Quando la Francia andava al casinò
Il Coronavirus minaccia di rendere vani gli sforzi di un settore che ha progressivamente trasformato le sale da gioco in luoghi di aggregazione
di Benedetta Blancato
2' di lettura
Il lavaggio regolare dei gettoni, i guanti in latex per i croupier, le bottiglie di gel idroalcolico su tutti i tavoli e il divieto di baciarsi, abbracciarsi e stringersi la mano. Alle prime avvisaglie dell'epidemia, le sale da gioco francesi avevano subito messo in campo misure sanitarie rigorose; poi si sono dovute arrendere alle disposizioni generali governative, che hanno imposto la chiusura di tutti i «luoghi non essenziali alla sopravvivenza del Paese».
Per i casinò, è una battuta d'arresto che arriva al termine di una lunga serie di rovesci di fortuna. I guai iniziano nel 2006, con la norma che rende obbligatoria la presentazione di un documento di identità all'entrata delle 193 sale sparse in tutta la Francia; continuano l'anno successivo con il divieto di fumare nei luoghi pubblici; culminano nel 2009 con la crisi economica. Gli operatori del settore tremano. Eppure, l'industria del gioco riesce a rialzarsi, il 2019 registra un +3,5 per cento di pubblico rispetto all'anno precedente.
Le sale si sono progressivamente trasformate in luoghi di aggregazione. Oggi, si va al casinò anche per cenare, guardare un film o assistere a un concerto. Il gruppo Barrière, famoso per coniugare gioco d'azzardo e hôtellerie di lusso, eccelle nell'intrattenimento a 360 gradi. Per sedurre i giovani appassionati di gaming, gli stabilimenti si sono arricchiti di proiettori olografici e maxischermi interattivi con contenuti spettacolari, in grado di far vivere esperienze immersive. Il casinò del futuro è più grande, più digitale e anche en plein air, come ha dimostrato la scelta del gruppo Partouche di inaugurarne uno sotto il cielo blu della La Ciotat, vicino a Marsiglia. Il casinò, sviluppato interamente all'aperto, allieterà i giocatori con jacuzzi e animazioni da villaggio vacanze. Stessa scelta per il terzo gruppo francese, Joa, che nel 2016 ha aperto uno stabilimento “per famiglie” nella baia di Tolone: 5mila metri quadrati di vetrate sulle onde del Mediterraneo, con due ristoranti panoramici. Attirare i non giocatori, «offrire un vero momento di intrattenimento: ecco il futuro», aveva dichiarato a Le Parisien Fabrice Paire, presidente di Partouche, prima che un un virus sconosciuto gettasse un'ombra sinistra sull'avvenire.
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