Diritto alla riproduzione dell’arte: necessario tavolo con la Siae
Alle gallerie è chiesto il pagamento per l’utilizzazione dell’immagine delle opere degli artisti rappresentati. La rivoluzione digitale rappresenta un costo molto elevato per gli operatori
di Marilena Pirrelli
I punti chiave
3' di lettura
Se sul diritto di seguito il tavolo tra galleristi e Siae è giunto, dopo molto tempo, ad un’intesa, l’ultimo mancato confronto, invece, è sull’utilizzazione del diritto alla riproduzione delle opere degli artisti rappresentati dalle gallerie. Molte hanno ricevuto la richiesta dalla Siae del pagamento dei diritti per le immagini delle opere pubblicate online. Nella contingenza economica più difficile dell’ultimo decennio, quando la pandemia ha costretto a chiudere i battenti, rinviato fiere e contingentato mostre e ingressi spostando tutti i contenuti e le relazioni sul web, la Siae batte cassa! Per molti galleristi trasferirsi online ha significato un investimento, l’arte sino a ieri si comprava osservandola dal vivo in galleria. Andare nel mondo digitale è stata l’unica via possibile per sopravvivere, per tutti. Forse, nella messe di aiuti pubblici all’economia, si sarebbero dovuti immaginare finanziamenti agevolati o benefici fiscali per gli operatori dell’arte per i costi di questa migrazione, ma hanno tenuto duro pur di dar voce e visibilità agli artisti italiani, salvando l’attività economica e posti di lavoro.
I costi della transizione sul web
La rivoluzione digitale ha ancora un altro prezzo: diritti (e provvigioni per la Siae) sulle immagini, ai quali forse gli artisti oggi potrebbero anche rinunciare con una liberatoria. Ma un diritto è un diritto. E allora «è bene aprire un tavolo con la Siae» spiega l’avvocato Lorenzo Attolico, partner di Nctm Studio Legale, esperto tecnico a cui l’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea ha dato mandato per aprire un dialogo con l’ente monopolista.
«Prima di definire e pubblicare le tariffe per l’uso delle immagini sul web la Siae avrebbe potuto aprire a un confronto con le associazioni degli operatori, gallerie e case d’asta. Certo non obbligatorio ma forse utile – spiega l’avvocato –. Come tutti i mercati, quello dell’arte è fatto di grandi, medie, piccole o piccolissime realtà poste ora di fronte non solo all’aspetto economico del costo delle immagini, ma anche a quello burocratico e di reportistica». Insomma perché non confrontarsi prima per capire il modo migliore per vivere nella legalità? «È sacrosanto pagare il diritto sulle immagini delle opere ma bisogna essere ragionevoli». Il digitale oggi ha un ruolo importante. «Mi sembra si sia smarrito l’obiettivo, cioè retribuire gli artisti per l’immagine delle loro opere». Cioè? «Retribuire il diritto senza affossare le gallerie, come potrebbe accadere applicando il compenso in tabella» risponde l’esperto. «In altri ambiti del diritto d’autore Siae già applica linee generali, alla musica per esempio un sistema di licenze generali. Senza contare le immagini utilizzate online o in un certo catalogo si può pensare a una licenza generale per le gallerie pattuendo il quantum e facendo il report annuale delle immagini. Un unico documento e un pagamento annuo evitando tutta la burocrazia in eccesso, contabilità compresa, e negoziando a monte un corrispettivo molto ragionevole che possa retribuire il diritto dell’artista e, anche per il bene degli autori, far lavorare la galleria. Immaginiamo licenze diverse tra grandi e piccole gallerie, un solo pagamento forfettario e verifica a consuntivo delle immagini» conclude. Del resto, se invece le gallerie riceveranno la liberatoria dagli artisti alla pubblicazione delle immagini delle loro opere la Siae incasserebbe zero. Ci si auspica l’apertura di un tavolo e la conclusione di una semplificazione.
La ripresa
La ripartenza per le gallerie è comunque dura: Mauro Stefanini, presidente dell’Angamc torna a sollevare i problemi dell’Iva troppo alta in importazione (10%) e ordinaria (22%) per essere competitivi rispetto agli altri paesi dell’Unione europea. Auspica l’istituzione di un artbonus sul modello francese che dia la possibilità di scaricare parte dell’importo dell’acquisto delle opere di giovani artisti residenti fiscalmente in Italia a fronte della fruizione pubblica per un periodo di tempo. E poi c’è il tema della facilitazione nelle mobilità delle opere d’arte: «Sta diventando impossibile esportare per le lunghe attese che troviamo alle sovrintendenze – spiega Stefanini –, il mercato del moderno e dell’antico è praticamente bloccato e il mercato del contemporaneo è soggetto a quella che dovrebbe essere una autocertificazione ma che oramai è diventata, in realtà, un vero e proprio permesso per le opere aventi meno di 50 anni. Per quanto riguarda i beni superiori ai 70 anni abbiamo una disparità di soglie di valore che è ridicola (Italia 13.500, Francia 300.000, Germania 300.000), lasciando ampia agilità agli altri paesi» conclude.
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