Dieci icone, dieci storie: i pezzi di alta gioielleria che hanno fatto la storia
Si può narrare lo stesso racconto in mille e più modi diversi? Fin dalle origini, fra diamanti, ori e pietre colorate, innovare vuol dire soprattutto reinterpretare, fra tradizione e futuro.
di Alba Cappellieri
6' di lettura
Più di tutto mi ricordo il futuro», scriveva Salvador Dalí, inneggiando alla sua ossessione surrealista per il tempo più sfuggente e insondabile e, forse, o proprio per questo, quello più ambito. Che cosa ci riserva il futuro è difficile dirlo, quello che è certo, però, è che il gioiello è sempre stato resistente al cambiamento e storicamente poco interessato al futuro. Tra gli oggetti che adornano la nostra vita è, infatti, tra i più immobili e meno evolutivi: le tecniche e i materiali sono gli stessi dell'antichità e i suoi significati non cambiano nel tempo. È amuleto e investimento, ornamento e simbolo, accessorio e opera d'arte, in un intreccio multidisciplinare e valoriale. La sua ambizione non è inseguire l'effimero delle mode, ma conquistare l'eternità con l'unicità di gemme e materiali preziosi, la bellezza di creazioni che, passando di generazione in generazione, mescolano il valore materiale con quello sentimentale. Ma i mercati impongono di guardare al futuro sotto forma di innovazione per la competitività delle aziende, e nessuno può esimersi dal confronto con il tempo. Nel settore orafo il periodo più vivace, da questo punto di vista, è stato il “secolo breve”, grazie alle contaminazioni con mondi trasversali che hanno traghettato materiali, tecnologie, ispirazioni e funzioni tradizionalmente lontani. Per il gioiello vale il principio di Joseph Schumpeter: vi può essere innovazione anche senza invenzione, ovvero senza l'introduzione di elementi di novità, ma, piuttosto, innovazione come valorizzazione e reinterpretazione dell'esistente. Come sosteneva Gustav Mahler, «la tradizione è tenere vivo il fuoco, non adorare le ceneri» e l'innovazione della tradizione è praticata soprattutto dalle maison di alta gioielleria, che si aprono al futuro a partire dall'eredità culturale di storie secolari, ispirandosi alle creazioni di archivi e atelier, in uno scambio osmotico tra ieri e domani. Si comincia dalla Zip di Van Cleef & Arpels , il collier iconico della maison parigina, progettato dalla leggendaria Renée Puissant, figlia dei fondatori Estelle Arpels e Alfred Van Cleef e direttore creativo della maison. Dopo un confronto creativo con la duchessa di Windsor a partire dal 1937, la Zip venne realizzata nel 1950 e rappresenta uno dei gioielli più significativi e dirompenti della storia del Novecento, perché ha saputo interpretare un oggetto di uso quotidiano rendendolo un capolavoro di trasformabilità. Come una vera e propria cerniera lampo, la Zip ha un cursore a forma di nappa d'oro che permette di aprirla o chiuderla, convertendola così in bracciale. Dalla prima creazione del 1950 la maison, cui si deve l'altra memorabile innovazione del Mystery Set, ne ha realizzate numerose varianti di colore e di finiture, fino alle versioni più recenti che fanno evolvere il capolavoro iniziale con nuove combinazioni cromatiche e materiche.
La seconda icona si deve a Cartier : l'immortalità dell'eleganza della Pantera, animale la cui sinuosità era celebrata dalle geometrie dell'imagerie Déco e che venne così trasferita dalla scultura alla gioielleria. Le prime apparizioni del felino risalgono a un orologio del 1914, ma fu con Jeanne Toussaint, art director della maison e protagonista del gioiello del Novecento, che essa divenne un'icona a partire dal 1948, quando il Duca di Windsor commissionò una spilla in diamanti, onice e uno smeraldo di 116,74 carati per Wallis Simpson, dove per la prima volta la pantera apparve in forma tridimensionale. Terza icona di innovazione è il Bird on a Rock di Tiffany & Co. , progettato nel 1965 da Jean Schlumberger, collaboratore di Elsa Schiaparelli di cui tradusse l'irruenza surrealista in forma di ornamenti, e direttore creativo di Tiffany & Co. dal 1956. Il Bird on a Rock è un gioiello dalla creatività dirompente e dalla manifattura unica, che ha il sapore dei viaggi esotici e lo stupore della scoperta di terre, colori e forme singolari. Un uccello prezioso che ha volato tra famiglie celebri, uomini affascinanti e donne bellissime, iconico nelle sue forme: una cresta prominente e una coda vanitosa. Una specie immaginaria e mutevole se si pensa che, dalla sua creazione a oggi, la spilla è stata realizzata in più di 100 varianti con una combinazione di colori e gemme sempre diverse, dal topazio al citrino, dalla kunzite al berillo, dalla tormalina alle pepite d'oro, includendo