Discriminatorio assumere meno gestanti della media
Il Tribunale di Roma tiene conto delle statistiche Istat sulle nascite. Alle lavoratrici riconosciuto il risarcimento del danno da perdita di chance
di Giuseppe Bulgarini d'Elci
2' di lettura
La gestione del processo di reclutamento di personale che ha completamente escluso le assunzioni di lavoratrici in gravidanza costituisce un comportamento discriminatorio.
Per valutare la ricorrenza della discriminazione soccorrono i dati statistici di una ricerca demografica sul rapporto tra popolazione femminile in età fertile (15-49 anni) e numero delle nascite. Posto che i dati pubblicati dall’Istat restituiscono una fotografia di una nascita nell’anno ogni 30 donne in età fertile, la circostanza che la procedura selettiva, al cui esito erano stati assunti 412 donne e 343 uomini, non abbia comportato l’assunzione di alcuna lavoratrice in gravidanza conferma il comportamento discriminatorio.
Le conclusioni del Tribunale di Roma
Il Tribunale di Roma ha raggiunto queste conclusioni (decreto del 23 marzo 2022) nella controversia promossa da due assistenti di volo, attive sullo scalo di Fiumicino, che avevano presentato domanda di adesione a una neocostituita società del trasporto aereo per poter partecipare alla selezione del personale. Le ricorrenti non sono state chiamate a partecipare alla selezione e hanno dedotto che la mancata assunzione fosse da ricondurre al loro stato di gravidanza. Le ricorrenti hanno dedotto che anche altre candidature sullo scalo di Fiumicino e di Linate erano state escluse per la stessa ragione.
Il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso, osservando che il principio di vicinanza della prova avrebbe dovuto indurre la neocostituita società di trasporto aereo, proprio perché disponeva di ogni informazione sulle procedure di reclutamento, a documentare il nominativo delle lavoratrici in gravidanza assunte con le operazioni di reclutamento. Proprio il fatto che la società non avesse, invece, ritenuto di indicare, tra le 412 assunzioni di donne, i dati sulle lavoratrici in gravidanza confermava che, in realtà, non era stata assunta nessuna gestante.
Onere della prova attenuato per chi denuncia la discriminazione
Nei procedimenti in materia di discriminazione di genere opera un regime di distribuzione dell’onere della prova attenuato a favore della parte che denuncia la discriminazione, a cui è richiesto di presentare elementi di fatto convergenti, in modo preciso e concordante, verso la presunzione di comportamenti discriminatori in ragione del sesso.
In tal caso è la parte convenuta a dover provare che la discriminazione non sussiste, ma questa dimostrazione nel caso esaminato dal giudice del lavoro di Roma non è stata raggiunta. Mentre la difesa ricorrente ha indicato svariati casi di lavoratrici in gravidanza, la cui candidatura non ha dato luogo ad assunzione, la difesa convenuta non ha individuato neppure un’assunzione di lavoratrice gestante.
A questi esiti sul piano probatorio, il Tribunale di Roma aggiunge il dato statistico sul rapporto tra popolazione femminile in età fertile e numero delle nascite. È il passaggio dirimente della decisione, perché se la statistica offre il dato di una nascita ogni 30 donne in età fertile, il processo di reclutamento conclusosi con l’assunzione di 412 donne avrebbe dovuto ricomprendere una quota di 13,7 lavoratrici in gravidanza. Anche volendo ridurre la popolazione femminile fertile della metà, le assunzioni di donne in gravidanza avrebbero dovuto essere almeno 6 o 7.
Su questi dati statistici riposa la condanna della società al risarcimento del danno da perdita di chance alle ricorrenti che il giudice ha quantificato in 15 mensilità, riconoscendone l’espressa valenza dissuasiva.
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