Depot Boijmans Van Beuningen: non chiamatelo museo
L'innovativo modello di fruizione dei depositi si sposa con un business model sostenibile. I programmi educativi si rivolgono ai giovani e hanno l'obiettivo di formare i restauratori e gli esperti in sicurezza del futuro
di Giuseppe Cosenza
I punti chiave
5' di lettura
Sul muro della galleria espositiva situata al terzo piano dell'edificio progettato dallo studio di architettura MVRDV campeggia una scritta molto chiara “Il Depot non è un museo. Le opere d’arte vengono posizionate su pallet o su scaffali, appese a cremagliere o conservate in scatole o casse. Ogni opera attende il suo turno per essere esposta, a Rotterdam o in altre parti del mondo. Alcune opere sono sempre in mostra, altre raramente e altre mai”. Il concetto è ribadito nella successiva galleria situata al quarto piano ed è stato sottolineato da Sjarel Ex, il direttore del Depot, nell'intervista esclusiva concessa ad Arteconomy24, la prima a un giornale italiano.
Il modello olandese
Ci siamo recati di persona a Rotterdam per toccare con mano questo modello innovativo di fruizione del patrimonio artistico che fino a questo momento non ha eguali nel mondo. L'edificio si presenta come una grande ciotola, stretta alla base e larga sul tetto, ricoperta di specchi riflettenti il sole mattutino di Rotterdam. Al mutare delle condizioni climatiche, sole, nuvole, pioggia, l'edificio cambia colore e la sua percezione nello spazio si trasforma. La struttura è alta 39,5 metri, la superficie totale degli ambienti è di 15.541 metri quadrati e una delle caratteristiche più sorprendenti è la facciata riflettente, composta da 1.664 pannelli a specchio. Questi pannelli sono stati adottati da molti abitanti e istituzioni culturali di Rotterdam che hanno donato 1.000 euro ciascuno come gesto di sostegno al Depot. L'edificio è di 6 piani, custodisce oltre 151mila opere d'arte, ed ha richiesto un investimento totale di 94 milioni di euro, per un costo di 6mila euro al metro quadro.
La visita
La visita inizia alle 11 di mattina, si entra solo su prenotazione, e dopo una breve attesa si viene accolti dal personale di ricezione al piano terra che invita a lasciare giacche e borse di grandi dimensioni negli appositi armadietti. Nello stesso piano troviamo l'angolo bookshop e il desk per la visita guidata ai magazzini. La divisione delle opere nei depositi dislocati sui piani è, principalmente, per tipologia di materiale, dunque, non segue un percorso museale per periodi di tempo o per tematismi. La ricchezza e la varietà delle opere è vasta ed è difficile nominare tutti i grandi artisti custoditi. Per dare un'idea si passa da Rubens, a Tiepolo, Basquiat, Sottsass, O. Gehry, Dalì, Judd e così via. Lasciati i propri effetti personali, si può circolare liberamente negli avveniristici ambienti del “non museo” e perdersi tra gli arredi di design, le sculture lignee al primo piano, tra le ceramiche, i dipinti, le fotografie e i film digitalizzati al secondo piano, tra le incisioni, le opere in plastica, le sculture al terzo piano, tra le maioliche, i prototipi della moda al quarto piano, tra le fotografie e le opere di arte moderna al quinto piano. Al sesto piano si trova una terrazza con vista su tutta la città e un ristorante arredato alla moda dove fare una piacevole sosta.
Alcune opere sono esposte in vetrine lungo tutto l'asse verticale interno dell'edificio e si possono ammirare grazie ad ascensori in vetro che restituiscono una visione di notevole impatto, mentre la maggior parte degli oggetti sono custoditi in ambienti sicuri, stipati in scaffali o espositori, con un clima controllato in base alla tipologia di materiale conservato, come legno, carta, film ecc. La visita libera al Depot è arricchita da un'app che tramite QR Code posto vicino alle vetrine, mostra contenuti testuali, audio e video di approfondimento delle opere custodite. Terminata la visita libera abbiamo provato la visita guidata ai depositi e ai laboratori di restauro, inclusa nel prezzo del biglietto. La visita dura 40 minuti circa e si ha la possibilità di osservare i restauratori mentre lavorano e di entrare in uno dei depositi dopo aver indossato una speciale giacca protettiva messa a disposizione dal Depot. Ci è toccato un magazzino di arte contemporanea, dove le opere sono posizionate in particolari espositori di metallo a scorrimento manuale con binari nella parte superiore e inferiore. La guida ci parla del progetto dell'edificio, delle opere che stiamo ammirando e dei suoi autori, e dopo aver concluso la sua spiegazione rimette a posto l'espositore lentamente con una certa accortezza. Del resto, l'attenzione è d'obbligo poiché abbiamo ammirato una monumentale opera di Kiefer e una spettacolare associazione tra un Basquiat un Pistoletto.
