Destinati a innovare per dare un futuro alle nostre comunità
L’Italia è destinata a innovare. Il nostro è un Paese che non dispone di grandi risorse naturali: la sua vera ricchezza sono la cultura e i cervelli
di Alessandro Profumo
2' di lettura
L’Italia è destinata a innovare. Il nostro è un Paese che non dispone di grandi risorse naturali: la sua vera ricchezza sono la cultura e i cervelli. Più che per altre realtà, l’innovazione rappresenta per noi la base di quella che Adam Smith definiva la “Ricchezza delle Nazioni”. Ciò significa stare sulla frontiera più avanzata della digitalizzazione e dell’automazione, ossia le tecnologie della quarta rivoluzione industriale, che stanno trasformando tutte le branche del sapere in un’ottica multidisciplinare, mentre la manifattura si confronta con l’avvento della fabbrica intelligente e l’impiego di nuovi materiali.
Per capacità e tradizione, l’Italia può e deve ambire a un ruolo di peso nella competizione internazionale. La nostra storia – dalle Repubbliche Marinare del Quattrocento al Miracolo Economico del secondo dopoguerra – dimostra che abbiamo tutti gli ingredienti per essere una potenza tecnologica e industriale nello scacchiere della competizione globale.
Perché il Paese possa esprimere tutto il proprio potenziale, è necessario ripensare il nostro approccio all’innovazione. Dobbiamo realizzare un ecosistema aperto, in cui imprese, centri di ricerca e università condividano fino in fondo progetti e programmi. Per far questo, occorrono meccanismi di partnership pubblico-privata in grado di supplire alla storica debolezza del venture capital italiano, così da stimolare gli investimenti necessari a creare centri di competenza competitivi nelle nuove filiere internazionali della tecnologia.
La grande impresa qui gioca un ruolo fondamentale perché è capace di tradurre i propri risultati tecnologici e industriali nel progresso dell’intera società: sapere e occupazione qualificata, sviluppo delle competenze e delle filiere produttive dei territori. Si tratta, direbbe Adriano Olivetti, di offrire una visione di futuro alle nostre comunità.
Leonardo, da parte sua, è una componente essenziale del motore che alimenta il sistema della conoscenza e la spinta industriale del Paese. Perché interconnette il mondo della produzione con l’intera filiera dell’innovazione, dalle università e centri di ricerca alle tante piccole e medie imprese protagoniste dell’eccellenza tecnologica del made in Italy, contribuendo al 13% del valore aggiunto dell’intera industria ad alta intensità tecnologica nazionale.
L’impegno di una azienda, però, non è sufficiente se l’intero Paese non fa sistema. L’Italia deve recuperare una propria visione di nazione industrializzata, attraverso scelte chiare sostenute da investimenti coerenti. Da ciò dipende il futuro della nostra risorsa più importante: le giovani generazioni e le loro competenze, che devono poter crescere in un ambiente che, a partire dalla formazione, premi lo spirito imprenditoriale e l’innovazione tecnologica.
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