Di Maio: incentivi al lavoro stabile. Boccia: via la causale fino a 24 mesi
di Nicola Barone
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«Non penso di creare occupazione con un decreto, il decreto punta a ripristinare diritti» dice Luigi Di Maio. Confronto in tivvù a La7, da una parte il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, dall’altro il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Al centro l’insieme delle controverse norme inserite nel decreto sul lavoro che è ai blocchi di partenza per la sua conversione in legge.
«Inseriremo anche degli incentivi per stabilizzare ulteriormente il contratto a tempo indeterminato» è la conferma che arriva dalle parole di Di Maio tese a difendere l’impostazione di fondo del provvedimento. Ma quel che serve è «togliere la causale fino ai 24 mesi» a giudizio di Boccia per il quale il punto «non è diritti sì o diritti no» ma il fatto «che l'incertezza riguarda tutta l'economia. E l'imprenditore non ha certezza sul futuro».
Stamani ha avuto il via l'iter parlamentare di approvazione del decreto lavoro che soprattutto i Cinque Stelle all’interno della maggioranza vogliono rapido, il più possibile. Dopo la seduta mattutina dell'Aula partiranno domani le audizioni nelle commissioni Lavoro e Finanze della Camera in programma anche nella giornata di mercoledì. Il decreto è al centro di un caso per i numeri contenuti nella relazione tecnica che ha coinvolto anche il presidente dell'Inps Tito Boeri, già avversato in precedenza dalla componente leghista per la posizione non allineata sui migranti e ora anche dal M5S a causa delle stime negative sulle ricadute occupazionali del primo atto del governo giallo-verde. Stime di un calo di 8mila posti di lavoro che allo stesso numero uno degli industriali appaiono non pienamente fondate. «Non entriamo nel merito della previsione che sembra anche a me eccessiva» nota Boccia nel ribadire che del decreto si «condivide il fine non gli strumenti».
Il contrasto alle delocalizzazioni selvagge è un ulteriore obiettivo del decreto dignità. E se il presidente di Confindustria concorda sugli obiettivi ( «siamo italiani») occorrerebbe a suo avviso un approfondimento sul testo per affrontare ed evitare difficoltà interpretative («oggi abbiamo un ministro che rappresenta una parte politica. Aprire un confronto e ascoltare le parti sociali, anche noi: poi il ministro può condividere o meno ma se non ci ascolta non sa nemmeno qual è il pensiero e quali sono quelle aree grigie del decreto delocalizzazione. Poi può dirci non condivido nulla»). Per Boccia va data centralità alla questione industriale («siamo il secondo paese manifatturiero d’Italia») garantendo sicurezza del futuro alle imprese. «Il ministro ha centrato il punto, il lavoro è la grande questione del Paese», insiste il presidente di Confindustria. La situazione di impasse in cui continua a trovarsi Ilva richiama invece la mancata riduzione dei divari italiani. Considerare la crescita del Pil come «precondizione per risolvere» quei differenziali rappresenterebbe un cambio di passo essenziale secondo il vertice delle imprese. Nessuna intesa nel confronto tra i due sulla ratifica dell’accordo Ceta per il libero scambio con il Canada a cui il governo intende opporsi, almeno nella forma che il testo ha ora. «Come pensate di far aumentare l'occupazione frenando le esportazioni?» domanda Boccia sulla base delle evidenze per le quali il “saldo” tra import ed export è di tre punti percentuali.
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