Il Depot di Rotterdam non è solo un modello innovativo di protezione e comunicazione del patrimonio culturale. L'obiettivo è più ampio, difatti si propone come un nuovo modello di business e un esempio di inclusione sociale. Di questi argomenti ne abbiamo parlato con il direttore Sjarel Ex.
L'intervista
È la sua prima intervista a un giornale italiano?
Sì è la prima intervista.
Come nasce l'idea di Depot?
Quando, nel 2004, sono diventato direttore del museo Museum Boijmans Van Beuningen ho trovato la situazione dei depositi in cattivo stato. I locali erano umidi e non in sicurezza e la situazione era aggravata dal fatto che Rotterdam è una città sotto il livello del mare e nelle stagioni piovose e umide la collezione era in pericolo. La collezione cresceva e i nostri magazzini erano insufficienti; avevamo locali sparsi in tutta città. Dopo l'ennesima situazione di emergenza, quando mi chiamarono nel cuore della notte per comunicarmi che i depositi erano invasi dall'acqua, abbiamo cominciato a pensare a una soluzione a questo problema che si ripeteva ogni anno. Quindi il Depot è una soluzione a una criticità e allo stesso tempo un'opportunità. Inoltre, ho imparato nel mio lavoro precedente come fosse bello stare in un deposito, dove il visitatore è al suo livello, senza la mediazione di un curatore o di una mostra.
Pensa che il Depot possa essere un sostituto di un museo?
Non è un museo. Il Depot è un magazzino dove teniamo le opere e mostriamo al pubblico il nostro lavoro.
Qual è il business model? Il Depot è privato o pubblico?
Il nostro modello di business è interessante. Prima di costruire l'edificio abbiamo negoziato con la municipalità di Rotterdam, volevamo localizzarci in centro ma i costi erano troppo alti. La differenza di investimento tra periferia e centro era di 15 milioni di euro. Abbiamo, quindi, trovato un patron che ci ha donato quella somma e quindi abbiamo scelto di stabilirci in centro dove per i visitatori è più facile arrivare. Abbiamo cominciato, quindi, a pensare a una fondazione dove musei, collezionisti e la città potevano essere coinvolti (n.d.r. Museum Boijmans Van Beuningen, De Verre Bergen Foundation, Municipalità di Rotterdam). Dopo aver costituito questo veicolo abbiamo chiesto un mutuo alla banca per 52 milioni di euro della durata di 40 anni, mentre 42 milioni di euro sono stati donati dai privati. Di questa somma 27 milioni di euro sono stati donati dai patrons e 15 milioni di euro li abbiamo ottenuti tramite campagne di fundraising. La stima dei costi è di circa 6,5- 7 milioni di euro annui e la nostra stima dei ricavi è pressappoco la stessa cifra. Il nostro fatturato deriva dall'affitto dei depositi ai collezionisti per un periodo di 5 anni o più (spazi attrezzati e sicuri, con clima controllato, catalogo e servizi di spedizione). Poi ci sono i servizi a terzi di spedizione, dogana, restauro e i ricavi da merchandising, biglietteria, ristorante. La municipalità di Rotterdam paga un contributo di 2,5 milioni di euro per anno, poiché l'80% della nostra collezione appartiene ai musei della città. Tutto il nostro fatturato va a coprire i costi e l'eventuale utile è investito in programmi di conservazione e restauro.
Quanti visitatori per anno vi aspettate?
Si entra solo su prenotazione. Ci attendiamo 200.000 visitatori per anno, ma potremmo accoglierne il doppio. Il Depot è un luogo di lavoro (n.d.r. ci lavorano 35 persone) e non vogliamo più visitatori di quelli previsti. I nostri programmi futuri saranno rivolti ai nuovi abitanti di Rotterdam, giovani e appartenenti a diverse culture (africani, turchi, ecc.). A questi ragazzi vogliamo insegnare la professione del restauratore, dell'esperto in sicurezza, dell'object cleaner.
Cosa pensa degli NFT?
Il tema è interessante, ma noi facciamo l'esatto contrario. Noi investiamo in cose reali.
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