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Diritto d’autore, la pandemia costa un miliardo. Italia tra i paesi più penalizzati

Il nuovo rapporto Cisac: il lockdown fa crollare gli incassi da eventi live e utilizzazioni. Lo streaming attutisce il colpo solo in parte

di Francesco Prisco

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3' di lettura

Che il 2020, tra coronavirus e lockdown, sia stato l’annus horribilis degli spettacoli è cosa nota. Fa comunque un certo effetto leggere nero su bianco gli effetti delle chiusure sul diritto d’autore: il business a livello globale è calato del 9,9% per un perdita di circa un miliardo. Nel complesso, i creatori di opere musicali, audiovisive, arti visive, teatro e letteratura hanno incassato 9,32 miliardi e l’Italia, per la grande rigidità delle misure adottate a contrasto del virus, risulta tra i più penalizzati al mondo. Lo rivela l’ultima edizione del Global Collections Report di Cisac, la Confederazione internazionale delle collecting del diritto d’autore.

Lo streaming attutisce il colpo

Fortuna vuole che, mentre teatri e palazzetti erano chiusi, il pubblico in casa abbia fatto un grandissimo utilizzo delle piattaforme di streaming audio e video. Le perdite sono insomma state in parte mitigate da un sensibile incremento delle royalties relative al digitale che riflettono una forte attività di rilascio di licenze da parte di molte società di collecting in giro per il mondo. I ricavi da esecuzioni pubbliche e dal vivo sono diminuiti del 45% attestandosi a 1,6 miliardi, con un calo degli incassi per i concerti dal vivo stimato al 55 per cento. Le riscossioni digitali sono in compenso sono aumentate del 16,6%, salendo a 2,4 miliardi. L’emittenza radiotelevisiva, fonte di maggiore incasso per i creatori, è diminuita del 4,3% scendendo a 3,7 miliardi. Gli incassi per l’utilizzo di opere musicali, che rappresentano l’88% del totale, sono diminuite del 10,7% arrivando a 8,19 miliardi, in larga parte per colpa dei locali chiusi.

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La risposta alla pandemia paese per paese

Il Report di Cisac analizza il diverso impatto del Covid-19 per regione e settore, il ruolo vitale dei sostegni governativi a lungo termine e le misure messe in campo per i creatori delle opere da parte delle collecting, le perdite costanti causate dai lockdown e le prospettive di ripresa nel 2022. Le risposte strategiche alla pandemia sono evidenziate nei casi di studio di Brasile, Croazia, Francia, Germania, Corea del Sud, Messico, Senegal, Regno Unito, Stati Uniti e Vietnam. Il Report mostra inoltre come il Covid abbia accelerato il passaggio al digitale nel mix di utilizzazioni che producono royalties per i creatori. Ma la grande maggioranza dei creatori ricava ancora un reddito marginale dal digitale che rappresenta poco più di un quarto degli incassi a livello globale. Per il presidente di Cisac Bjorn Ulvaeus, «oggi i creatori lavorano in un ecosistema iniquo. Se accettiamo che la canzone o l’opera creativa di qualsiasi repertorio è il fondamento delle nostre industrie creative, perché accettiamo allora la quasi invisibilità del creatore nella catena del valore commerciale?»

Italia tra i più penalizzati

L’Italia si conferma sesta forza del diritto d’autore mondiale, con una raccolta da 417 milioni che vale una quota del 4,5% del mercato globale. Da noi il calo è stato però del 31,2%, tra le performance più severe in Europa. Colpa del calo nella musica (-35,1%) e nelle rappresentazioni drammatiche (-31,2%), segmento in cui il Bel Paese è leader al mondo. Per Gaetano Blandini, direttore generale di Siae, qui da noi «è necessaria una visione sistemica e un’idea di sviluppo condivisa per attivare una vera ripartenza con un’attenzione particolare ai lavoratori creativi e alle loro specifiche esigenze riconoscendo, misurando e sostenendo lo sforzo imprenditoriale in questo settore così importante per l’Italia».

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