anche, nel 1995, il celebre Tiffany Diamond, il diamante giallo da 128,54 carati. Nel bestiario prezioso non potevano mancare i Serpenti, icona del savoir-faire di Bulgari dagli anni Quaranta a oggi. Anche in questo caso gli esordi sono legati all'orologeria, con la prima collezione di orologi Serpenti dalla caratteristica lavorazione in tubogas, che rappresentava da un lato la modernità e il progresso dell'estetica futurista, dall'altro la corrispondenza formale con la flessuosità del serpente. L'alta manifattura si evince dalla morbidezza delle squame, che, a partire dagli anni Sessanta, assunsero i colori vivaci degli smalti policromi. Con la maison milanese Buccellati si innovano le migliori tradizioni orafe italiane, come le superfici incise e traforate secondo le originali lavorazioni a “tulle”, a “pizzo” e a “ramage” oppure incise nei decori “telato”, “rigato”, “segrinato”, “modellato” e “ornato”. Ne è un esempio la collezione Macri, che esalta la tecnica dell'incisione a mano attraverso l'effetto rigato, dove la lamina d'oro è mossa e impreziosita dai brillanti incastonati in piccoli rosoni a stella. Sesta tappa di questo viaggio tra le innovazioni orafe è Pomellato . Nei Fab Sixties, in una società scossa da rivoluzioni di valori, estetiche e comportamenti, Pino Rabolini fonda la maison a Milano nel 1967. Nuovi gioielli per nuove donne, indipendenti e consapevoli. Insieme alle iconiche catene, il Nudo racconta l'amore per il colore e per la sperimentazione di innovative tecniche di taglio delle gemme. I maestri artigiani hanno interpretato il taglio cabochon con 57 sfaccettature irregolari che creano volumi quadrati luminosi e morbidi al tatto. Gioiello sfrontato e anticonformista, nato nel 2001 come reinterpretazione dell'anello da fidanzamento, si evolve in una collezione animata da 35 varianti cromatiche e 150 modelli. Si resta a Milano anche con le sperimentazioni sofisticate di Vhernier nei territori dell'arte. Il patron Carlo Traglio s'ispira ai grandi scultori del Novecento, da Constantin Brâncuși a Max Bill, a Barbara Hepworth, e i gioielli Vhernier si distinguono per i volumi morbidi e sinuosi, le linee pulite ed eleganti, l'indossabilità e la manifattura perfetta. Abbraccio ne rappresenta bene l'identità con i suoi anelli scultura in oro, dai volumi generosi, sensuali nella loro tattilità, puri ed essenziali, riflesso di quell'eleganza milanese capace di giocare con gli opposti. La contaminazione con l'arte, il design e l'architettura ha portato innovazioni tecniche e formali del tutto inedite e soprattutto nuove visioni. La collezione Lamellae di Zaha Hadid per il maestro dell'argento danese Georg Jensen , è stata l'ultimo progetto della geniale designer: presentata nel maggio 2016, pochi mesi dopo la sua prematura scomparsa, e ispirata all'architettura dell'edificio Wangjing a Pechino. Una collezione coraggiosa e dinamica, con otto gioielli in argento, rodio nero e oro con diamanti, che utilizza le stesse tecnologie 3D che Hadid ha applicato all'architettura, in un audace scambio di ambiti e competenze. Riformare la tradizione significa anche combinare la preziosità dei materiali storici con quelli innovativi, e se i brand che ibridano in tal senso sono numerosi, a Jar, acronimo di Joel Arthur Rosenthal, va riconosciuto il merito di aver trasformato la sperimentazione in arte, integrando le più belle gemme della natura con l'alchimia dei metalli, a cominciare dal titanio, le cui infinite colorazioni anodiche superano in bellezza i colori dell'arcobaleno. Dall'atelier in Place Vendôme aperto nel 1977, escono gioielli con pavé puntiformi che creano una superficie di colore omogenea e ininterrotta. Forti tonalità, forme tridimensionali, tra i pezzi più desiderati dai collezionisti ci sono la spilla e gli orecchini Geranium del 2007 in diamanti e alluminio, un capolavoro di naturalismo e ricerca. L'innovazione non è un'ambizione e un traguardo soltanto delle grandi maison internazionali. Combinare materiali nuovi e tradizionali in forme contemporanee è l'obiettivo del gioielliere romano Angeletti , attivo dal 1940. La più recente creazione è il bracciale Wave del 2023, dove la leggerezza del carbonio e la luminosità dei diamanti crea un chiaroscuro sofisticato, mentre la morbidezza è il frutto di una manifattura preziosa, prova che si può innovare anche in una dimensione artigianale. Dieci gioielli diversi nei materiali, nei concetti, nelle forme, ma con il denominatore comune della creatività e qualità che generano nuove visioni nel solco della tradizione. Come affermava Gio Ponti, «eternità è futuro. Chi si dedica al futuro, crea l'eternità».
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