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Diffamazione, niente più carcere: punibilità decade se viene pubblicata la smentita

Presentata la proposta di legge, prima firma Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali: niente più carcere ma solo sanzioni economiche

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2' di lettura

Parte dal Senato la legge che potrebbe rivoluzionare il reato di diffamazione. La proposta è stata presentata da Fratelli d’Italia a palazzo Madama e vede come cardine del provvedimento la non punibilità dell’autore della presunta diffamazione se viene pubblicata una smentita. Inoltre niente più carcere ma solo sanzioni economiche. La prima firma della pdl è di Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali

Presi in considerazione tutti i media

Oltre alla carta stampata (libri compresi) vengono prese in considerazione radio e tv, Internet e pubblicazioni on line. Chi scrive non rischierà più il carcere, ma viene assicurata «una celere tutela» delle persone che si ritengono offese da qualsiasi «mezzo di diffusione», fermo restando «il diritto di cronaca e il segreto professionale dei giornalisti sulla fonte delle notizie». L’obiettivo è di approvare una legge ad ampio raggio che comprenda tutte le sfaccettature del reato di diffamazione. Una legge che non riguarda solo i giornalisti, ma anche politici, professionisti, e chiunque può incappare nel reato di diffamazione.

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Non punibile l’autore in caso di smentita

«Abbiamo presentato questo ddl - spiega Balboni - per rimettere mano alla disciplina della diffamazione in particolare alla diffamazione a mezzo stampa. C’è da recepire alcuni orientamenti della giurisprudenza europea e anche di quella della Suprema corte. La parte più rilevante della pdl sta nella previsione della non punibilità dell’autore della presunta diffamazione ogni qual volta viene pubblicata una smentita. Se chi ha pubblicato una notizia diffamatoria della reputazione altrui si rende conto di aver sbagliato è giusto - spiega Balboni - che abbia la possibilità di riparare», se invece, prosegue, «chi sbaglia vuole perseverare nell’errore è giusto che vada a processo». «Si tratta - aggiunge - di uno stimolo che la politica vuole offrire per una informazione sempre più corretta. Una forma di autodisciplina».

Un caso di giustizia riparativa

L’intenzione è di mettere nero su bianco un orientamento che ormai fa parte del nostro ordinamento giuridico, «perché - prosegue Balboni - le regole sono state già ampliate anche in occasione della riforma Cartabia. Oggi, per tutti i reati perseguibili a querela, se l’autore del reato risarcisce il danno, il giudice, se ritiene il risarcimento commisurato al danno, proscioglie e dichiara estinto il reato per avvenuta riparazione del reato. È un caso in cui si può applicare la giustizia riparativa».

Sanzioni in caso di inadempienza (da 5.165 euro a dieci volte tanto)

«Si tratta infatti - continua Baldoni - di un reato di opinione, è giusto che l’autore sia punito, ma solo con una pena pecuniaria che adeguiamo». La proposta prevede nuove procedure su tempi e meccanismi della Rettifica dell’interessato, sulle sanzioni in caso di inadempienza (da 5.165 euro a dieci volte tanto), sulle procedure di conciliazione. Presi in considerazione siti internet e motori di ricerca, e anche i diritti degli eredi a proseguire le vertenze in caso di morte dell’interessato, la condanna del querelante - se ha torto - a pagare una somma da 2.000 a 10.000 euro. Per la diffamazione sarà competente «il giudice del luogo di residenza della persona offesa».

Il testo proposto, ricorda ancora Balboni, non è una novità. «Era uscito - sottolinea - dal comitato ristretto, costituito nella scorsa legislatura nell’ambito della commissione Giustizia, un testo condiviso all’unanimità. Il mio auspicio è che ora venga approvato nel più breve tempo possibile».

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