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Diritti sociali, l’individuazione tocca al Parlamento

Il disegno di legge Calderoli disegna un percorso per le future intese Stato-Regioni preordinate all’autonomia differenziata; vorrebbe riempire spazi lasciati dalla norma di revisione costituzionale, l’articolo 116.3

di Giovanna De Minico

3' di lettura

Il disegno di legge Calderoli disegna un percorso per le future intese Stato-Regioni preordinate all’autonomia differenziata; vorrebbe riempire spazi lasciati dalla norma di revisione costituzionale, l’articolo 116.3. Ma in questa opera di riempimento il disegno rispetta l’architettura costituzionale? Ho già scritto su queste pagine (lo scorso 6 gennaio) che l’articolo 116.3, introdotto con la riforma del Titolo V del 2001, era stato da subito guardato con sospetto per la possibilità che aprisse a letture incoerenti con l’unità della Repubblica e il principio di eguaglianza, consentendo ad alcune Regioni di riconoscere ai propri cittadini diritti maggiori di quelli spettanti ai cittadini di altre. Dubbi che potrebbero oggi dimostrarsi fondati, mentre si aggiungono sospetti di incostituzionalità del disegno Calderoli. Vediamoli insieme.

L’atto subordina per una parte il processo devolutivo alla preventiva definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, o Lep. Apprezzabile l’intenzione, meno la sua attuazione. I Lep sono quel bagaglio minimo di prestazioni sociali che il cittadino porta con sé ovunque vada e per l’art. 117, co.2, lett. m) Cost. spetta al Parlamento, per la sua immediata derivazione popolare, comporre il bagaglio dei diritti sociali, avvalendosi della legge.

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Il ddl Calderoli riprende quanto già previsto per la determinazione dei Lep dai commi 791-801, art.1 della legge di bilancio (197/2022). Trova conferma l’abbandono del percorso costituzionale, lineare nell’imputazione soggettiva al Parlamento e oggettiva alla legge, a favore di un iter a montagne russe, che sale e scende da un soggetto a un altro per poi perfezionarsi nella voce solitaria del Governo. Alla fine, il bizantinismo regolatorio lascia ai margini il Parlamento e confluisce in un dpcm, cioè in un atto di alta amministrazione, che diversamente dalla legge rimarrà immune anche dal sindacato della Corte.

Questo vizio di costituzionalità relativo alla fonte non è però l’unico a compromettere l’uguaglianza dei cittadini nei diritti.

L’altro riguarda il percorso che dovrà fare il Governo con la sua cabina di regia. A questa il comma 793 lett. c) della legge di bilancio assegna il compito di individuare le materie o gli ambiti di materie riferibili ai Lep. In tale operazione il governo non dovrà rimanere legato solo ai settori – sanità, trasporti, assistenza e istruzione – già selezionati con ingiustificata avarizia dalla L. 42/2009. L’evolversi della tecnica ha sollecitato nuovi bisogni nell’individuo, estranei ai quattro settori, ma necessari a completare la sua identità costituzionale. A questi bisogni corrispondono nuovi diritti sociali. Pensiamo al diritto alla connessione veloce a Internet: è ancora escluso dal novero dei diritti sociali, anche se ci ha permesso di partecipare a frammenti di vita collettiva, altrimenti preclusi a causa del Covid?

Se, invece, il Governo rimarrà fedele all’impostazione della L. 42, finirà per negare ai cittadini nuovi diritti sociali, minimali nel contenuto di Lep, violando il dovere costituzionale di riconoscerli.

È la stessa Costituzione che guida il Governo nella individuazione dei terreni intrecciati con i Lep. L’art. 117 Cost., co. 2, lett. m., ha la sua premessa nell’art. 2 Cost., questo radicamento nella dignità dell’individuo dà forza alla riserva di legge dell’art. 117 nel senso che la mano del regolatore non potrà spostare arbitrariamente l’asticella dei diritti sociali in alto o in basso come più gli aggrada, dovendosi fermare sul gradino indicato dagli effettivi e mutevoli bisogni dell’individuo, se suggeriti dall’evoluzione tecnica.

Il modello Calderoli – come disegnato nel ddl di attuazione dell’art. 116.3 e anticipato nei commi 791 e seguenti della legge di bilancio – altera l’architettura costituzionale sia nel promuovere il governo a dominus del processo devolutivo, esonerando nella sostanza l’Assemblea rappresentativa, sia nel lasciarlo libero di quantificare e individuare i diritti sociali, contrariamente al vincolo posto dalla riserva rinforzata.

Il modello Calderoli, se opportunamente modificato nel corso dei lavori parlamentari, potrebbe essere utile a riportare l’autonomia differenziata e i Lep a una maggiore coerenza con l’architettura costituzionale. Se ciò accadesse, dormiremmo sonni più tranquilli. Ma non del tutto. Perché parlare di autonomia e di livelli essenziali con una clausola di invarianza di spesa porta inevitabilmente a congelare o persino aumentare i divari territoriali premiando taluni cittadini con diritti extra Lep e punendo gli altri con quelli minimali. È questa l’uguaglianza che vogliamo?

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