cassazione

Diffama la toga il giornalista che ha come fonte l’avvocato di parte

Non è una giustificazione ammettere la propria ignoranza dei tecnicismi giuridici e dunque la difficoltà a leggere un provvedimento: il consiglio dei giudici è di non commentarlo

di Patrizia Maciocchi

(Giuseppe Aresu / AGF)

1' di lettura

Rischia la condanna per diffamazione il giornalista che accusa il giudice di aver fatto un provvedimento debordante, persino rispetto alla richiesta del Pm. Peccato che la sua fonte sia l’avvocato di parte. Nel mirino del redattore era finita un toga che, secondo la sua interpretazione, avrebbe fatto un sequestro allargato e non limitato alla documentazione contabile dell’indagato e della moglie, come indicato dal Pm. L’articolo incriminato, pubblicato su un sito web, poi prendeva di mira alcuni magistrati del tribunale di Catania, appartenenti alla procura e all’ufficio del Giudice per le indagini preliminari, la cui attività sarebbe stata, secondo la tesi sostenuta dall’articolista, a tutela dei poteri forti che lucravano nel caos amministativo, approfittando, determinandola, della miseria morale della politica, che si giovava di un’impunità allargata.

L’ignoranza non giustifica - Inutile per lui, pubblicare una nota chiarificatrice del Csm oltre all’articolo non solo emendato dalle accuse, ma anche corredato di rassicurazioni sulla correttezza del giudice preso di mira, sul cui operato cristallino non c’erano dubbi. Poi era arrivata la pezza peggiore del buco. Il redattore aveva spiegato che si era basato sulle “prove” fornite dal difensore dell’imputato, non essendo lui in grado di capire autonomamente gli aspetti tecnici e processuali della questione. Per questo chiedeva l’applicazione dell’esimente del diritto di cronaca, almeno nella forma putativa. La Cassazione gli dà invece un consiglio estensibile. Quando non si è in grado di leggere provvedimenti tecnici, è necessario astenersi dal commentarli. Questo si chiede precisano i giudici ai giornalisti sprovvisti di conoscenze sulle materie trattate. Ma vale per la prossima volta: per questa la condanna è confermata.

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