Gli atti delle inchieste di roma, messina e milano

Depistaggi sulle inchieste Eni e toghe corrotte: la rete del «faccendiere» Piero Amara

di Ivan Cimmarusti

4' di lettura

Inchieste giudiziarie manipolate, procedimenti del Consiglio di Stato addomesticati e falsi dossieraggi Eni. Dietro tutto ci sarebbe l’avvocato Piero Amara, il grande manovratore di presunti accordi illeciti. Un sorta di faccendiere in grado di mettere insieme dirigenti, imprenditori, professioni e magistrati, tutti presumibilmente legati da un unico filo corruttivo. Tre diverse inchieste giudiziarie - delle procure di Roma, Milano e Messina - lo indicano come un soggetto in grado di influire illecitamente ai più alti vertici della Pubblica amministrazione.

Una perquisizione a Milano e due ordini d’arresto di Roma e Messina
Ma andiamo con ordine. Piero Amara è destinatario di due diversi ordini d’arresto delle procure di Roma e Messina (arrestati in tutto 15 persone), mentre a Milano è iscritto nel registro degli indagati. I pm capitolini gli contestano di essere ai vertici di una presunta associazione per delinquere che sarebbe riuscita a corrompere l’ex presidente del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio. Nel registro degli indagati di questo procedimento figurano anche l’ex presidente della Giustizia amministrativa siciliana Raffaele De Lipsis, il giudice Nicola Russo e l’ex direttore generale del Consiglio di Stato Antonio Serrao, attualmente procuratore federale aggiunto della Federazione italiana giuoco calcio. A Messina, invece, assieme anche al pubblico ministero di Siracusa Giancarlo Longo, sarebbe riuscito a ottenere informazioni sull’andamento delle indagini a suo carico, contrastandole attraverso denunce false e altri atti illeciti. A Milano, infine, risponde in concorso con Massimo Mantovani, ex responsabile legale di Eni e dirigente della stessa società, per presunti falsi dossier con lo scopo di depistare le indagini su Eni-Nigeria e Eni-Algeria.

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Il falso dossieraggio Eni per depistare le indagini dei pm di Milano
La vicenda unisce gli accertamenti investigativi sia di Messina sia di Milano. Stando alle verifiche dei pm milanese, Amara, l’imprenditore Alessandro Ferraro, il tecnico petrolifero Massimo Gaboardi e Mantovani avrebbero «concordato e posto in essere un vero e proprio depistaggio» per «intralciare lo svolgimento dei processi in corso a Milano contro Eni e i suoi dirigenti» e «per screditare i consiglieri indipendenti di Eni». Il dossier sarebbe finito nelle mani del pm di Siracusa Longo, che secondo i magistrati di Messina «iscriveva e si auto-assegnava» il procedimento al fine di «precostituire e introdurre elementi indiziari idonei a sviare le indagini svolte nell’ambito» dei procedimenti Eni-Nigeria ed Eni-Algeria. La società pubblica ha fatto sapere che «confida nella correttezza dell’operato del proprio management nell’ambito della vicenda e avvierà come in ogni altra circostanza analoga le opportune verifiche interne. Eni, non indagata, auspica che si faccia quanto prima chiarezza sui fatti oggetto di indagine».

L’intervento del Copasir sulla falsa inchiesta
Il 14 agosto 2015 alla Procura di Siracusa giunge la denuncia di Alessandro Ferraro. Tra le altre accuse - alcune farneticanti - parlava dell’esistenza di «una organizzazione criminale la cui mente era un tale, chiamato Gabriele Volpi, finalizzata a destabilizzare il management di alcuni gruppi imprenditoriali italiani, tra i quali l’Eni». Aggiungeva che «l’obiettivo del Vopi era quello di acquistare le quote dell’Eni all’interno di una compagine societaria di diritto nigeriano, avvalendosi dell’appoggio interno di due consiglieri del cda, tali Vergine e Zingales e di ordire un complotto ai danni di Claudio De Scalzi, all’epoca amministratore delegato dell’Eni Spa». Particolari confermati anche da Gaboardi. Tuttavia qualcosa non va per il verso giusto. Longo ne parla in una conversazione con altri soggetti. Afferma che a luglio 2015 alcuni articoli di stampa portano all’intervento del Copasir. Afferma di averne parlato con Paolo Giordano, procuratore capo di Siracusa. «A giugno - racconta Longo ai suoi interlocutori - sento altre persone “guarda Paolo (Giordano, ndr) sto sentendo le persone (in interrogatori, ndr)”. Arriva luglio...comincia gli articoli del Fatto Quotidiano...sparano un po’ di cazzate così....chiama il Copasir». In questa fase, dice Longo, il procuratore Giordano sarebbe andato «un po’ in panico» così avrebbe assegnato il fascicolo a un altro pm, Scavone, il quale lo trasferisce a Milano. Ed è nel capoluogo lombardo che emerge la presunta macchinazione.

Le sentenze Consip del Consiglio di Stato
Parallelamente, gli accertamenti investigativi della Procura di Roma hanno posto l’accento su un altro aspetto legato alle presunte attività illecite dell’avvocato Piero Amara. Il 2 dicembre 2014 una Fiu (segnalazione antiriciclaggio dall’estero) parla di operazioni finanziarie poco chiare su un conto corrente in Svizzera intestato all’ex presidente del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio. «Sul conto bancario della Investment Eleven ltd - si legge nel documento - è stato accreditato un bonifico di 751mila 271 euro disposto dal conto presso Credit Susse di Zurigo, con causale riferita a un finanziamento socio intestato a Riccardo Virgilio». Nell’atto, inoltre, si legge che lo stesso giudice è «stato segnalato insieme alla compagna Mariella Santoro, funzionario presso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana per alcune operazioni di versamento in contanti sul conto della Santoro». Secondo i pm questa operazione celerebbe una presunta corruzione, in quanto dietro la Investment Eleven ci sarebbe proprio Amara. Nel mirino sono finite 19 provvedimenti in parte relativi a contenziosi su appalti Consip (valore complessivo 388 milioni di euro), intentati da Ezio Bigotti, amministratore della Sti (già coinvolta nel procedimento sulla manipolazione della maxi commessa Consip Fm4 da 2,7 miliardi di euro). Al riguardo è stato l’ad della Siram, Van Heems, a chiarire alcuni aspetti: «riferiva - si legge nei documenti - su anomale situazioni legate alla definizione di processi amministrativi avanti al Consiglio di Stato, nei quali Siram risultava soccomente rispetto alla Sti difesa dallo studio legale Amara-Calafiore di Siracusa». Stando alle indagini Virgilio, in cambio, avrebbe avuto anche la «garanzia fornita attraverso fideiussioni personali, in ordine all’investimento di detta somma in una nuova tecnologia, denominata N-Touch» da svolgere assieme all’imprenditore Andrea Bacci, intimo amico del segretario del Pd Matteo Renzi. Negli atti, infine, sono registrati presunti contatti anche con l’ex ministro delle Politiche agricole, Saverio Andrea Romano.

Il funzionario del ministero dell’Economia e l’agente dei servizi segreti
Le perquisizioni hanno riguardato anche il funzionario del Mef Emanuele Ricciardelli, il quale avrebbe avvisato Ezio Bigotti delle indagini sul caso Consip. Il funzionario, addirittura, si rivolge anche alla Procura della Repubblica di Roma per ottenere informazioni sulla «iscrizione a carico di Bigotti al registro degli indagati».

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