Desideri di bellezza ed evasione con il gioioso circo di Chanel e la frivolezza sognante di Armani Privé
«L'Alta Moda è un sogno e tale deve restare, è un modo per nutrire la fantasia e il sentimento», afferma Giorgio Armani. E Virginie Viard da Chanel costruisce i classici per le giovani clienti
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
Per una di quelle strane ma illuminanti convergenze che sovente avvengono nella moda, la couture parigina di questi giorni è attraversata da una vena circense: non solo leoni e bestie esotiche, ma anche domatori e costumi con le losanghe - questi ultimi occhieggiano al carnevale, ma il campo semantico non è poi così distante, stando ad indicare mondi e momenti che derogano dalla norma. Di cosa si tratta: metafora del circus of life o desiderio di evasione e irregolarità? Considerando il momento storico, pur nella consapevolezza che la contemporaneità vive ormai uno stato di crisi permanente, si propende per la seconda spiegazione. Che è infatti molto couture: chi veste alta moda di certo inclina alla fuga dal reale, e ha i mezzi per permettersela.
Il set della sfilata Chanel, progettato dall'artista Xavier Veilhan, fa proprio pensare al circo, con gli spalti disposti a cerchio e i grandi animali surreali che arrivano in passerella, ispirati al bestiario che Coco Chanel aveva in casa. Nella interpretazione di Veilhan le belve sono abitacoli: props da giardino d'infanzia, da cui escono giovani fanciulle in fiore. La prima è vestita da domatore, in bianco: mezza tuba e giacca gallonata. L'esprit circense termina qui. Il segno impresso da Veronique Viard sul mondo Chanel è chiaro: punta poco nella direzione della “moda” o di un look; piuttosto, gioca con i classici, rileggendoli in chiave transgenerazionale. È un approccio comprensibile, che certo non regala frisson alcuno ma che mantiene saldo il posto di Chanel nell'immaginario delle clienti. La collezione è leggera, svelta, tutta orli corti e trasparenze. Non trascina, ma non delude: è una medietà poco autoriale, sempre che in maison con codici così forti importi l'autorialità.
A sorpresa, anche Giorgio Armani tocca territori escapisti e scintillanti. La collezione Armani Privé si intitola Rondò Armaniano ed è veneziana quel tanto che basta: losanghe da Arlecchino, velette e gorgiere, e poi tutto un fremere di ricami rococò, inattesi in queste lande. Dice Armani, consapevole che cotanta frivolezza poco accordarsi all'oscurantismo che avanza: «Questi sono abiti speciali per occasioni speciali e rappresentano la creatività allo stato puro. L'Alta Moda è un sogno e tale deve restare, è un modo per nutrire la fantasia e il sentimento. Con questa collezione non volevo parlare del lato più scontato del carnevale e della festa, ma coglierne l'aspetto più sognante, trasmettendo delle emozioni. Tutto appare misurato e calmo, armaniano appunto, ed è la luce a incantare lo sguardo». Ed è qui che Armani prova la sua maestria: nel non strafare, nel contenere, nell'evitare sbrachi e colpi di teatro. Lo si preferisce certamente quando è più lineare e anche lunare, ma il minuetto regala un istante di gioia.
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