo dei social network da parte degli avvocati deve essere estremamente cauto – afferma Corona – per evitare di compiere violazioni previste dal codice deontologico. Ma anche la mancanza di decoro nella vita privata, qualora possa ripercuotersi sull’immagine professionale, può essere sanzionata». La diffusione del fenomeno, tuttavia, ha posto già da tempo la questione se varare o meno regole specifiche di comportamento: una possibilità che – rivela Corona – «la nuova commissione deontologica del neoinsediato consiglio riprenderà in considerazione».
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