ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa sfilata

Dior porta in Messico la sua indagine sull’alto artigianato. Ed evoca Frida Kahlo

Città del Messico ha ospitato la sfilata della collezione Cruise 2024 della maison del gruppo Lvmh, nuova tappa del percorso di contatto con le tradizioni artigianali di un Paese ogni anno diverso

di Angelo Flaccavento

Dior Cruise 2024

3' di lettura

Al contrario di quel che propina l'ideologia retriva al momento dilagante, la natura umana è naturalmente portata agli scambi, al meticciato, agli incroci, che possono anche palesarsi come prestiti o furti, ma il cui unico risultato, fluidificato sempre dai commerci, è il progresso, culturale e materiale. «Artigianato che connette»: così Maria Grazia Chiuri riassume il senso della collezione Dior resort 2024, presentata sabato a Città del Messico e parte di un programma in divenire, sviluppato proprio attraverso queste che di fatto non sono più pre-collezioni ma prove complesse e articolate, che porta l'estetica della storica maison francese in contatto con le tradizioni artigianali di un paese ogni anno diverso.

Dior, in Messico l'ispirazione è la moda di Frida Kahlo

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Da un punto di vista meramente concettuale, l'incontro tra un gigante del lusso e i piccoli artigiani, sovente del sud o di zone meno fortunate del mondo, puó configurarsi come una azione dal sapore colonialista, ma l'entusiasmo di Chiuri per la manualità nella sue forme più pure, incorrotte, autentiche schiva in modo deciso questo pericolo, senza trascurare il fatto che Dior, come marchio, attiva vere e proficue collaborazioni con i laboratori locali.

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Che poi tutto ciò vada a finire nei guardaroba di donne ricche e privilegiate è un problema che riguarda la moda in generale, non solo la maison parigina per antonomasia: un bug inestirpabile per cui alla fine si apprezzano e commendano le intenzioni dei creativi, lasciando che i manufatti vivano di vita propria e seguano il corso cui sono destinati. Dice a tal proposito Chiuri: «La moda è uno strumento potente di rappresentazione di sé, un modo per determinarsi, ed è proprio questo che mi interessa. Per portare avanti questa ricerca devo usare il territorio di un brand, e questo può apparire contraddittorio, ma una soluzione non c'è».

Fulcro della narrativa che Maria Grazia Chiuri ha messo a punto, con notevole successo, per Dior, è il tema della donna artista, vista come massima espressione di empowerment: una scelta decisa, che in parte compensa l'estetica jolie madame, l'esprit da damina elegante ma nulla affatto empowered, che è codice fondante della maison. In Messico, un racconto del genere non poteva che puntare su Frida Kahlo, ed è proprio a lei che la collezione è dedicata.

Al di là di un approccio forse didascalico, Kahlo è un personaggio che ben si presta ad una simile riflessione, non ultimo per la maniera personale e consapevole con cui usò gli abiti per costruire la propria figura: una stratigrafia nella quale il folk locale, i suit maschili, il gusto del colore e il rigore si mescolavano in alchimie mercuriali. Tutto ciò ritorna, filtrato ma ben riconoscibile e a prova di stupido, sulla passerella, sotto una pioggia fitta che aggiunge magia invece di essere un noioso accidente.

Teatro dello show è l'Antiguo Colegio de San Ildefonso, il luogo in cui la pittrice messicana non solo studió, ma incontrò anche Diego Rivera, il maestro, l'amore della vita. Sotto i portici della corte quadrata si dipana una teoria di gonnelloni e giacchine da mariachi, di abiti dalle tinte vibranti e completi maschili, con un tono a tratti militaresco, o forse solo militante, alleggerito dallo svolazzare di farfalle, come intagli, ricami e persino sulle scarpe, a simbolizzare una continua metamorfosi.

È tutto molto Dior, ma le forme sono più semplici del solito, piú vicine al folk messicano o ad una fantasia parigina dello stesso. Frida Kahlo è lì, trasfigurata in una visione fatta di abiti eseguiti con una perizia unica, donanti, semplicemente belli. Ma è Frida con l'etichetta di un brand, privata delle idiosincrasie, degli spuntoni e degli sbreghi dell'espressione personale. È la contraddizione di cui sopra, che rimane e fa riflettere, nonostante il valore indubbio del prodotto.

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