Discriminate dai partiti e snobbate dagli elettori
di Paola Profeta
3' di lettura
Le donne faticano a essere rappresentate in politica, non solo in Italia. Secondo il Gender Gap Report del World Economic Forum (2016) la politica è nel mondo la dimensione più critica delle differenze di genere – più della salute e dell’istruzione, più della sfera economica e lavorativa: solo il 23% delle differenze tra uomini e donne nel campo della politica si è chiuso.
Perché le donne non fanno carriera politica? Come in un mercato, anche in politica osserviamo un equilibrio di domanda e offerta: da un lato i partiti che decidono se candidare le donne, dall’altro le donne che decidono se intraprendere la carriera politica. I partiti, nel loro ruolo di “gatekeeper”, ostacolano l’accesso delle donne, privilegiando gli uomini, come accade in tante posizioni lavorative, dove si punta sulla carriera maschile perché – per stereotipo e per cultura – l’uomo è ritenuto più affidabile e più dedito al lavoro della donna, che deve occuparsi anche della famiglia e della casa. Le donne stesse sono poco propense a candidarsi, per mancanza di tempo, o perché il costo richiesto è superiore al beneficio: se pensano di avere poche possibilità di successo, abbandonano fin dall’inizio. Infine, ci sono i pregiudizi dei votanti: secondo i dati della World Value Survey – un’indagine condotta in vari Paesi del mondo - ben il 18% degli elettori italiani è d’accordo con l’affermazione «gli uomini sono migliori politici delle donne», di cui il 70% uomini e il 30% donne.
Questo risultato stride con quanto sappiamo sui benefici di avere sia uomini sia donne in posizioni decisionali, anche in politica. Più donne in politica significa migliore rappresentanza (le donne rappresentano il 50% dell’elettorato), minore corruzione, modelli di riferimento per le giovani generazioni femminili, e anche un’agenda politica più inclusiva, che metta al centro temi tipicamente lasciati ai margini dai politici uomini – come la famiglia, l’ambiente, la cultura – e con un orizzonte temporale più lungo. Tutto questo a vantaggio dell’intera società.
Quali sono le misure efficaci per promuovere la presenza femminile in politica? Si è discusso a lungo delle quote di rappresentanza di genere nelle liste elettorali. Una misura controversa, recentemente riabilitata tra gli studiosi: uno studio condotto con Baltrunaite, Bello e Casarico e pubblicato su Journal of Public Economics nel 2015 ha mostrato che l’introduzione di quote di genere nelle liste elettorali per le elezioni municipali in Italia nel periodo 1993-1995 ha portato non solo a un aumento di donne elette, ma anche a un miglioramento della qualità dei politici eletti - misurata attraverso gli anni di istruzione – grazie all’elezione di donne e uomini più istruiti e l’uscita degli uomini meno istruiti. È la «crisi dell’uomo mediocre» identificata da Besley, Folke, Persson e Rickne in un articolo pubblicato su American Economic Review nel 2017 sul caso svedese.
Un’altra misura sperimentata in Italia e nuova nel panorama globale è la doppia preferenza di genere: dal 2013 nelle elezioni municipali è possibile esprimere due preferenze, a condizione che siano per una candidata donna e un candidato uomo. Un recente studio condotto con Baltrunaite, Casarico e Savio (Let the voters choose women, wp CESifo 5693) mostra che la doppia preferenza di genere ha garantito nelle elezioni locali del 2013, 2014, e 2015 un aumento di 19 punti percentuali nella proporzione di donne elette nei consigli municipali. L’effetto è identificato confrontando i Comuni sopra i 5mila abitanti (per i quali è prevista la doppia preferenza di genere) e quelli sotto questa soglia (per i quali non è prevista). L’aumento delle donne elette è dipeso dall’uso della doppia preferenza di genere, piuttosto che dalle quote di genere. Possiamo pensare che questa misura – pur non avendo la capacità di modificare la scelta di chi dichiara apertamente di non essere disposto a votare per una donna - abbia però dato la possibilità a quegli elettori neutrali o in bilico tra votare un uomo o una donna di esprimere meglio le proprie preferenze, senza temere di sprecare il proprio voto.
Resta da valutare – ed è oggetto di uno studio in corso - quali siano le prospettive di carriera delle donne italiane in politica nei livelli di governo più alto, dove la presenza femminile è in aumento, ma ancora limitata, e quali sistemi elettorali offrano alle donne migliori possibilità di carriera in Parlamento e al Senato. Un tema centrale del dibattito politico attuale.
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